Di Rita Reggiani,
1° premio concorso letterario:
Il Passetto e l’Adriatico 2012 Ancona;


…stanotte ascoltavamo la Bora e non abbiamo dormito per niente
sognavamo di poter salpare con la Bora e raggiungere altre rive…
(Srecko Kosovel)
Il 2 marzo 2011 alle ore 8, Ursus, lo storico pontone-gru (150 tonnellate per 80 metri di altezza) del golfo di Trieste, spinto delle fortissime raffiche di Bora ha rotto gli ormeggi, trascinando con sé anche il vecchio rimorchiatore Audax; sfiorando l’estremità della Diga vecchia, sempre sospinti dalla “regina” dei venti, hanno preso il largo, separandosi, verso il vallone di Muggia. Valentina, dopo una notte insonne per le terribili raffiche, guardava col binocolo, da dietro i vetri, lo scafo che si allontanava nella bufera; era uno spettacolo avvincente vedere Ursus, quasi animato da una propria volontà, sfidare le raffiche e il mare in tempesta per allontanarsi dal porto che da quasi un secolo lo ospitava. L’aveva sempre visto lì, faceva parte del paesaggio e adesso vederlo andare via le procurava una certa preoccupazione, perchè in fondo era un’abitudinaria: casa, scuola e pochi svaghi. Ripensò alla sua adolescenza, alla sua voglia di scoprire il mondo, di divertirsi. I suoi ricordi furono interrotti dall’irruzione nella stanza del suo compagno, che già dal corridoio le ricordava quali erano le cose da fare in mattinata; cominciò con la solita storia, che toccava fare tutto a lui, che lei se ne disinteressava e se ne andava a scuola. Ormai non replicava neanche più, era rassegnata a questo suo richiamo ai doveri e al ricorso, che lui faceva, a continui veri o presunti malesseri che limitavano la sua indipendenza. Era come se anche lei si trovasse ancorata ad un molo, in un porto, impossibilitata ad uscire in mare aperto; l’affetto spesso diventava sopportazione e la voglia di prendere il largo la tormentava periodicamente. Diede un ultimo sguardo ad Ursus che, beato lui, aveva rotto gli ormeggi e si avvivava verso l’avventura e, dopo essersi ben coperta, uscì di casa; una sferzata d’aria gelida per un attimo le fece rimpiangere il tepore domestico, ma si adattò subito a quel turbinio e, tenendosi ben fermo il cappello con le mani, quasi si fece trascinare via volentieri. Il mare grosso le impediva di vedere Ursus ormai giunto all’orizzonte: decise che anche per lei era giunto il momento di andarsene. A scuola le lezioni non furono il massimo e i ragazzi approfittarono subito per ottenere consensi e valutazioni a loro favorevoli; a fine mattinata aveva preso la decisione: la domanda di trasferimento in un’altra città. Lui non approvò la scelta; seguì un periodo in cui inquietudini, rimorsi e rimpianti si alternavano alla speranza di una felicità senza volto e senza nome. La svolta inaspettata della sua vita giunse con la conoscenza di Dusan, skipper per una agenzia turistica che da Rovinj organizzava crociere con la barca a vela in Adriatico, lungo la costa e fra le isole croate; fu invitata, quando fosse libera, a fare parte dell’equipaggio. Accettò volentieri e i suoi occhi si riempirono dei colori dell’acqua: azzurro, blu, indaco, verde, giallo, rosa, rosso, il viola di cui si tinge al crepuscolo, e di paesaggi, a volte selvaggi a volte dolci e accoglienti, che mai aveva immaginato. Tanti porti per partire e arrivare, il suono di tante voci e di rumori ormai familiari; il mare le regalava splendide emozioni, ma anche una certa agitazione. Ad interrompere questo vagabondare fu la notizia del suo trasferimento ad Ancona: una città che vive a picco sul mare, senza nessun ostacolo fra sé e il fronte del vento: è lì che la Bora l’aveva spinta.
Aveva scelto Ancona che conosceva perché vi abitava una sua amica, e che per questo era già stata meta di un indimenticabile viaggio in mare. La traversata da Hvar, seguendo un’antica rotta dei corsari, era avvenuta in una notte tranquilla, con il solo rumore dell’acqua, la scia della barca quasi fosforescente e l’albero e le vele scure che oscillavano dolcemente contro il bagliore di migliaia di stelle. Valentina stava vivendo un sogno e, per non esserne l’unica protagonista, aveva immaginato le sirene sul fondo del mare, che danzavano fra alghe, pesci e coralli. Al primo chiarore del mattino era apparso, velato di grigio, il promontorio del Conero e poi, con più chiarezza, quasi ai suoi piedi, la città e il suo porto. Si era innamorata di Ancona, percependo il rapporto vivissimo tra roccia e mare e i segni della civiltà bene impressi nella natura, una raccolta di tanti itinerari, suggestioni, emozioni e memorie; i suoi sensi erano poi stati conquistati percorrendo uno stradello che, lasciata la quiete della città, l’aveva proiettata in un’esplosione di luce, di colori, di intensi profumi di fiori e di erbe aromatiche, giù verso il mare: aveva scoperto il Passetto e trovato il suo approdo.
Ora si sente libera, vive la sua passione, il mare; un colore ogni metro, dall’indaco all’azzurro e al verde; colori nei quali si immerge per misurare a bracciate la sua voglia di vivere, mentre segue la linea della costa, dagli stabilimenti sulle palafitte alla “Seggiola del Papa”, fra scogli affioranti; in queste lunghe nuotate, sogna di mutare la sua natura umana in quella di pesce. Il suo rifugio è lì al Passetto, una sinfonia di azzurri nella trama colorata delle grotte: sono le nuances con cui la solarità si manifesta a dettare i ritmi delle giornate e delle stagioni. Valentina ammira i giochi delle nubi, i colori delle albe e dei tramonti, lo sguardo spazia nell’indefinito orizzonte fra cielo e mare: è lì, immersa nell’azzurro, che ha ritrovato se stessa.
A volte, mentre nuota guardando verso Nord, rivolge un pensiero riconoscente ad Ursus che, povero lui, dopo qualche ora era stato prontamente recuperato, riportato in porto e saldamente ormeggiato alla banchina del vecchio Arsenale San Marco; il suo sogno di libertà era durato un attimo ma, come sostiene Dusan, ci saranno sempre le voci delle sirene che gli terranno compagnia raccontandogli le storie del mare.
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