Le voci dal Novecento non sono solo quelle dei poeti e dei narratori, bensì appartengono anche ai pittori, agli scultori, agli incisori, ai ceramisti, ai fotografi. La messe di nomi e di opere è fitta e irrora tutto il XX secolo; “essenziali”, hanno attraversato i decenni con una strenua fedeltà alle proprie aspirazioni e evocazioni perseguendo risultati che non gridano, che non nutrono il clamore dell’esibizione, bensì contrassegnano la tenuta e la coerenza di una volontà tenace a confermare il sentiero scelto. De Carolis, Pannaggi, Bucci, Fazzini, Mannucci, Mariotti, Cagli, Crocenzi, Bruscaglia, De Vita: sono solo alcuni nomi accesi per segnalare la qualità assoluta degli “apporti”, degli esiti.
Le pagine di questo quaderno contengono, discreta, una sorta di piccola galleria di presenze ad indicare una storia parallela a quella della letteratura per potersi orientare e capire di quali contributi è stato destinatario il Novecento italiano ed europeo delle arti. Come quello della scrittura, anche il patrimonio dell’immagine e del segno è ampiamente ignoto nelle Marche, nelle scuole di ogni ordine e grado, nella cultura, nell’informazione.
Le vie della tradizione vivono nell’ombra ed è quindi inevitabile che si perdano memoria e consapevolezza senza le quali ogni conoscenza e comprensione del presente è impossibile. Vi sono stati e vi sono profondi legami di prossimità tra artisti e scrittori, pagine nelle quali sono riconoscibili le presenze degli uni negli altri; passi in cui la prosa o il verso rimandano, direttamente o indirettamente, alla sensibilità dello sguardo di questo o quell’autore. Sintomi chiari di una qualità del sentire e del percepire il reale da un punto di vista non lontanissimo, al di là o al di qua della “siepe”, confine tracciato per tutti da Leopardi. Così la sua luna si fa profilo di collina in Licini, la luce paesaggio, contrada o orizzonte in Bruscaglia, teatro in De Vita, natura morta in Pannaggi, ricercario in Cagli, vento in Fazzini.
Di questi privilegi si dovrebbe essere consapevoli per traghettare in questo terzo millennio il beneficio di eredità vive, di doni e lasciti che vanno tutelati, protetti, difesi e diffusi, dato che sono le orme giunte fino a noi, cammino dell’umanesimo senza il quale ogni barbarie civile e culturale è a portata di mano. Se si capisse che l’arte tutta è la forma concreta della salvezza dal nulla e dalla mediocrità, si assisterebbe ad una mutazione di rotta e si smetterebbe di nutrire l’idiozia e il vuoto. Ma siccome l’arte richiede impegno, sacrificio, fatica, dedizione e amore, ci si abbandona all’insipiente indifferenza, arrendendosi davanti alle porte.
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