Morteza, for Cambridge

The endlessly inventive graphic work of Morteza Zahedi has, through the sheer force of its energy, reached an increasingly wide audience in recent years.
Whether in the context of the illustrated book, the gallery wall, or the personal sketchbook, this work has found its way into the consciousness of many of us here in the West, who share an interest in the graphic arts.

Zahedi’s work can be seen to build on, and at the same time subvert, the rich tradition of decorative art in Iran. Playful yet at the same time serious, these works explore the surface of the paper with sensuality and curiosity. The question ‘what if…?’ seems to pervade every mark as it caresses each carefully chosen surface, whether in the context of a narrative structure or that of the pure formal dynamics of image making. The English artist, John Minton, once described his working process as ‘the successful steering of accident’. Zahedi brings a similarly fearless approach to image making as each new piece or each new phase in his work is characterised by an exploration of new media and new methods- monoprint, pencil, paint, inks, collage, embroidery… At times, a delicate balancing act seems to be performed between this evident sheer joy of materials and the sense of purpose communicated by the outcome.

The Bologna Children’s Book Fair each spring gives us a chance to undertake something of a pilgrimage, a chance to enjoy some of the most inspiring and original graphic art from all corners of the globe. Each year, we look especially for the work of Morteza Zahedi, one of the most original talents to emerge in recent years.

Professor Martin Salisbury
Cambridge

January, 2011

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studiokveta@gmail.com
morteza.zaahedi@gmail.com
www.mortezahedi.com
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Premessa alla Carità del reale

“[…] in che modo questa letteratura marchigiana deve essere inserita nel quadro della letteratura nazionale?” È quanto si chiedeva, da Urbino, il 10 aprile del 1971, Carlo Bo redigendo la prefazione all’antologia Scrittori marchigiani del Novecento firmata da Carlo Antognini (1937-1977) e pubblicata da Gilberto Bagaloni Editore, in due volumi (narratori e poeti), nel maggio del ’71, nella collezione “Lo scrigno”.  Poco più avanti, Bo si spingeva ad affermare: “[…] innanzitutto il contributo marchigiano è stato essenziale, la voce degli scrittori dell’antologia si è innestata nel grande coro del discorso comune e in qualche caso lo ha preceduto, lo ha inventato, sollecitando visioni e suggestioni del tutto nuove. “

Fernando Mariotti

Il Novecento letterario e artistico delle Marche (nelle Marche) è una delle esperienze più singolari dell’Italia per qualità e quantità di autori. Attraverso la voce in versi e in prosa di alcuni dei classici della tradizione si percorre il sentiero – oggi più visibile man mano che la distanza storica si accentua – che segna la presenza di figure fondamentali eppure toccate più dalla luce dell’ombra che dalla trasparenza, non possedute come un patrimonio dell’umanesimo delle “province” e del secolo scorso, non conosciute come meriterebbero, tra verismo e intensità lirica, tra concretezza e natura, tra impeto e passione. Le loro “musiche” articolano un’armonia di registri e timbri davvero inconfondibili e confermano la profonda vocazione ad una contemporaneità che li avvicina e ne rivela le pronunce sensibili, ne accosta lo stile e i sensi, dona di ognuno il mondo nascosto delle poetiche, la tremante prossimità con la vita, l’arresa dedizione alla bellezza.

Il rischio che questi ed altri autori hanno corso è stato ed è quello della purezza, sorta di insegna che li illumina e li cristallizza in quell’intatto “mondo delle origini” che li avrebbe salvati, visto che “la storia ha saltato le Marche e così ha salvato la vita della poesia”. Forse  così non è stato, forse così non è e nella consistenza delle scritture e degli universi, nella loro singolarità e originalità c’è, a ben guardare, una “impurità” che li libera anche là dove la tensione lirica parrebbe esaltare quel bagliore candido che li cinge come una corona. Proprio per valutarne l’essenzialità, la caratura della voce,  le visoni, la tenuta e la eventuale attualità della loro opera, si è voluto azzardare scegliendo la via  della scena, offrendo la parola nuda, tra versi e prosa, per verificarne la concretezza, la resistenza al tempo, ora che una distanza siderale separa noi dai poeti Acruto Vitali, Scipione, Franco Matacotta, Paolo Volponi, Luigi Di Ruscio, Franco Scataglini, Massimo Ferretti e dai narratori Giulio Grimaldi, Bruno Barilli, Mario Puccini, Fabio Tombari, Dino Garrone, Bruno Fonzi, Luciano Anselmi. Cancellati o perduti i punti di riferimento del Novecento, aumentata la velocità con cui si brucia e consuma la vita individuale e collettiva, personale e sociale, sparigliato il mazzo delle carte, ridotte o azzerate le memorie storiche d’ogni ordine e grado, sceso il livello quantitativo e qualitativo della lettura come educazione, formazione e patrimonio di una generazione, cosa resta alla parola scritta per poter ancora contribuire a nutrire l’immaginario, per conquistare le sponde dell’esperienza, della conoscenza, per definire l’ordine del pensare, grammatica e sintassi di una possibilità di testimoniarsi nel mondo, tra logica e stile, tra efficacia e utilità, proseguendo la domanda sulla verità e sul senso dell’esistere?

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Triennale Design Museum

Inaugurato nel 2007 è il primo museo del design italiano e ne rappresenta la molteplicità di espressioni. Situato nella storica sede della Triennale di Milano offre al visitatore la possibilità di scoprire le eccellenze del design italiano attraverso inediti punti di vista. Nessun ordinamento cronologico o per autore, ogni anno gli allestimenti e le tematiche trattate si modificano, si trasformano così da fare del museo un organismo vivo e mutante. La missione del museo è dare una risposta alla domanda Che Cosa è il design italiano?

Dopo le interpretazioni  Le sette Ossessioni del Design italiano, Serie fuori Serie, Quali cose siamo e Le Fabbriche dei Sogni, la quinta edizione è dedicata alla Grafica italiana, alla comunicazione visiva e alla loro storia.

Partendo dalle premesse storiche, dalle radici culturali e dai momenti-chiave del graphic design italiano, il percorso espositivo si articola per tipologie di artefatti, andando a configurare  una sorta di tassonomia, che va dalla scrittura ai progetti che si relazionano con il tema dello spazio e del tempo.Un viaggio che lega passato e presente, vecchi e nuovi prodotti e strumenti della cultura visiva che appartengono ormai diffusamente alla nostra vita quotidiana.Un’opportunità per presentare vicende, figure, fenomeni che hanno accompagnato e sostenuto gli sviluppi culturali, sociali, economici e politici del nostro paese.

 

Oltre le mostre temporanee, all’interno del museo un altro spazio visitabile è poi la sua collezione permanente, composta da una grande eterogeneità di pezzi che testimoniano il carattere innovativo e sperimentale del Design italiano. Tra le opere esposte, oltre cento sedute di design, pezzi da ammirare ma anche usare e toccare. Un’ampia collezione di modelli di studio di Giovanni Sacchi  e una ricca selezione di disegni di designer italiani e internazionali, preziosa testimonianza dei processi creativi che sottendono alla dimensione progettuale di ogni designer.

TDM5: Grafica italiana
14 Aprile 2012. 24 Febbraio 2013.

www.triennaledesignmuseum.it

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Natale “fai da te”

Quest’anno per Natale desiderate realizzare qualcosa di veramente particolare e originale per addobbare il vostro albero di natale? Abbiamo trovato per voi alcune proposte, facile da realizzare ed anche economiche!

La prima idea che vogliamo proporvi è quella del patchwork: occorre avere delle palline di polistirolo (di grandezze varie), stoffa colorata, spilli, taglierina, forbici e cordoncino colorato.

La procedura da seguire è la seguente: sulle palline di polistirolo fai delle incisioni con la taglierina (ci si può aiutare disegnando prima con la penna i vari spicchi), posiziona la stoffa sullo spicchio e aiutandoti con una limetta per le unghie infila la stoffa nei solchi fatti con la taglierina in modo da ricoprire lo spicchio. Questa operazione viene quindi eseguita anche per tutti gli altri spicchi. Infine prendi il cordoncino colorato e posizionalo nelle fessure in modo da coprire i punti dove hai infilato la stoffa e fissa con l’aiuto di spilli da patchwork, sull’estremità invece metti il cordoncino in modo da formare un anellino che ci servirà per appendere la nostra pallina all’albero di Natale.

Un’altra tecnica davvero unica e divertente potrebbe essere quella di creare palline utilizzando vecchi bottoni di indumenti e palline natalizie che non utilizzate più.
Prendi la prima pallina da riciclare e posizionala su un tavolo ben protetto con della carta di giornale, a questo punto, con una vernice spray dorata ricopri la superficie della pallina e lasciala asciugare. Prendi tutti i bottoncini che hai a disposizione e aiutandoti con un punta di colla a caldo, molto più immediata e resistente, incollali sulla superficie della pallina ed esegui questa operazione con tutti gli altri bottoni. Il risultato sarà davvero bello ed originale!

L’ultima tecnica che vogliamo proporvi per la realizzazione di palline natalizie è quella del decoupage. Per realizzarla occorre procurarsi: una sfera di plastica o plexiglass trasparenti, meglio se di diametro 7/10 cm, tovaglioli di carta che devono contenere un decoro di vostro gusto, pennello e spugna, colori acrilici, nastri colorati, colla vinilica.

Schiudi la pallina a metà, inserisci l’immagine che vuoi utilizzare, appoggiandola al nucleo della sfera e la applicandola partendo dal centro e andando verso la parte estrema.
Una volta secca la colla, ripassa il dietro dell’immagine con il colore acrilico bianco senza andare fuori dai bordi. Realizza la stessa cosa ugualmente nell’altra metà della pallina.
In base all’immagine scelta con le spugnette puoi ricostituire l’ambiente attorno all’immagine. Una volta secco il colore acrilico, accosta la pallina e lungo il suo orlo di chiusura metti la fettuccia di nastro colorato, fissalo con la colla a caldo e realizza un fiocco.

Queste e mille altre idee, per decorare il vostro albero o la vostra casa, in modo semplice ed originale, anche reclicando materiali che già avete, potrete trovarle all’interno del blog www.faidatemania.it .

Inoltre vi suggeriamo un ulteriore blog www.blognatale.com in cui troverete anche dei video con tutorial.

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Morteza, the power of fiction


I adore Morteza. I adore his way of telling stories, his caring for accurate, detailed and yet free narration, abiding by the rules of his own imagination exclusively. Morteza fills his beholder with plenty of amazement and enthusiasm. His world is marvellous, his works are highly evocative. The same applies to this series of palettes defying all expectations and featuring pictures and ready-made landscapes.

Right on a painter’s palette, typically home to formless colour stains, there comes a finished picture leaving usual expectations unmet and defying all forecasts. Metaphorical pictures in continuous evolution, open and outlandish scenarios raising a number of questions: where are we? What is happening? Who are those characters? Have we arrived to a new wonderland? What kind of a land? Who is at the wheel?

Thoughts immediately go to emotional tales, inner landscapes of souls in motion, no strings attached, no texts imposed as in the regular children’s illustration business. Finally free, the artist can follow his own rules and satisfy his own needs. Nothing else matters. Marks, form and colour reveal inner feelings and intimate thoughts, propose topics that even skilful eyes may find difficult to decode. What is this pictorial blob all about? How are these palettes and their suspended emptiness to be looked at? And what on earth is the meaning of those other scenes teeming with strange plastic creatures? How are fairy castles, Hello Kitty, Mickey Mouse, angels, hearts, toy soldiers, rabbits, umbrellas, insects, acrobats, aeroplanes and even empty air balloons to be interpreted? What are the words and phrases scattered throughout the painting in English, German, or Farsi trying to tell the beholder (including free, nice, das Leben, mori, fatva, Iran)?

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Il dono della realtà

Pericle Fazzini

Se liberata dalle sue sovrastrutture secolari, la parola “carità” ritrova intatto il suo significato originario, etimologico, che la lega alla grazia di un’offerta, di un dono. Esso è, letteralmente, il dono della realtà. Dunque un felice paradosso per chi, e sono ormai quarant’anni, provò a chiedersi che cosa mai tenesse insieme poeti e scrittori nati più o meno casualmente nelle Marche ma che dalle Marche se ne erano andati, tutti giovanissimi, per il moto centrifugo che li scampava da un deserto culturale nello stesso momento in cui li spingeva verso Roma o i maggiori centri dell’Italia del nord. Era il tempo della fuga obbligatoria per quanti non volessero vedere consumato, e presto estinto, un proprio pensiero, per chi non accettasse di finire nell’ombra o insomma in uno stato di clandestinità molto prossimo alla morte civile, come venne poi detto, e con metafora opportuna, il tempo della Diaspora, cui non si sottrassero i maggiori scriventi in prosa e in poesia, da Acruto Vitali e Scipione a Paolo Volponi e Luigi Di Ruscio, da Giulio Grimaldi e Mario Puccini a Bruno Fonzi e Massimo Ferretti, un elenco che si riferisce ad alcuni fra i più originali, in qualche caso fra i più grandi tout court, autori del secolo scorso. Ma ancora nel 1968, in una antologia scandita per regioni e pensata per gli studenti delle scuole, due fra i massimi storici della letteratura, Natalino Sapegno e Walter Binni, negavano non solo che le Marche avessero una qualche autonomia in termini di storia patria ma che avessero prodotto una letteratura propria: quasi che Giacomo Leopardi e il suo esempio sublime non ci fossero mai stati, quasi che il lavoro pionieristico di Giovanni Crocioni, straordinario collettore di carte e antesignano della cosiddetta microstoria, fosse trascorso invano. Fu giusto in quegli anni, verso la metà dei sessanta, quando il tempo della Diaspora sembrava concluso insieme con la dialettica di Centro e Periferia, fu al principio di quello che oggi chiamiamo processo di globalizzazione, il quale rende simili e persino reversibili le nozioni di qui e di altrove, fu allora che un giovane critico, Carlo Antognini, un talento vulnerato a morte dalla malattia, si pose la domanda che il tardo Novecento aveva già reso impellente e persino postdatata: esiste un legame fra autori la cui fisionomia è così diversa, il cui percorso appare tanto dislocato nello spazio e nel tempo?
La risposta di Antognini è contenuta nella antologia, in ogni senso fondativa, che si intitola Scrittori marchigiani del Novecento, uscita nel 1971 da Gilberto Bagaloni di Ancona in una superba veste tipografica e arricchita da una nota introduttiva di Carlo Bo. Testi alla mano, nell’ottica di Antognini la risposta non può che essere affermativa, sia pure nei modi di un ennesimo paradosso: non tanto esiste la “marchigianità” (un termine coniato da lui ma di cui proprio lui dovette pentirsi, per le continue banalizzazioni e i reiterati abusi), quanto esiste una cifra linguistica e stilistica di derivazione leopardiana, una medietas che sembra duplicare la linea del paesaggio ed attestare una speciale concretezza, vale a dire il rifiuto dell’espressione astratta o intellettualistica e l’amore viceversa per le cose del mondo, una costante passione per la realtà. Si tratta di una passione, ovviamente declinata al plurale, i cui emblemi sono presto divenuti proverbiali come i paesaggi di Volponi scritti all’acquaforte, i colori esplosivi di Bruno Barilli, la campagna di Fabio Tombari o certe pietre che si spaccano o esplodono nei versi di Di Ruscio. Tutto ciò rimarrebbe comunque un nobile archivio o forse solamente un paese dell’anima, se non fosse esistito qualcuno capace di dedurre dalla retrospettiva un senso al presente: è con Franco Scataglini, uno dei maggiori poeti lirici del secolo scorso, che il patrimonio della Diaspora viene di fatto ereditato per essere affidato alla meditazione degli autori della generazione successiva, poeti e narratori che per la prima volta si trovano a vivere e a scrivere qui senza essere costretti a migrare in un altrove.

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