Autunno 2013

Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria;
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino
di questo vecchio sole ottobrino
che splende nelle vigne saccheggiate.
(V. Cardarelli)

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M. La Graphic Novel #4

 

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. nasce da una corposa costola de “Il cuore nei polpacci”, serie narrativa uscita a puntate sul sito di Ultima Sigaretta. Quando Danilo Santinelli ha preso l’iniziativa di chiamare il suo vecchio amico Paolo Marasca per proporre un’avventura assieme, il tessuto sfibrato de Il cuore nei polpacci è parso il migliore sul quale lavorare: trasformarlo, condirlo, torcerlo, plasmarlo e farlo come nuovo grazie al segno artistico e in piena libertà è stata la sfida.
Ne è venuto fuori un essere autonomo, M, con alcune storie da raccontare sul filo dell’immaginazione e della follia.

M. è un ospite. Della casa per disagiati mentali, ma anche del mondo, che legge e vede attraverso uno sguardo unico e commosso, e grazie alle instancabili gambe che lo portano ad andare. Le sue parole sono raccolte e cresciute da Silvia, educatrice della casa tanto sensibile quanto in bilico tra il curare e l’essere curata.

Paolo Marasca è nato ad Ancona nel 1967. Laureatosi in Lettere Moderne con indirizzo Storico Artistico presso la Statale di Milano, è tornato ad Ancona dove ha fondato il circolo Thermos, luogo di incontro, musica, arte, cultura e spettacolo dal 1995 al 2003. In seguito si è occupato della Biblioteca Amatori in Palazzo Benincasa. E’ autore di un romanzo (La qualità della vita, Italic, 2010) e di un secondo in uscita, di sceneggiature cinematografiche per il regista Alessandro Lentati, e collabora con i siti letterari Ultima Sigaretta e Argo. Da poche settimane è Assessore alla Cultura, al Turismo e alle Politiche Giovanili di Ancona.

Danilo Santinelli è nato a Jesi nel 1968. Laureatosi al DAMS (specializzazione in Arti Visive) presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna
Libero professionista: advertising, grafica discografica, illustrazione editoriale, pittura. Docente di Illustrazione, Percezione Visiva e Arte Contemporanea presso la Scuola Internazionale Comics di Jesi. È stato docente di Cinema, Fotografia e Televisione presso la Facoltà di Economia di Macerata.
In ambito editoriale ha pubblicato per: Il Manifesto, Diario della Settimana, Gruppo Hachette Rusconi, Cleup Editore, Helbling Languages Editore, Edizioni Pequod, Tre Sei Scuola Editore, Vanni Editore, Gruppo Editoriale Marche, Bonanno Editore.

 

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Mapi Guerrini

“Fotografa con tutto ciò che fa click…ma predilige la sua Nikon d800 e, quando ha tempo, l’Hasselblad analogica”

Le foto vanno guardate ascoltando Sakamoto “Hearthbeat”

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Mapi Guerrini nasce ad Ascoli Piceno, una bellissima città dove non metterà radici, restandoci solo pochi giorni.

Grazie al continuo peregrinare in numerose città,
conoscerà realtà diverse che le insegneranno l’amicizia, l’adattamento, la molteciplità e l’incontro con la gente e l’abilità nel traslocare.

Tornata ad Ancona, dove la sua famiglia ha le origini e le strade portano nomi familiari, si laurea in ingegneria ed inizia ad incrociare il mondo, con se stessa e la compagnia di una macchina fotografica, ricevuta in regalo dal padre, e che, strada facendo, le diventa indispensabile per la cattura di un “oltre ciò che si vede”

Attraversa l’analogico con il grande format, la polaroid, la camera oscura,
e inevitabilmente affascinata dai sistemi binari, approda alla fotografia digitale e alla sua immediatezza immagignifica.

Per lei la fotografia diventa un complemento insostituibile e inossidabile, è completamento, “non passa un giorno che non scatti una foto” (come ha già detto Avedon) ed essendo alla ricerca di un linguaggio che si esprima là dove le parole sembrano non bastare, non si stanca di fotografare cieli, strisce pedonali, ritagli di realtà, avanzi di frigorifero…lasciando però gli umani sempre fuori dalle proprie visioni.

mp.guerrini@tin.it

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Ultimi libri

Estratto da nostro lunedì
Numero 2 – nuova serie

Paolo volponi e Urbino

Negli ultimi libri di Paolo Volponi il conflitto tra la misura umanistica e ilcaos della società neoliberista porta a combustioni molto forti. “Siamo infettati, contaminati, appestati. E corriamo” dice nel dialogo a due voci con Francesco Leonetti ne “Il leone e la volpe”, libro che rimette in circolo tutto il pensiero e la sua storia di scrittore e uomo di industria, di parlamentare del PCI, quella dell’intellettuale nato nell’umanesimo rinascimentale di Urbino. Di questo luogo ideale, in contrapposizione estetica con le città del mondo globalizzato, del suo habitat e di ciò che resta del suo mondo animale, lo scrittore marchigiano invece dà conto in una raccolta di scritti giornalistici uscita postuma, “Del naturale e dell’artificiale”. A questi due libri si può aggiungere un altro testo, lontano per uscita ma vicino per agone del Volponi più politico dell’ultima stagione, quello “inviso al Capitale”, cioè i suoi interventi parlamentari raccolti da Massimo Raffaeli nel volume di inediti “Parlamenti” (Ediesse, 2011). Sono tre testi dell’intellettuale che più di ogni altro oppone il suo pensiero a quel trapasso che con il declino della civiltà industriale passando per la manipolazione dei media porta fino all’oggi, cioè a quel “Finanzcapitalismo” (Einaudi, 2011) di cui Gallino ha scritto un suo libro di mirabile lucidità saggistica e lui aveva visto già nel suo ultimo, definitivo capolavoro che è già un classico, cioè “Le mosche del capitale”. La sua interrogazione, se pensiamo che arriva dal lontano 1994, angoscia ancora di più di una profezia: “Ciò che mi domando è: come mai siamo giunti al punto che la sola materia materiale diventasse il denaro. E come si fosse annullata la profondità del mondo.”
Di questo cambio di passo del capitalismo mondiale, e proprio di mondo vero e proprio, forse uno dei passaggi antropologici più traumatici della nostra storia, sono testimonianza anche alcune operette morali con al centro la natura affidate alle pagine culturali del Corriere della Sera, dove Emanuele Zinato, curatore delle Opere presso Einaudi, individua l’animale come “una trasparente figura dell’inconscio ma anche un elemento residuale di realtà entro la vittoria delle pratiche de realizzanti”, da legare ad un altro libro più che mai attuale, l’apologo leopardiano “Il pianeta irritabile”. Anche nella scrittura di questi pezzi, nel passo e nel loro farsi c’è una opposizione di stili e di ritmi. Nella prosa dei paesaggi marchigiani, o nella descrizione del passero, del toro o dei gabbiani, la lingua ha una sua dolcezza e armonia, una naturale propensione alla lentezza, mentre nella scrittura che descrive la dinamica sociale ritorna prepotente quel ritmo di una meccanica fatta di ingranaggi col gusto della catalogazione tipica del suo modo di raccontare nello spazio del romanzo, una lingua che assorbe, digerisce e rilancia come una turbina la sua energia che sembra inesauribile.
La sconsolata riflessione finale, più che una perla di saggezza come sembrerebbe è sarcastica: “Da vecchi non si è più “neutrali”.
E si capisce ancor meglio, e dolorosamente, che nessuna cosa lo è, neutrale. Nessuna, neppure fenomeni naturali come il vento o la pioggia.”
Quello che troviamo però avvilente è che in un paese dove ormai un Meridiano non si nega a nessuno, e si pubblicano più i presunti Maestri vivi che i morti, e si è inventato questo “classico contemporaneo” che più che una operazione filologica è basso mercato editoriale, se si vanno a cercare i libri di Paolo Volponi su Ibs la voce “Attualmente non disponibile” è quella maggioritaria. A parte “Le mosche del capitale”, ristampato nel 2010, e un “Memoriale” in economica, entrambi Einaudi, tutto il resto non c’è più.

Scomparsi “Corporale”, “La macchina mondiale”, figuriamoci se c’è “Il pianeta irritabile”, per non parlare della produzione in versi. Mentre imperversa il giovane scrittore di romanzetti di formazione italici che adopera la lingua omologata del talk show e del gossip, che più dell’ombelico narra il nulla dei suoi capelli. Come nello spassosissimo “Via col vento” dove Volponi racconta nientepopòdimenoche “la testa del Prof. Alberoni”, un vero e proprio virtuosismo di stile, cioè l’intellettuale servile, l’entertainer che “massaggia” alla McLuhan, riempie lo schermo di vuota irrealtà, ed è metafora dell’Epoca debole: “Infatti il prof. Alberoni costruisce, non si sa se più con l’ispirazione di un grande artista appunto rinascimentale o con la bravura di un artigiano positivista, imprenditore puritano, un miracolo di rigogliosa e stabile capigliatura là dove di capelli non c’è più nemmeno l’ombra.”

Angelo Ferracuti

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Marche Visionarie

LE MARCHE VISIONARIE DI ROBERTO RECANATESI

All’Atelier dell’Arco Amoroso di Ancona mostra fotografica di Roberto Recanatesi dall’11 al 27 ottobre 2013, dedicata alle Marche e, in particolare, alla Provincia di Ancona in chiave irreale e paradossale.

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La mostra fotografica in questione si colloca in un più ampio progetto di Roberto Recanatesi rivolto alla Regione Marche vista con occhio onirico e surreale e comprende, per questa ‘puntata’, in prevalenza le città e il territorio della provincia di Ancona.

Seguirà il territorio ascolano in dicembre in una altrettanta onerosa mostra presso il palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno, che verrà presentata dal Prof. Stefano Papetti, il pesarese probabilmente l’anno prossimo alla Sala Laurana di Pesaro, ecc.

Già nel 2012 l’autore propose una mostra di grosso impatto emotivo, assai apprezzata dal pubblico e dalla critica, presso la Mole Vanvitelliana, dal titolo “VisionariAncona”, seguita dai “Paradossi onirici” pochi mesi dopo al Rettorato di Piazza Roma.

La prima fu presentata dal Prof. Armando Ginesi (che avrebbe poi presentato lo scorso giugno la sua VisionariJesi al Palazzo dei Convegni di Jesi) e la seconda dal Prof. Giancarlo Galeazzi, mentre questa edizione all’Atelier dell’Arco Amoroso, gentilmente concesso dall’Amministrazione Provinciale, sarà presentata all’inaugurazione dal noto scrittore anconetano Francesco Scarabicchi che addirittura paragona l’opera fotografica di recanatesi ad “accordi jazz, nella fuga del bianco e nero, come una tastiera di pianoforte”.

L’autore scatta ed espone instancabilmente dal 1995, con una vecchia Yashica manuale degli anni ottanta, ed ha scoperto ormai la chiave a lui più consona … quella del surrealismo e dell’”oltre e al di sopra del tangibile e del quotidiano”, che sembra essere molto apprezzata dal pubblico, bisognoso di sognare e di ulteriori appagamenti interiori, in un mondo sempre più difficile da vivere.

Appartato e solitario sin dall’inizio, funzionario regionale di professione (difficile vivere d’arte), Recanatesi al suo attivo decine e decine di mostre sovente in luoghi di prestigio fra i quali, oltre alla Mole, all’Arco Amoroso e gli altri sopra menzionati,
gli Antichi Forni di Macerata, la Palazzina Azzurra di San Benedetto, la Rocca Paolina di Perugia, la Sala dei Mercatori di Ascoli Piceno, la Galleria Giovenzana di Milano, il Palazzo del Turismo di Riccione, ecc., ecc.).

Per ben tre volte (compresa la corrente edizione 2013) è stato invitato alla prestigiosa Rassegna Salvi di Sassoferrato.

Per notizie biografiche e per visionare almeno parte della produzione dell’autore si veda il sito www.robertorecanatesi.com e molto altro tramite google.

Le opere (una quarantina, formato 40×50 e 40×60, rigorosamente in bianco-nero con qualche alternativa a colori, su toni marroni e bluastri) sono il frutto di assemblaggi di negativi scannerizzati e provenienti da più scatti. L’autore sarà costantemente presente. Orario: tutti i giorni: 17,00 – 19,30 sabato e domenica: 10,00 – 12,30 16,00 – 20,00 – Inaugurazione Venerdì 11 ottobre 2013 ore 17,30 con la presentazione di Francesco Scarabicchi.

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Futuro tecnologico: al MIT è già domani

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50 scienziati, 140 ricercatori, centinaia di studenti: così a Boston un trust di cervelli senza frontiere geografiche o mentali inventa il nostro futuro. Tra i luoghi del pianeta che aspirano ad essere i “laboratori” del nostro domani, un posto speciale spetta al Media Lab del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Dalla sua fondazione, 25 anni fa, a opera di un visionario della società digitale come lo scienziato Nicholas Negroponte, il Media Lab del Mit è stato una prodigiosa fucina di invenzioni: molte delle sue creature sono ormai parte integrante del nostro modo di navigare su Internet, di usare i telefonini, o più di recente hanno segnato gli usi dei tablet per la lettura digitale. Da sempre il Media Lab s’interessa della “convergenza” tra diverse sfere della creatività umana: elettronica, informatica, scienza delle comunicazioni. Ma adesso, se possibile, ha “alzato il tiro” con una sfida perfino più ambiziosa: disegnare le nostre città del futuro. Il progetto si chiama City Science, e sotto questo cappello collaborano 27 centri di ricerca, specializzati in discipline scientifiche molto diverse tra loro. Più che “interdisciplinare”, una parola talmente abusata da suonare un po’ retrò, il Media Lab preferisce definirsi “anti-disciplinare”, per abbattere le barriere che separano gli specialismi. È proprio dal progetto di “scienza delle città” che emerge una rassicurante rivalutazione del nostro passato: intendo dire, il modello urbanistico delle città d’arte italiane, dei nostri borghi medievali. “Back to the future”, un balzo indietro nel futuro, insomma. Due dei leader di City Science, gli architetti Ken Larson e Ryan Chin, lo hanno dichiarato esplicitamente: “Le città che funzioneranno meglio nel futuro saranno molto simili a quelle antiche, costruite prima dell’avvento dell’automobile, con piccoli quartieri e comunità di vicinato, aree larghe al massimo uno o due chilometri di diametro ma capaci di contenere tutti i servizi che gli abitanti desiderano per la loro vita quotidiana. Perciò noi abbiamo deciso di trapiantare tecnologie avanzatissime sulla migliore forma abitativa ereditata dalla storia umana“. Il terzo millennio appartiene quindi a una “città cellulare”, ripensata su misura per l’era digitale, ma con quartieri piccoli, a dimensione umana: proprio il modello italiano rivisto e adattato. La chiave tecnologica di questa nuova forma di città, la si può intuire seguendo due dei progetti di ricerca che vedono la luce nel campus del Media Lab. Da una parte c’è il prototipo della Robo-Car che presto vedrete anche nelle strade d’Europa. È un incrocio fra una Smart, un’auto elettrica, con in più il concetto della “share-economy”, l’economia della condivisione. Piccola ma soprattutto pieghevole, questa CityCar può trasportare comodamente quattro passeggeri, ma una volta arrivata a destinazione si “auto-riduce”, si avvolge su se stessa e occupa il posto-parking di un motorino. Non è solo a emissione zero, è soprattutto un’auto nata per non avere un proprietario. Ispirata al modello ZipCar che nacque a San Francisco ed è dilagato in tutte le città americane, la CityCar prende atto che le nuove generazioni vivranno davvero in una “economia dell’accesso” come quella teorizzata da Jeremy Rifkin. Vuoi per ristrettezze di reddito, vuoi per un cambiamento di paradigmi valoriali, la “share-economy” o economia della condivisione è già una realtà di massa: molti giovani si disinteressano dell’aspetto proprietario, cio che vogliono è avere l’accesso, poter usare un bene o un servizio quando serve. I “dinosauri” affezionati alla proprietà, non si rendono conto di quanto questa sia inefficiente: il padrone di un’automobile mediamente la usa solo per il 7% del tempo disponibile. Ripensare le città del futuro, su misura per un’etica dell’accesso, ecco una delle sfide più avvincenti su cui si misurano le équipe di ricerca del Media Lab. La CityCar non è fantascienza: in Europa l’anno scorso le ferrovie tedesche (Deutsche Bahn) ne compreranno un vasto contingente da mettere a disposizione dei passeggeri in arrivo nelle loro stazioni. Il modello successivo, che sta già vedendo la luce nel campus Mit vicino a Boston, è interamente automatico, si guida da solo, è una RoboCar con software in grado di minimizzare i rischi di incidenti (compresa la “voce amica” che avvisa il pedone del suo passaggio e lo invita a traversare con precedenza). Se la casa si trasforma Il traffico urbano, e l’inquinamento connesso, è solo un tassello dei problemi da risolvere con la City Science. Un’altra sfida, che intreccia anch’essa la tecnologia con i problemi socio-economici, riguarda le abitazioni. I giovani non hanno capitali da investire nel mattone. E tuttavia amano abitare in centro. Come conciliare lo scarso patrimonio, con le esigenze di qualità della vita? Ecco nascere la transformable CityHome: un appartamento di modeste dimensioni, ma anch’esso “robotico” e pieghevole, con pareti che si adattano e si trasformano tra il giorno e la notte. Di giorno mini-uffici, di notte mini-camere da letto con salottini per la vita sociale. In quanto al verde urbano, non è solo decorativo: grazie all’agricoltura idroponica, pomodori e zucchine crescono in “borse d’acqua” sospese ed hanno qualità nutritive perfino superiori (l’ortofrutta idroponica è già in vendita a New York negli scaffali di Whole Foods, la più grande catena di ipermercati “bio”). Tutto ciò vi sembrerà molto astratto, la classica fuga in avanti degli scienziati avulsi dalla realtà sociale. E invece il Media Lab vuole restituirvi anche la sovranità. La progettazione delle nuove città a dimensione umana, è stata studiata secondo un percorso democratico, dal basso. È il modello Lego. Per davvero: al Mit hanno deciso di usare i modelli Lego per coinvolgere le popolazioni nel riassetto urbano. Il Lego è facile da usare, molti di noi ci hanno giocato da bambini, è un “linguaggio architettonico” che consente ai profani di cimentarsi con l’urbanistica, di non sentirsi esautorati da progetti che calano dall’alto. Non parliamo di élitismo: anche questo pericolo viene contrastato. Il Media Lab ha negoziato alleanze e collaborazioni con diversi governi di nazioni emergenti in Asia, Africa, America latina. Giusto: è là che stanno accadendo processi di urbanizzazione sconvolgenti, le città del futuro rischiano di essere dei mostri proprio in quei paesi. Con 50 scienziati da tutto il mondo, 140 dottorandi con borse di ricerca, e anche centinaia di studenti in corso di laurea, il Media Lab lavora a 360 gradi. Un altro dei suoi scienziati di punta, Hugh Herr, è balzato agli onori delle cronache dopo l’attentato alla maratona di Boston dove molti feriti hanno subìto amputazioni degli arti. Herr aveva perso le sue gambe in un incidente molti anni fa, è all’avanguardia nella progettazione di nuove protesi “intelligenti”, che usano un software di “interazione sensoriale” col cervello per essere sempre più simili agli arti naturali, ridurre dolori e disagi. Il Media Lab riesce a stupire anche nella persona del suo grande capo. Il successore di Negroponte è uno scienziato giapponese, Joi Ito, che nonostante il suo genio tecnologico non è mai riuscito… a laurearsi. Ito ha frequentato corsi sia alla University of Chicago che alla Tufts, ma senza mai arrivare fino in fondo. Un drop-out alla Bill Gates è un fenomeno non particolarmente raro nell’industria hi-tech, ma ai vertici di un’istituzione accademica sì. Quando c’è stata la cerimonia inaugurale dell’anno accademico (“commencement”), Ito ha preferito non partecipare: indossare la toga di ordinanza sarebbe stato scorretto, per un non laureato. Questa è l’America che ancora ha una lunghezza di vantaggio sul resto del mondo: guarda al talento, ai risultati, più che ai pezzi di carta.

Fonte: la Repubblica, Federico Rampini.

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Sara Gardoni

Blackandwhite100x60Oliosutela60x80,2006mod.pht - Copiasenza titolo,olio su tela, 50x35Sara Gardoni nasce in Osimo, una piccola cittadine nella provincia di Ancona, il 26 luglio del 1983.La passione per il disegno e la pittura l’accompagnano da sempre, è per questo che ho decide di farne una professione.

Frequenta le scuole superiori seguendo il ramo della moda, prosegue prediligendo il campo prettamente artistico, laureandosi in pittura presso l’Accademia di belle arti di Macerata.Per la tesi finale si cimenta con le nuove frontiere dell’arte, esplorando il territorio del virtuale, gran parte delle sue opere sono però oli e acrilici.Ha lavorato molto sul tema del doppio, l’uomo allo specchio, che riflette sulle tante personalità e piccole sfaccettature che formano il proprio essere, le opere che vi presentiamo riflettono infatti questo pensiero.
Metafisico, concettuale e con un tocco surreale.

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M. nasce da una corposa costola de “Il cuore nei polpacci”, serie narrativa uscita a puntate sul sito di Ultima Sigaretta. Quando Danilo Santinelli ha preso l’iniziativa di chiamare il suo vecchio amico Paolo Marasca per proporre un’avventura assieme, il tessuto sfibrato de Il cuore nei polpacci è parso il migliore sul quale lavorare: trasformarlo, condirlo, torcerlo, plasmarlo e farlo come nuovo grazie al segno artistico e in piena libertà è stata la sfida.
Ne è venuto fuori un essere autonomo, M, con alcune storie da raccontare sul filo dell’immaginazione e della follia.

 M. è un ospite. Della casa per disagiati mentali, ma anche del mondo, che legge e vede attraverso uno sguardo unico e commosso, e grazie alle instancabili gambe che lo portano ad andare. Le sue parole sono raccolte e cresciute da Silvia, educatrice della casa tanto sensibile quanto in bilico tra il curare e l’essere curata.

Paolo Marasca è nato ad Ancona nel 1967. Laureatosi in Lettere Moderne con indirizzo Storico Artistico presso la Statale di Milano, è tornato ad Ancona dove ha fondato il circolo Thermos, luogo di incontro, musica, arte, cultura e spettacolo dal 1995 al 2003. In seguito si è occupato della Biblioteca Amatori in Palazzo Benincasa. E’ autore di un romanzo (La qualità della vita, Italic, 2010) e di un secondo in uscita, di sceneggiature cinematografiche per il regista Alessandro Lentati, e collabora con i siti letterari Ultima Sigaretta e Argo. Da poche settimane è Assessore alla Cultura, al Turismo e alle Politiche Giovanili di Ancona.

Danilo Santinelli è nato a Jesi nel 1968. Laureatosi al DAMS (specializzazione in Arti Visive) presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna
Libero professionista: advertising, grafica discografica, illustrazione editoriale, pittura. Docente di Illustrazione, Percezione Visiva e Arte Contemporanea presso la Scuola Internazionale Comics di Jesi. È stato docente di Cinema, Fotografia e Televisione presso la Facoltà di Economia di Macerata.
In ambito editoriale ha pubblicato per: Il Manifesto, Diario della Settimana, Gruppo Hachette Rusconi, Cleup Editore, Helbling Languages Editore, Edizioni Pequod, Tre Sei Scuola Editore, Vanni Editore, Gruppo Editoriale Marche, Bonanno Editore.

 

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