Il doganiere d’Austria

 

Francesco Scarabicchi
da Il cancello 1980-1999
Luca Sossella Editore, 2012

 

Il doganiere d’Austria

Al valico di frontiera,
nella divisa verde,
il doganiere d’Austria
venne salutando
–  la mano alla visiera  –
sotto la tanta neve
che, cadendo, sbiadiva,
non rammento,
se il tuo nome o il mio
sul documento.

 

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it

Una lingua di terra

Non sono io a conoscerti, ma il nome
che si posa sulle labbra ferme,
quell’umido mistero di vocali
dette alle rive d’aria, ad una quiete
di riposo e madre, al consonare
del più muto canto, all’odore del giorno,
al fuoco, all’acqua,
a una lingua di terra familiare.

Francesco Scarabicchi,
da L’ora felice, Donzelli, 2010

Che vuoi da quei tuoi occhi, dagli abissi

Che vuoi da quei tuoi occhi, dagli abissi
di vento e verde che non ha confine,
che vuoi da me che tremo da quest’ora
in cui si perde una canzone bianca
e non ho vita per tenerti ancora,
non ho vita ma il semplice saluto
che ti lascia, carezza mia furtiva,
se scompari e mai più per questa notte
posso con te confondermi, mai più.

Francesco Scarabicchi,
da L’ora felice, Donzelli, 2010

Sui gradini del mondo

Un’epigrafe.

Guarda la notte che non si dirada
sui gradini del mondo, tu che siedi
dove più forte è il vento di ogni strada:
questo il presente della storia, il lutto
reso ai dove del niente, la contrada
di passi che si perdono, il delitto
nel silenzio dei nomi quando avara
è la virtù del sogno che condanna
gli uomini al loro nulla, a una memoria
di volti senza voce, a un’ombra bianca;
altro non chiedi, nella luce che tocca
la morte che non vedi e che ti affianca,
se la pietà, nel freddo, non ti parla,
se vivere è soltanto quel che
devi.”

Francesco Scarabicchi,
da Il cancello, peQuod, 2001

La febbre e il chiaro giorno

Tutto il tempo del tempo non è niente,
età che si dissolvono, declini,
luci che vanno dov’è sempre sera,
anime abbandonate dalle cose,
sedili da levante, tende, vele,
libri tradotti in polvere, missive
e tu che non ritorni e non dai avvisi,
non replichi quel verso, non consigli,
non agiti nell’aria il fiore rosso,
non scendi più dai treni, non concili
la febbre e il chiaro giorno,
il destino di un piatto che s’infrange
e il piccolo deserto di una sedia.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

Gli occhiali

 

Ora tutto è compiuto
al muro bianco
di piazzetta Sant’Anna
e basta poco
per condurti alla soglia.

Limpida nella luce,
ascolta ciò che resta:
lo scialle e quegli occhiali
accanto alla specchiera,

 i tuoi che ora non sanno
per quali occhi guardare.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

Un giorno

Oh quanto pesa un giorno
di miserie e lividi,
l’anima che si strama,
le parole cadute
senza amore, l’ombra
che ho salutato
solo con l’abitudine
e questa sera grigia
in cui la vita
si fa così vicina
ed io non ne so niente.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

 

Armeria

 

Parlavi di non so quale amore,
un altro prima di me
ed io seguivo, con gli occhi,
un’armeria ormai chiusa,
anch’essa, come noi, appoggiata
ad una stessa notte,
e dei fucili in fila
nella rastrelliera,
l’ombra immobile e fredda.

Volevo fossi un’altra
–  pensando alla tua bocca
come a un bacio –
ma non l’ho detto, cara,
ho solo sussurrato:
« Riapriranno la caccia ».

 

Francesco scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

 

La Poesia di Francesco Scarabicchi

Francesco Scarabicchi

Una parola secca, minima, che lavora per sottrazione, ma che proprio per questo si presenta come doppiamente intensa, la poesia di Francesco Scarabicchi rappresenta ed è riconosciuta una delle esperienze più interessanti della poesia italiana degli ultimi anni. Alla quinta raccolta in poco meno di trent’anni, la fisionomia dell’autore marchigiano è ormai nettamente definita: lirico nel senso pieno ed anzi esclusivo del termine, i suoi versi sono scanditi tanto dalla severità formale quanto dalla fedeltà al vivere comune di cui sono piena testimonianza tutti i suoi precedenti lavori. L’ora felice rappresenta oggi una Continua a leggere