Scritti di un artigiano fuorilegge

Bottega

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La poesia è dovunque ma io l’ho trovata nel ferro. Un posto impensabile.
Ferro vecchio di anni, nascosto sotto la polvere, ruggine, incuria.
Abbandono.
Tra macchie d’inchiostro indelebili che mi perseguitano e mi caratterizzano.
mani, viso.
Sul piccolo grembiule che nasce blu.
Dermatoglifi intrisi di grafite lucente, nuvole di talco che si perdono nell’aria insieme a odori di inchiostri e solventi.
Cinghie di cuoio e canapa che stridono gole di pulegge.

Ingranaggi si attendono, si baciano; il grasso è un rossetto.
Più o meno piccoli blocchi di piombo giacenti. lastre di zinco ossidato.
Pochi metri quadri contengono tutto quanto necessito per comporre parole.
U
na porta sulla strada da dove vedo la gente passare e la gente vede me.Vede la mia corsa col tempo, il mio senso estetico nel fare le cose.

Nel pomeriggio godo del distratto passare del sole. lo aspetto ogni giorno.
e aspettare, non è attendere.
Esco su quella porta, mi appoggio ad un muro eterno, imponente.
Apprezzo il suo sopportare il peso dei secoli sempre con la stessa indolenza.
Necessito di un momento a cui non sia necessario post-porre  alcun complemento di specificazione.
Calore e colore di quel sole scompongono il fumo di una sigaretta che regge le mie dita intorno a lei.
Riccioli nell’aria.

Leggo al ritmo e al suono costante della mia Linotype.
Più che leggere un testo, conto.
R
ighe, battute.
Spazi.
E
 il suo sommo concetto.
Brilla sotto la lampada l’ottone delle matrici imperlate da microframmenti di grafite.
Il compositoio ammortizza, accoglie la loro caduta, e di loro si riempie fino al raggiungimento della giustezza.
Le mie dita, indispensabili all’avvenimento, danno note diverse alla sinfonia di  fondo della distribuzione.
Il crogiolo, fermo, attende.

Le parole son pronte per esser fuse.
Osservo le forme dei caratteri e quando questi si incastrano tra loro con un’eleganza che il caso concede.
Vedo immagini in semplici segni, giudico il testo per l’organizzazione ricevuta, prescindendo da quanto dice.
Le mie mani sporche non sporcano ciò che tocco.
Nel  mio momento del guardare, tutto mi sembra diverso da ciò che è.
E vorrei raccontarlo, ma non sempre, ho parole per dire.
Sono qui a comporre parole; parole di altri.
Poesia.
Le metto in fila, in riga, le fondo.
Le stampo.
Resteranno impresse su un foglio. Leggerai la poesia stampata, ignorando quella del ferro.
Tratto da NewsPlaza.it

2014-05-23 17.46.26

Il tipografo e napoletano autentico che vi abbiamo fatto conoscere su Le Forme dei Giorni è Carmine Cervone, una persona coinvolta con mente e cuore in quello che fa. Le sue parole mettono a nudo la sua stessa anima, folle e razionale nello stesso tempo, anzi, fuori da un tempo. Ciò che accade nella sua officina trasuda dai suoi scritti, credeteci, è vero. La penna di questo poeta non è una biro o una stilografica,
ma una Linotype.

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