Lo spettatore stralunato 1982

Bruno Barilli
(1880-1952)

Ecco la compagnia burrascosa dei pionieri che viaggiano a valanga verso l’Arizona.
Di là, migliaia di buildings crollano in fiumi di polvere lucente per dar luogo a migliaia di grattacieli  che sorgono altissimi fra la nebbia. Fraternità minacciosa di uomini.
Bufera di destini. Volo dello spazio.
Tutto il mondo, i suoi luoghi, passano e si trasformano senza rallentare dinanzi ai
nostri occhi.
Sono più di quarant’anni che questo gioco di luci dura, s’allarga mostruosamente e assorbe l’attenzione dell’umanità intera correndo da un polo all’altro.
È l’arte elettrizzata, la cinematografia, che raggiunge, conquista e pareggia l’una coll’altra, in un batter d’occhio, le masse, le nazioni, le razze. Arte universale, anonima, che non ha bisogno di Dante Alighieri, né di Michelangelo.
O di Wagner. Quarant’anni di sviluppo e di successo, e i nomi non contano proprio niente; non ne è rimasto finora un artista, un capolavoro, un monumento ad personam.
La cinematografia cresce e s’avvantaggia sulle proprie rovine.
Rinasce continuamente dalle proprie ceneri come l’Araba fenice.
Ecco l’arte del genere americano: in scatole, come tutto il resto.
In scatole fotografiche, naturalmente.

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Il Museo Archeologico di Verucchio

Mai come negli ultimi anni la comunicazione del museo è al centro delle discussioni  sulla museologia italiana. Recentemente a Bologna si è tenuto un convegno proprio dal titolo “Comunicare il Museo. Collezioni, comunità, pubblici” (8 febbraio 2013) dove un’ulteriore volta si è sottolineata l’importanza da parte del museo di raggiungere il maggior numero di visitatori possibili e non solo fisicamente, ma anche virtualmente. La funzione del web a supporto del museo oggi è assolutamente imprescindibile, fondamentali risultano essere i rapporti con i visitatori e l’utilizzo dei social network che permettono costanti discussioni per una costante e attiva partecipazione da parte del pubblico. Interessanti sono stati i casi di studio portati come esempi innovativi e virtuosi della Regione Emilia Romagna.  Uno tra questi il progetto realizzato dal Museo archeologico di Verucchio grazie alla rete  della provincia di Rimini.


Già da tempo fa parte della rete dei musei della Bassa Valmarecchia: REMUS (http://www.metweb.org/download/ReMus.pdf)
Grazie ai finanziamenti stanziati dalla comunità europea per il periodo 2007-2013, il museo è riuscito a creare una nuova piattaforma molto dinamica che raccoglie al suo interno tutta l’offerta della rete museale della provincia di Rimini. Al centro dell’ideazione un’immaginaria linea del tempo,  rappresentata nell’interfaccia virtuale come oggetto parlante, il quale pone al visitatore delle domande, che possono incuriosire attraverso l’immagine degli oggetti conservati nel museo. In questo modo abbiamo un perfetto dialogo con il territorio, il patrimonio che in esso è conservato e  i suoi fruitori. Inoltre molto interessante la proposta di poter adottare un “pezzo” del museo. Questo permette di poter far conoscere meglio il museo e quello che conserva, creando un dialogo con chi ha adottato il manufatto e cercare di coinvolgere le persone a lui vicine e portarle al museo per poter ammirare il “suo pezzo”. Va da sé che in questo modo i visitatori si trovino ad essere parte attiva del museo con il quale instaurano un vero e proprio rapporto di familiarità e una conoscenza attiva e partecipativa del proprio territorio. Il loro progetto di rinnovamento non oscura però la loro attività attuale del museo che si caratterizza per una forte vocazione legata al rapporto con le scuole.

Il museo

Il Museo Archeologico di Verucchio ha sede nell’ex Monastero di S. Agostino,  espone una ricca selezione di corredi funerari rinvenuti nelle necropoli di Verucchio, riferibili alla civiltà villanoviana, attestata tra IX e VII secolo a.C. Un museo importante per valorizzare il ricco patrimonio artistico della zona, fondamentale per la conoscenza dell’Italia centro settentrionale e adriatica nella prima metà del I millennio a.C.
Il Museo fu inaugurato nel 1985 e il nuovo allestimento ha visto fin dal 1995 una realizzazione a tappe successive, conclusa con l’utilizzo di tutti gli spazi dell’edificio conventuale, compresa la restaurata Chiesa di S. Agostino. La scelta di un progetto di “Museo in divenire”, ha così l’ambizione di modificare nel tempo quanto esso propone alla lettura del pubblico, sia attraverso l’aggiornamento degli apparati critici e didattici, sia attraverso il rinnovamento dei materiali esposti, con una possibile rotazione fra depositi e sale di esposizione; un museo che, per come è stato pensato, sarà sempre in evoluzione, o meglio in fase di crescita qualitativa e di rinnovamento. Continua a leggere

Riciclo creativo

Oggi vi mostreremo che anche le lampadine rotte hanno una seconda vita.

E’ molto bella l’idea di trasformarle in piccoli vasi per piccoli bouquet per decorare casa e appenderle in gruppo in un angolo o facendole scendere sotto il pergolato dove si pranza. Servono solamente dei guanti, una pinza per estrarre i conduttori elettrici non funzionanti e del filo in ferro per appenderle.

Si può creare anche una lampada ad olio sistemando la lampadina su un supporto come ad esempio un porta uovo, ma risulta più pericoloso.

Con i bulbi rotti ci si riesce a costruirne un enorme lampadario in modo che fan da paralume alla luce centrale funzionante, nascosta da mille sfere di vetro di tante forme e colori.

Molto bella la forma sferica, dove le vecchie lampadine svelano la fonte di luce appese una per una con fili da pesca: In questo caso l’unica cosa costosa è il tempo impiegato per costruirlo.

http://blog.atcasa.corriere.it/fare-casa/2012/07/30/riciclo-creativo-dar-nuova-vita-alle-lampadine-rotte/

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Antonella Taravella- inediti 2013

   tratto da una silloge in divenire


rinasce bianco così un bambino
nel seno abboccato
e polvere neve perlacea
a raccontare un’ora d’amore
sapida di paglia

nel nervo d’occhi
di uova sgravate – malinconiche
in ninnoli e di voci speziate
spezzate da una mano destra
che i passi
di gambe dondolanti al freddo
fanno abeti rossi fioccando fretta
nei giocattoli diafani

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Un ricercatore instancabile e solitario

“Sono rinato molte volte, dal fondo
di stelle rovinate, ricostruendo il filo
delle eternità che popolai con le mie mani” […]
Pablo Neruda

Opere fotografiche a cura di Roberto Recanatesi
Tema: L’AMORE

Roberto Recanatesi è nato e vive ad Ancona. Laureato in giurisprudenza, fotografa ininterrottamente dal 1987 ed espone dal 1995.
La sua produzione, costantemente apprezzata per la sicurezza espressiva, il rigore visivo, la raffinatezza stilistica, sovente in chiave poetica e nostalgica, abbraccia svariati settori (a partire dall’amata paesaggistica degli inizi) e, da iniziali quanto molto apprezzate predilezioni coloristiche, si è ormai tramutata in un deciso e pregnante bianco/nero, specialmente in merito a figure ambientate di suggestivo e spesso potente spessore.
Ricercatore instancabile e solitario, restio alle disquisizioni tecniche e a tutto quanto possa in qualche modo coinvolgerlo nel consueto “giro” ovvero nei luoghi comuni della fotografia, persegue un personalissimo e tenace ritmo interiore, sulla base di remote e mai sopite emozioni legate soprattutto al suo amore per le arti figurative e lo spettacolo in particolare.
Usa da sempre di una Yashica manuale, con due obiettivi originali da 28 e 50 mm, e di scarsissima attrezzatura aggiuntiva (una Canon per le doppie esposizioni), non ama (almeno per adesso) il mondo digitale e si dichiara un “pigro” e forse un’ ”estraneo” alla fotografia, argomento di cui infatti, almeno per certi lati, non ama troppo discutere. L’essenziale per lui è che gli siano restituiti in immagini lontani sogni e desideri.
La musica, il teatro, il cinema, la pittura, la letteratura sono le componenti decisive e costanti della sua personalità ed, in generale, fotografare per lui significa riunire in una superiore armonia tutto quanto l’ha profondamente coinvolto sin da bambino.
Numerosi gli spazi di prestigio che l’hanno accolto: dalla Mole Vanvitelliana all’Arco Amoroso di Ancona, dagli Antichi Forni di Macerata alla Sala Laurana di Pesaro, al Palazzo dei Priori di Fermo, alla Rocca Paolina di Perugia, alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, alla Sala dei Mercatori di Ascoli Piceno, al Palazzo del Turismo di Riccione, alla Galleria Giovenzana di Milano, ecc.
Sue opere sono in possesso di collezioni pubbliche e private. Hanno scritto di lui Armando Ginesi, Silvia Cuppini, Sergio Anselmi, Giancarlo Galeazzi,  Lucilla Niccolini, ecc.
Ormai decisamente votato all’onirico e al visionario, le sue opere sono state, tra l’altro, molto apprezzate alle ultime due edizioni della prestigiosa Rassegna Salvi di Sassoferrato. 


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Maria risorta 1974

Biblioteca di nostro lunedì -1

Giulio Grimaldi
(1873-1910)

Con le maniche rimboccate sopra i gomiti, impiastricciata di farina intrisa fino ai polsi, Assunta spianava la pasta, e ogni tanto saettava un’occhiataccia di traverso al marito, che in un angolo del focolare se la fumava ad occhi socchiusi, sotto il suo aguzzo berretto di maglia.
Da due ore che ballavano di sopra, non s’era mai mosso di lì, nemmeno per farsi vedere un momento.
Bel modo! Come non si trattasse del figlio e non avesse lo sposalizio a casa sua…
A qualche colpo troppo brusco del matterello la sottile sfoglia giallognola si lacerava qua e là; e nella donna cresceva la stizza per quel silenzio ostinato, per quell’aria di musoneria che pareva attaccarsi a tutto nella cucina più linda del solito, nonostante il lieto frastono che veniva da in alto.
Seduto dall’altra parte del camino anche il vecchio Bastòn fumava e guardava la fiamma, dopo aver tentato inutilmente d’attaccar discorso.
– Allegri, paron Fortunato! Sentite come si divertono? –
Ma padron Fortunato seguitava a fumare, in silenzio: e Bastòn, percossa la pipa contro il palmo della mano per vuotarne la cenere, si mise a trinciarci dentro un mozzicone di sigaro.
Poi, finita la grave operazione, prese con le molle un pezzetto di bracia e, riaccesa la pipa, tornò fisicamente a guardar la fiamma.

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moonwalk

Una camminata da brivido, da togliere il fiato, mentre il sole tramonta e la luna sorge. Lo spettacolo è impressionante, sembra davvero di camminare sulla luna!

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Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre

Musei di San Domenico, Forlì

Forlì con il suo complesso dei Musei di San Domenico, che comprende il Museo Archeologico, la Pinacoteca, e il Museo della Ceramica, ormai da molti anni ci ha abituato a mostre di notevole spessore, accolte in uno spazio suggestivo, ben curato e adatto ad ospitare mostre temporanee. In questo caso chiunque abbia avuto modo di visitare la città di Forlì sa bene che l’impronta del clima del secolo scorso, soprattutto da un punto di vista urbanistico e architettonico  è molto forte e affonda le sue radici proprio nel periodo che intercorre tra le due guerre. Ovviamente non poteva che presentarsi al meglio, in questa città, una mostra molto importante che tocca da vicino in maniere puntuale questo periodo storico,  ancora difficile e controverso, legato al periodo fascista e alla dittatura che in quegli anni imperava sul nostro paese.
La grande esposizione di Forlì in programma dal 2 febbraio al 16 giugno 2013 presso i Musei San Domenico è sicuramente una mostra imponente di un periodo storico non facile da comprendere sotto un’etichetta, inoltre circoscritto in  una fase anche molto lunga, trent’anni che hanno visto molti artisti legarsi in un qualche modo al regime.
Purtuttavia è necessario a volte ripensare certi periodi storici per una critica via via più obbiettiva possibile, perché a volte la memoria va anche educata attraverso dati nuovi e ne può guadagnare solo la storia e noi.
La mostra analizza a partire dal 1916 fino al 1943 un periodo storico definito, che attraverso il fascismo  ha una propria cultura e ha delle proprie committenze artistiche e architettoniche.
Si tratta di un mosaico sicuramente molto ampio che procede in sezioni di carattere tematico e cronologico, per organizzare oltre 500 opere tra pittura, grafica, gioielli, mobili, architetture, etc.
Il più lucido interprete di questo periodo fu il letterato Massimo Bontempelli, (molto vicino al fascismo) che nel 1926 dando vita alla rivista “900” dichiarava: “Il Novecento ci ha messo molto a spuntare. L’Ottocento non poté finire che nel 1914. Il Novecento non comincia che un poco dopo la guerra”.
Il nuovo italiano si rispecchia soprattutto nell’architettura ideologica  come la più importante delle arti perché “comprende tutte le altre”, fortissimo strumento di consenso che fa leva sul razionalismo come nuovo movimento architettonico, e ne fa il proprio baluardo attraverso quell’idea del bisogno di “un ritorno all’ordine” che è alla base delle scelte figurative del periodo. Paradigma architettonici che si rispecchiano soprattutto nei piccoli centri come piazza della Vittoria a Brescia e appunto su Forlì, la città del Duce, che a tutt’oggi lo si lega come damnatio memoria.
E’ un periodo che vede protagonisti  artisti che hanno già fatto parte delle avanguardie: i futuristi da una parte e i metafisici dall’altra. Ma poi sarà Margherita Sarfatti, intellettuale del periodo, che si legherà a Mussolini, una protagonista imprescindibile per la propaganda artistica del regime, che  fornirà quella base culturale, la cui acutezza sarà importantissima nel cogliere negli artisti,coloro che accompagneranno il messaggio storico del ‘900. I regimi dittatoriali europei utilizzeranno a fini propagandistici e di consenso il linguaggio classicista degli artisti e in molti casi la loro stessa complicità. Un ritorno al passato,  il fascino del Quattrocento italiano visto come fonte di ispirazione per gli artisti contemporanei. Giotto, Masaccio, Mantegna, Piero della Francesca attraverso “una solida geometria di oggetti, una nuova classicità di forme”, per Carlo Carrà, mentre De Chirico concludeva il suo scritto programmatico sul ritorno della figura umana esclamando: “Pictor classicus sum”.
Il modello di una ritrovata armonia tra tradizione e modernità, sostenuto da questi artisti -tra cui ebbero un rilievo maggiore Felice Casorati, Achille Funi, Mario Sironi, Carlo Carrà, Adolfo Wildt e Arturo Martini – avrà, il sostegno da parte del regime che era alla ricerca della definizione di un’arte di Stato.
Una visione a tutto tondo del rapporto tra le arti e le espressioni del costume e della vita, confrontando artisti e materiali diversi.  Una mostra da non perdere.

Info
Pinacoteca civica, sezione antica
Piazza Guido da Montefeltro, 12
47121 Forlì FC
Tel. +39 0543 712 606/ 609
Fax +39 0543 712 658/ 618
mail

museisandomenico.forli@comune.forli.fc.it
servizio.pinacoteca.musei@comune.forli.fc.it
Orari
Da sabato 29 settembre la Pinacoteca in San Domenico è aperta al pubblico secondo i seguenti orari:
– dal martedì al venerdì: 9,30-13,00 e 15,00-17,30
sabato e domenica: orario continuato dalle 10.00 alle 18.00
– chiusura: il lunedì e le festività nazionali: 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
Mostra

dal 2 febbraio al 16 giugno :
– dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.00
sabato, domenica e tutti i festivi (compreso il 4 febbraio Patrona di Forlì e il 1° aprile Lunedì dell’Angelo) dalle 9.30 alle 20.00
– chiusura: il lunedì non festivo

 A cura di Francesca Luslini

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