Bucce d’arredo

Si chiama Solskin Peel la linea di oggetti per la casa fatta di bucce d’arancia essiccate, del designer israeliano Ori Sonnenschein. Tazze, piatti, cucchiai, ciotole dalla forma curiosa e innovativa, completamente realizzati a mano, biodegradabili, economici, resistenti all’acqua, dalla consistenza morbida e capaci di emanare un piacevole profumo di agrumi maturati al sole. La buccia d’arancia, materiale a costo zero che si può reperire in grande quantità nei mesi invernali, viene essiccata, pressata e modellata secondo la forma voluta. Infine, per rendere gli oggetti idrorepellenti, rivestita da uno strato di materiale organico chiamato “shellaq”. Come trasformare uno scarto di cucina in un oggetto di design, unendo sostenibilità, utilità ed estetica.

L’idea nell’imminente periodo natalizio può ispirare anche i non addetti ai lavori. Con un pizzico di creatività, servirsi della buccia degli agrumi per realizzare piccoli oggetti o elementi decorativi com’era tradizione dei nonni, che ritagliavano bucce d’arancia ad elica per decorare l’albero di Natale.

www.solskindesign.com

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Francesco Scarabicchi- inediti 2012

Cenere

Lumi dell’ora incerta
bastioni d’alba

Questa luce che tocca
ottobre e il mondo

calma scomparirà
da sé in silenzio

nella sera del tempo
e questa nebbia

bianca sulla città
lascerà intatto

tutto il vuoto dell’epoca,
il ritratto

di ogni cosa che, ferma,
a voce spenta

nulla saprà di noi
come l’odore

della notte
di cenere e di pioggia

che sui nomi e le case
cade invano.

Francesco Scarabicchi

opere: contrada del vento di Renato Bruscaglia

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Morteza, come un esploratore

Da quando ho conosciuto i suoi lavori mi è sempre piaciuto pensare a Morteza Zahedi come ad un esploratore, con un cappello da esploratore, un vestito da esploratore, una lente d’ingrandimento da esploratore e un pennello da artista. Non mi è mai capitato di entrare nello studio di Morteza Zahedi, ma non fatico ad immaginarmelo: pieno zeppo di carte, colori e oggetti spesso insignificanti se non addirittura, solo all’apparenza, banali.
Scatole di pagine strappate da quaderni ingialliti, carte per confezionare regali ricevuti anni prima e tanti ritagli recuperati da vecchi giornali e riviste stando attenti a tenere solo lo spazio bianco tra un articolo ed una foto, tra una lettera ed un’altra, insomma: lo spazio vuoto di una pagina.

Immagino Morteza tuffarsi con una maschera in questo spazio vuoto e riportarne fuori un mondo nuovo e strampalato per mostrarlo anche a noi comuni mortali, noiosamente attratti dai punti della carta dove c’è stampato qualcosa.
Attraverso questo telescopio puntato verso la carta invece che verso le stelle possiamo finalmente vedere chiaramente cosa si nasconde tra le righe di un testo: troviamo curiosi animaletti vagare attraverso strani paesaggi alieni, scopriamo che le macchie hanno lunghe gambe e braccia pelose e che ogni piccolo scarabocchio ha una sua personalità.

A chiunque abbia dipinto un po’, artisti o dilettanti, studenti od hobbisti, è capitato di dover ripulire un piatto o una tavola dove erano stati stesi e mescolati i colori per poter dipingere. Questa volta Morteza rivolge il suo telescopio per mostrarci proprio questo mondo: sulla tavolozza dove noi vediamo solo colori amorfi ci indica un mondo inesplorato e abitato.

Ancora di più: ogni tavolozza è una finestra su un mondo nuovo, dove, assieme ai diversi colori, vigono regole logiche e fisiche differenti e dove abitano diverse forme di vita.
Ci sono mondi incantevoli dove i colori pastello vanno per la maggiore, pianeti scossi dalla furia dei vulcani e altri aridi e desertici dominati da tonalità cupe; su certi c’è più vita, su altri invece si intravede solo qualcuno in lontananza.
Probabilmente da lontano stanno guardando noi che li osserviamo straniti e curiosi attraverso queste finestre sotto la vigile guida di Morteza.

Pietro Corraini

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morteza.zaahedi@gmail.com
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Abitare il presente

Quest’opera, oltre a valorizzare alcuni autori marchigiani, vuole riconoscere quanto il loro contributo sia stato rilevante nella letteratura italiana del Novecento. Numerosi sono gli scrittori di questa regione che si sono affermati nel panorama letterario nazionale, figure importanti non sempre conosciute come meriterebbero anche nella propria terra d’origine. Le Marche, tradizionalmente fondate su un forte senso dell’identità locale, hanno dato i natali a importanti figure, da Giacomo Leopardi a Paolo Volponi, che hanno segnato la cultura europea, trattando proprio di contesti, culture e società “locali”, destinate, però, a incidere sulla sensibilità, la letteratura e l’intera civiltà moderna. Alcuni hanno rievocato, attraverso la loro percezione, il fascino e l’austerità di una “terra luminosa ma non abbagliante”, altri hanno trovato in Leopardi un riferimento costante e un modo d’impostare il rapporto natura-società o di ricercare l’assoluto. La “marchigianità” si individua come carattere distintivo e nucleo ispirativo verso cui convergono le forme espressive dell’immaginario, sia per coloro che sono “emigrati” altrove, sia per quelli che sono rimasti nel territorio marchigiano. Per tutti la scrittura ha rappresentato un’occasione di continuo dialogo con se stessi e con gli altri, un confronto con la tradizione e, nello stesso tempo, un processo di sperimentazione e di scoperta del nuovo per comprendere e “abitare” il presente. Attraverso quest’opera, quindi, s’intende dare un giusto riconoscimento a chi per anni, talvolta in silenzio e solitudine, ha lavorato e tuttora s’impegna a lavorare sulle parole e sul linguaggio, su suoni e temi, su suggestioni ed evocazioni, a chi riesce attraverso la parola a dare corpo, voce e gesto ai racconti. La raccolta dei testi proposti e la bibliografia rappresentano un valido strumento perché lasciano al lettore l’opportunità di scegliere le pagine da approfondire per conoscere meglio gli autori marchigiani del Novecento. L’aver inserito anche opere di famosi artisti contribuisce a far comprendere la vivacità creativa e intellettuale che da sempre è presente in questa regione. Desidero esprimere un ringraziamento a quanti contribuiscono concretamente alla cultura e tracciano le linee di pensiero portanti per un futuro migliore, poiché ogni opera, letteraria ed artistica, è testimonianza di vita e di valori da cui ciascuno di noi attinge.

Pietro Marcolini
Assessore alla Cultura della
Regione Marche 

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Un’artista polivalente

Di origini francesi da parte di madre ed italiane da parte di padre, Nicole Gabbucci – Wagenbach, grazie ad una carriera multi sfaccettata è ad oggi un’artista “polivalente”. Ebbero un ruolo fondamentale la madre di Nicole, che fin da piccola la rese partecipe del mondo della poesia, della danza e della musica, ed il padre da cui ricevette un teatrino di marionette, con il quale le insegnò a creare delle piccole opere e le fece conoscere le liriche del poeta conterraneo Giacomo Leopardi.
La bellissima Nicole, mosse i suoi primi passi da fotomodella, durante il primo anno di università a Strasburgo, dove venne scelta da un’agenzia pubblicitaria della capitale europea per i primi défilés di prêt-à-porté. Successivamente a Roma dove si recò per scrivere la sua tesi di laurea sul cinema di Fellini, entrò nell’agenzia “International Models”.
Venne anche scritturata per caroselli (coca-cola, la Snia) per partecipazioni cinematografiche con Marcello Mastroianni e un film di Nanni Loi con Alberto Sordi. Recita la parte della “Salomè” di Carmelo Bene a fianco a Veruska e Donyale Luna, parte che non ultimò per completare gli studi universitari.

 La timida cantante nella vasca da bagno e in soffitta, venne un giorno presentata alla RCA da Ennio Morricone affascinato dalle sue ballate, e si offrì di arrangiare i suoi brani. Venne preparata una colonna sonora con otto canzoni create e cantate da lei, un bellissimo pre-disco, ma la  Gabbucci dovette rifiutare l’impegnativo contratto discografico per star vicino alla figlia piccola ed al padre oramai anziano. Fu allora  scritturata per interpretare una canzone in una film dove Maria Schneider, canta e suona la chitarra.
La Gabbucci pittrice, è nota per i suoi paesaggi, dai tratti neri della china che contornano le figure esaltandone i colori, facendoli brillare come se avessero luce propria.
I suoi dipinti, c’è chi non li definisce solo tali, ma bensì fotografie del pensiero dell’artista.

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Vienna in pop up

Sono italiani i vincitori del concorso European Home Run, indetto dall’Ente Turismo della capitale viennese, che ha chiesto a 6 studi di design a livello internazionale di immaginare e creare un nuovo souvenir per Vienna. Un’esigenza che nasce dall’esigenza dall’evidente incremento dei visitatori e dalla volontà di tornare ad essere la pupilla della creatività. Un mazzo di carte, ecco cosa i designer Simone Farresin e Andrea Trimarchi hanno ideato,  convincendo la giuria, della quale facevano parte personaggi di spicco come Alice Rawsthorn dell’International Herald Tribune e Galit Gaon del Designmuseum Holon.

Gli italiani Studio Formafantasma, ispirandosi alle caratteristiche di Vienna e alla tradizione italiana, hanno rivisitato qualcosa che è stato utilizzato per secoli nei caffè viennesi, e non solo. Un mazzo di carte da gioco, su di cui sono riprodotti disegni icona, simboli, dettagli di edifici e prodotti austriaci. Un oggetto per giocare o semplicemente da collezionare, contemporaneo ed economico.

Fra le svariate proposte, al concorso, c’è stato anche lo studio tedesco DING3000, che ha presentato un romantico mazzo di fiori, ma in metallo, in modo che non possano appassire. I BIG-GAME della Svizzera hanno optato per un carollin in legno viennese Spin, sostituendo le classiche figure in movimento con oggetti di vita quotidiana, restando sulle note di Beethoven, Mozart, Haydn e Schubert.
La francese Ionna Vautrin reinterpreta e personalizza la cartolina tradizionale con ricami e pizzo solubile che rivela 5 differenti funzioni: portachiavi, braccialetto, centrino, segnalibro o decorazione natalizia. Per lo spagnolo Héctor Serrano, sottili lamine in bronzo, con una finitura argentata da cui grazie a una serie di incisioni ad acido emergono con poche semplici pieghe i monumenti simbolo della città.
Infine lo studio Pearson Llyod dal Regno Unito ha voluto racchiudere la memoria di Vienna in una semplice reinterpretazione del servizio formato da vassoio, tazza, bicchiere e cucchiaio tipico dei suoi caffè.

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Francesco Scarabicchi- inediti 2012

Canzonetta di maggio

Come scompaiono veloci gli anni,
come portano doni ad ogni giorno,
la luce incandescente di un minuto

in cui qualcuno accende una candela,
un altro versa nel bicchiere il vino,
un altro ancora ti sussurra piano

che il compleanno è una stazione antica
dove accade il miracolo più muto:
la vita che ti ospita ti è amica

nella quiete precaria che è del mondo,
eterni come è eterna l’innocenza
che d’ogni età riesce a fare senza.

opera: Affluente di Renato Bruscaglia

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