Le opere di Marco Puca
Costellazione S.Marco (2009)
Lascio le tracce,le orme,i contorni di una storia non ancora raccontata.
Al di la’ di ogni riferimento spaziale,isolo gli elementi in una silenziosa narrazione,capace di rivelare l’ossatura del mio tempo.Immagini razionalmente rassicuranti immediatamente, passano in secondo piano cedendo il posto
allo spazio dilatato,al vuoto al silenzio.
Marco Puca 19-05-2014:
Marco Puca nasce ad Ancona nel 1973, frequenta l’istituto statale d’arte
e in seguito l’Accademia di belle arti di Urbino.
Nel 1994 vince il primo premio”Arte viva a Senigallia” curato da Omar Galliani.
Nel 2004 incontra il critico letterario Massimo Raffaelli Enzo Siciliano e il disegnatore
di luci Vincenzo Raponi da questo incontro nascerà l’istallazione ideata da Marco Puca
dal titolo “la città invisibile”. Successivamente esporrà a Pesaro, Pescara, Russia,
Milano, Ancona.
Spetta a Marco Puca distribuire l’ultimo invito: liquidi fondali neri restituiscono relitti, appunti di viaggio, scampoli di vite ai margini, insegne di locali, stemmi,
trame visive annotate con crudele innocenza 18 Karati su Piazza Roma,
o con scarto poetico e surreale Prezioso Kebab.
Un segno minimo, sottile, un filo di luce che ha l’intensità di un’epifania e che si sottrae alla solitudine del nero, metafora di ogni principio creativo, nel tentativo di preservare l’impalpabile. Lo spazio della tela, o meglio nel caso specifico della carta,
è anche il tempo della solitudine e della fuga dall’indistinto, come testimoniano
alcuni “maestri” di Marco Puca: Osvaldo Licini, Gino De Dominicis
e (l’arte è sempre contemporanea a se stessa) Lorenzo Lotto, artista isolato e inquieto sul quale Puca si è laureato.
Le belle parole che Pier Paolo Pasolini pronuncia sulla solitudine del fare poesia
ben si addicono anche alla solitudine della ricerca pittorica:
Per essere poeti, bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Pier Paolo Pasolini, Al Principe, in “La religione del mio tempo”, 1961
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