Corte: creatività e professionalità si combinano

Benvenuti a CORTE.
Corte è un luogo di contaminazione professionale,
una famiglia allargata di esperti in ambiti diversi
che intrecciano la propria vita lavorativa
tra le stesse alte mura. E’ lo spazio chiuso e al contempo aperto dove a volte, al calar della sera, molti altri accorrono a respirare musica, arti visive, design e architettura,
così da riconoscersi e stringere alleanze.

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Corte è un Co-working “elettivo” nato con l’intento di unire il mondo professionale
e quello culturale mantenendo in entrambi un profilo basato sulle affinità
dei suoi frequentatori: come la passione per le arti, per l’architettura, per la ricerca
e per la comunicazione. L’ambiente di lavoro di questa realtà innovativa si rifà agli schemi propri del lavoro di gruppo, al fine di condensare creatività e competenze multidisciplinari. Realtà autonome e indipendenti, dallo studio di architettura all’agenzia di design
fino al freelance della creatività o della comunicazione, entrano a Corte per condividere non solo un luogo di lavoro ma un modo di intenderlo.

Un modo co-operativo che vede nella contaminazione delle reciproche competenze
un acceleratore spontaneo delle potenzialità di business. L’obiettivo è quello di costruire negli anni un’agenzia ibrida, iperspecializzata e policentrica, che sappia garantire
la massima qualità su progetti sempre più circolari. Per questo si può essere ammessi
a Corte soltanto se si possiedono i giusti requisiti. A tal proposito, un mix di un CV altamente qualificato e la spontaneità dei rapporti personali costituirebbe il profilo
di un candidato ideale.

A Corte si può collaborare secondo livelli e criteri di partecipazione ben definiti.
La posizione di Ramingo consente l’accesso gratuito a Corte, l’utilizzo della rete wireless per un tempo limitato e la possibilità di avere contatti professionali con gli altri membri presenti in sede. L’Avventore, invece, possiede una card contenente un monte ore
di servizi consumabile in vari modi: dall’utilizzo della sala riunioni a quello della postazione lavoro. Concordando tempi e modalità, è possibile ricevere a Corte i propri clienti.
L’Alleato dà diritto a una postazione sempre garantita, che può essere spostata
per esigenze interne, mentre l’uso della sala riunioni e degli strumenti è limitato
a un pacchetto di ore complessivo. Infine, il Consigliere è una postazione fissa,
con la disponibilità illimitata di sala riunioni e strumenti, l’opportunità di partecipare
alle riunioni del Consiglio di Corte, parti dedicate di server, una libreria e un portfolio web comune, tutti ingredienti che si esprimono nell’impegno a una co-operazione attiva.

Proclama 2014

EVENTI E MOSTRE
A Corte ci s’incontra. Di tanto in tanto, dopo il lavoro o nei week-end. In quelle occasioni
le porte si aprono a chiunque abbia voglia di condividere alcuni interessi comuni.
Gli stessi per cui ci si riconosce dalla stessa parte, quelli per cui ci si sceglie.
L’arte, la fotografia, il design, l’innovazione e l’architettura: sono queste le affinità elettive dei frequentatori di Corte. E oltre alle semplici serate, come presentazioni
o vernissage, Corte ospita mostre e installazioni che vanno ben oltre
i confini del singolo evento.

LABORATORI E WORKSHOP
A Corte s’impara. Soprattutto gli uni dagli altri. Le tante diverse professionalità che qui operano mettono a disposizione il loro specifico know how organizzando periodicamente laboratori e workshop teorici o pratici su argomenti inerenti al mondo delle arti visive,
del design, della comunicazione e dell’architettura. Così, non solo la conoscenza viene condivisa ma anche le sinergie possibili ne escono moltiplicate. E tutte le iniziative
di formazione sono aperte a studenti e relatori esterni.
Perché lo spirito di Corte può essere di tutti.

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IL CONTEST NUOVI MONDI
L’obiettivo del contest è individuare progetti innovativi coni quali disegnare
la mappa dei Nuovi Mondi.
Dal 23 giugno al 23 settembre ai partecipanti viene richiesto di esprimere
la propria percezione dei Nuovi Mondi, attraverso la reinterpretazione di un luogo reale
o la creazione di uno immaginario.
Il nuovo mondo può essere un progetto video, di architettura, di fotografia, scientifico
o sociale, un’illustrazione, un’opera di digital art, un oggetto di design,
un’installazione audio-video o un testo.
Lo scopo del contest consiste nella ricerca di una innovazione, che dovrebbe recare insiti concetti come potere visionario, interdisciplinarietà, sperimentazione, tecnica e spirito critico insieme alla capacità di stabilire connessioni partendo dalla creatività.

I Nuovi Mondi sono organismi in divenire, microcosmi in cui forze propulsive di nature diverse catalizzano energie e attivano inaspettate trasformazioni. Mondi immaginari,
dove le idee sono libere di ruotare attorno a ogni polo, contaminando altra vita e nuove intuizioni. Nuovi Mondi come nuove visioni, nuovi paesaggi, nuovi colori, nuovi materiali. Universi di parole, numeri, linee, forme. Spazi fisici e virtuali, stratificati e multiculturali, dove le frontiere vengono superate e sono possibili nuovi meccanismi di interazione. Territori d’esplorazione dell’immaginifico, spazi utopici eppure possibili.
La competizione è aperta a tutti, senza limiti di età, nazionalità, qualifica o curriculum nonché a tutti gli ambiti creativi: arte, illustrazione, design, architettura, scenografia, illustrazione e animazione, digital art, installazioni audiovisive, moda, video art, fotografia, scrittura e poesia, tecnologia.
Nuovi Mondi mira così a promuovere e valorizzare l’innovazione nata dalla contaminazione tra new media e ambiti artistici. L’obiettivo del contest è individuare progetti innovativi
di creativi italiani e stranieri con i quali disegnare la mappa ideale dei Nuovi Mondi, attraverso la selezione di dieci proposte finaliste e una proposta vincitrice.
Il contest prevede l’allestimento di un’esposizione collettiva a Corte per le dieci proposte finaliste. Tra queste verrà scelta la proposta vincitrice, un progetto innovativo
che otterrà una mostra personale.
Corte si occuperà della gestione comunicativa e promozionale delle opere finaliste
e di quella vincitrice: redazione e pubblicazione del catalogo, ufficio stampa, documentazione grafica e video degli eventi.

CORTE

Nuovi Mondi Contest

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Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la H del Times.

H-Times

H/Times
Nato per mano di Stanley Morison che nel 1929 è consulente del quotidiano “Times”, per il quale è sorta l’esigenza di progettare un nuovo carattere tipografico per l’intero giornale, che tenga conto della specificità del quotidiano.
Morison comincia a lavorare sul Baskerville ed altri font graziati, individuando
infine come punto di partenza il Plantin, carattere discentende dal Garamond,
sul quale esegue gli studi. In seguito il progetto viene passato per la fase esecutiva
a Victor Lardent, dell’ufficio grafico del “Times”.
Il 3 Ottobre del 1932 “The Times” esce interamente composto nel nuovo carattere
che verrà chiamato Times New Roman. Avrà fortuna immensa, per tutti gli usi.
La base cinquecentesca è quasi irriconoscibile: le lettere sono più piene, i tratti scendenti e discendenti più corti, lo spessore più marcato e le grazie più regolari
e uniformi. Ne risulta un carattere molto economico, che permette
un’ottima leggibilità in corpi piccoli.

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Il Diciannovesimo Autunno

Un romanzo di Tina Rober

A volte restiamo sospesi talmente in alto che se non arriva qualcosa o qualcuno disposto a sorreggerci, il rischio che si corre è quello di procurarsi molto dolore…

copertinatinaOttobre 2011
Alla fine sono ritornata, lo sapevo. Ogni volta mi dico che è l’ultima, ma poi ci ricasco:
è più forte di me. Mai avrei potuto immaginare quale motivo mi avrebbe ricondotto qui
ogni anno e, francamente, sarebbe stato meglio fosse un altro, ma l’eterno conflitto
tra sogni e realtà ha travolto anche me.
Quanto mi piaceva questa città! Ci ho vissuto per quasi trenta anni, e la ragione
che mi costringe a tornare è addirittura più assurda del motivo che mi ha obbligato
a fuggire: sto cercando una risposta.
Non è un caso se ogni anno decido di tornare nella mia vecchia e maltrattata città.
So che quella risposta è qui, e credo anche di sapere dove, pur tuttavia continuo a fallire, inesorabilmente. Ed ogni anno non faccio che compiere il solito cerimoniale,
un rito così privo di significato, ma talmente indispensabile per me da non potervi rinunciare.
Oggi, sono esattamente diciannove anni che continuo a ripeterlo, e dopo tutto
questo tempo non saprei dire cosa sia più doloroso: sapere che quella stessa vita felice che credevo di avere in pugno non tornerà mai più, o dover ammettere
che quella risposta non esiste.
(Tratto dal capitolo 1)

“Vuoi essere mia amica?”
La seconda ed altrettanto inaspettata richiesta m’intenerì, e si conquistò
un delicato sorriso. Mentre gli sguardi s’incontravano, iniziammo a dirci le nostre cose
più segrete senza il bisogno di parole. Nella percezione del momento i pensieri
fecero conoscenza e le nostre solitudini si riconobbero come simili.
Sentii improvvisa ed urgente la necessità d’interrompere quella silenziosa comunicazione, capace di portare alla superficie ciò che da tempo stavo tenendo a bada: l’emozione. Bastò abbassare lo sguardo per fermare un risveglio pericoloso, inconsapevole del fatto che tutto ciò che era solo addormentato, prima o poi, avrebbe aperto di nuovo gli occhi.
“Ci penserò” fu la risposta, e nell’incapacità di farlo non aggiunsi altro e me ne andai.
(Tratto dal capitolo 6)

Il lato tenue di un’indole infantile, mi fece sentire scioccamente tale: una principessa che, dopo aver sconfitto tutti gli orchi sulla terra, si godeva il sospirato lieto fine vagando felice, nel mare del mondo, col suo bel prode cavaliere. Se avessi potuto anche solo immaginare che la mia favola non era ancora finita, con l’autorità conferitami dal cielo, avrei impartito ordine ai vassalli di gettare l’ancora o di procedere verso itinerari sconosciuti,
pur di non fare ritorno verso riva. La battaglia che ignoravo ma che ordiva su di noi,
seppe rivelare i punti deboli della mia armata, né gli scudi furono abbastanza forti
da proteggerci dal male. Dopo il risveglio da un secolare letargo, un mostro spietato cominciò il suo accerchiamento fino a farci cadere nella sua trappola.
E se solo non avessi ripudiato il mio istinto riconducendolo costantemente alla ragione,
forse avrei visto il mio regno risplendere.
Ma l’ovvio era così palese che, addirittura, mi accecò la vista.
(Tratto dal capitolo 53)

Sopravvissuta ad un terribile incidente stradale nel quale suo padre ha perso la vita, benché non responsabile dell’accaduto, vive da allora di sensi di colpa e di notti
piene di incubi. Sono passati otto anni da allora e per Teresa le giornate scorrono immobili, senza più lacrime, senza più sorrisi, fino a quando non incontra Giovanni,
appena un bambino, affetto da una forma aggressiva di leucemia.
In un momento le loro anime si riconoscono offrendo a entrambe un rifugio sicuro
dai tormenti e un po’ di meritata tregua. Grazie a Giovanni, figlio di un padre alcolizzato
e violento, e di una madre incapace di ribellarsi all’orrore, per Teresa incredibilmente arriverà l’amore. Ma il destino, dopo averle permesso di riaprire le porte del cuore,
è pronto a riservarle nuove terribili prove, in una escalation di emozioni sempre più intense.

Il Diciannovesimo Autunno è insieme un romanzo e un viaggio emozionale
che tocca le tappe fondamentali del comportamento umano. Amore, amicizia,
senso di colpa, perdono, e la presenza della malattia, insieme all’incapacità umana
di porvi rimedio. Non mancherà la violenza su quel corpo, troppo spesso indifeso
di una donna, fino all’arrivo della rovinosa follia omicida, connaturata nell’uomo da tempi immemori che porterà la narrazione al suo totale paradosso.

Quello di Tina Rober è un libro di sentimenti forti, intriso di amore, dolore, paura
e violenza. È un viaggio raccontato nei suoi aspetti più crudi e tormentati che sfocerà
in una inusuale e contraddittoria conclusione.

Chi è Tina Rober?
Tina,  anconetana e di segno sagittario è poco più che quarantenne.
Le piace leggere, scrivere e passeggiare. Per farla felice basta poco: del buon cibo,
un buon vino e quattro chiacchiere. Divide il suo appartamento con Leo, il gatto,
Rio e Lola, una coppia di inseparabili, ed un acquario pieno di pesci.
Per ognuno di loro, pesci compresi, c’è una storia da raccontare.
Tina è sempre stata attratta dal comportamento umano, tanto da essersi iscritta alla facoltà di Psicologia presso l’Università degli studi di Urbino. A soli due esami dalla laurea,
con la tesi già richiesta e incentrata su Salvatore Ottolenghi, il precursore della medicina legale in Italia, alcune circostanze le hanno impedito di terminare gli studi. Questo, tuttavia, non ha fermato la sua curiosità, ma più continua a studiare il comportamento umano,
di cui sono pieni anche i suoi scritti, e meno riesce a comprenderlo. Non a caso,
una domanda alla quale non ha saputo rispondere è stata: “E’ grazie a questa
sua conoscenza sul carattere dell’uomo che ha preferito circondarsi di animali?”
Ci sta ancora pensando…

tinarober@libero.it

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Luigi Sauro – Baci

“Sono un rittrattista perchè ritengo che i rapporti umani siano fondamentali.
Riesco a dare il meglio della mia forza comunicativa attraverso
lo strumento fotografico, metto a nudo le emozioni.”

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Luigi Sauro è un giovane e creativo fotografo di Ancona, dove opera nel suo studio fotografico.È specializzato in servizi fotografici matrimoniali; associato all’esclusiva Wedding Photojournalist Association, l’organizzazione che unisce
e riconosce i più bravi fotografi matrimonialisti di tutto il mondo. Matrimoni e non solo; importante il lavoro realizzato per AnconAmbiente, unico nel suo genere.

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“Mole” – Francesco Scarabicchi

di Francesco Scarabicchi
tratto da nostro lunedì
n° 2 forme – prima serie

parte 1 di 2

‘Vegliate con occhio vigile su un vecchio edificio, conservatelo facendo del vostro meglio e con tutti i mezzi, salvatelo da qualsiasi causa di sgretolamento. Contatene le pietre come fareste per i gioielli di una corona, metteteci dei guardiani come ne mettereste alle porte di una città prigioniera; legatelo con del ferro, quando si disgrega, sostenetelo con delle travi quando si sprofonda, non vi preoccupate della bruttezza del soccorso che gli portate; val meglio zoppicare che perdere una gamba. Fatelo con tenerezza, rispetto, vigilanza incessante, e più di una generazione nascerà e scomparirà all’ombra dei suoi muri.’

John Ruskin, Le sette lampade dell’architettura

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La somma instancabile munificenza della Santità di N.S. Papa Clemente XII, avendo dichiarato Porto franco questo porto d’Ancona, e volendo inoltre accrescere il vantaggio con la nuova erezione di un lazzaretto sporco per il comodo di un Commercio, e delle mercanzie, che vengono giornalmente trasportate dalle molte Navi, e Bastimenti, che da varie parti giungono in questo Porto; si compiacque però la Santità di N.S. di dare al virtuoso Architetto Sig. Luigi Vanvitelli la commissione d’ideare la Pianta di d. Lazzaretto; come infatti eseguì fino da giugno passato’. Così si legge in quel lavoro davvero indispensabile che è Il Lazzaretto di Ancona, un’opera dimenticata a firma di Carlo Mezzetti, Giorgio Bucciarelli e Fausto Pugnaloni. Il brano citato proviene

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dal ‘Diario Ordinario n.2502 in data delli 15 Agosto 1733’ stampato a Roma dal Chracas e propone, più avanti, una sintetica scheda di quello che la Mole dovrà essere: ‘Viene formata questa in figura pentagona, circondata da lunga cortina di simile figura per il comodo passaggio della Ronda, e divisa da lungo spazio, che renderà isolata in tutta la sua estensione la fabbrica de’ magazzeni, ciascuno dè quali averà la divisione, che lo distinguerà dall’altro: Sorgerà poi nel centro d’un ampio cortile pentagono, circondato, e racchiuso dalle abitazioni, una Cappella grande, le di cui fondamenta conterranno una ampia conserva d’acqua, da cui saranno provvedute cinque cisterne minori, che si apriranno negli angoli interiori dell’istesso cortile, all’interno del quale si eriggerà un loggiato aperto, lungo il quale si apriranno gl’additi alle abitazioni, ed a’ magazzeni, che resteranno a quelle superiori con le fenestre dell’ultimo piano riguardanti il cortile, tanto che, tanto questi, come quelle riguarderanno la Cappella come centro de’ i poligoni, e potrassi udire la Messa senza scostarsene’. La posa della prima pietra avviene, a lavori già iniziati, il 26 luglio del 1733, alle ore 22 e il ‘lemocomium mercibus ac navigantibus expiciendis’ (lazzaretto e magazzeno per la quarantena in modo da garantire l’immunità da epidemie che persone e merci avrebbero potuto portare proveniendo da luoghi sospetti o infetti) verrà completato nel 1743, tre anni dopo la morte di Clemente XII.

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A guardarla, quell’isola congiunta da due ponti ai moli dirimpetto (‘Giace la mole isolata fra il mare…’ scriveva il Ricci nel 1834), si coglie, nella perfezione geometrica della struttura, quel senso di solidità armonica che sposa l’idea della cittadella tardo-rinascimentale alle altre funzionalità (sanitarie, militari, mercantili) che implicano una idea di storia urbana e di architettura pensate nella lucida intelligenza di uno sguardo integrale: ‘[…] la mole segna la conclusione geografica della forma e dell’espansione urbana pertinenti alla città-porto e alla città commerciale, conclusione geografica della forma urbana consona alla forma geografica […]’ (Fausto Pugnaloni). Nel tempo, l’isola sarà anche (anni Ottantache viene svolto dal Fondo Mole Vanvitelliana (allo scopo di favorire la gestione degli spazi disponibili per un catalogo di programmi che ne facciano, in breve tempo, la sede più rappresentativa della città togliendo Ancona dal novero delle impossibilità permanenti).
‘Traiano. Ai confini dell’Impero’ del 1998 e ‘Libri di pietra.

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Cosmogonia

Videoinstallazione con proiezione di immagini allegoriche sulla volta della cupola
del ricostruito Teatro Petruzzelli prima della esecuzione della 9^ Sinfonia di Beethoven. Ideazione e regia di Gianfranco Iannuzzi e Massimiliano Siccardi,
la colonna sonora è di Marco Melia.

 

Gianfranco Iannuzzi è un artista e direttore multimediale. Nativo di Venezia, ha studiato sociologia e fotografia. La sua creazione artistica si basa su immagini, suoni e luci
usate come mezzi di comunicazione sensoriale. Gianfranco adatta e riporta la cultura
e l’arte a diverse tipologie di luoghi e spazi, sia indoors che outdoors,
nei quali egli crea sempre un’installazione che si fonde temporaneamente con lo spazio, trasformandolo e tirando fuori il meglio di sé. Le sue installazioni in Francia e in Europa sono state viste da centinaia di migliaia di visitatori.
Per più di venti anni, oltre alla sua attività di artista e consulente tecnico,
ha creato molte mostre per la Cathédrale d’Images nelle cave di Baux de Provence
con una superficie d’esposizione di 3000 metri quadri.
Dal 2011, Culturespaces gli ha chiesto di creare nuove mostre per le Carriéres
des Lumieres, incaricandolo del concepimento di una nuova installazione tecnica
volta ad integrare 80 video-esposizioni e un nuovo sistema di suoni e luci.
Gianfranco lavora anche in altre parti d’Europa e concepisce progetti
a livello internazionale per investire nuovi spazi con le sue creazioni artistiche.
In Giappone, dove lo rappresenta Yoshihiro Arakane, occupa spazi
che sono stati costruiti esclusivamente per accogliere i suoi ultimi lavori.

 

Massimiliano Siccardi è un videoartista, fotografo, coreografo e regista teatrale.
Formatosi alla London School of Contemporary Dance di Londra,
nel 1990 si allontana temporaneamente dalla sua esperienza come danzatore per iniziare un percorso nel mondo della videoarte con collaborazioni internazionali.

Gianfranco Iannuzzi Web Site

Masimiliano Siccardi YouTube Channel

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Filosofia del contemporaneo: Popsophia

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Da mercoledì 2 luglio a domenica 6 luglio il festival Popsophia sta trasformando Pesaro
in un laboratorio creativo della cultura contemporanea con mostre, spettacoli, dibattiti
e performance. Popsophia è l’appuntamento nazionale di un’avanguardia culturale nuova,
chiamata pop-filosofia che, a prescindere dagli stili grafici e testuali molto visionari,
ha uno scopo molto chiaro e ambizioso che è possibile sintetizzare con questa formula:
la filosofia indaga il Pop e il Pop racconta la filosofia.
Attraverso la voce di filosofi, artisti e giornalisti, in una guerra senza quartiere
alla gerarchia culturale, la filosofia si contamina con le forme “pop” della musica,
del cinema, della fiction, dello sport, della televisione, dei social media.

Il tema di questa quarta edizione è un ossimoro: “Nostalgia del presente”.
Il titolo della poesia di Borges diviene così una metafora del sentire nostalgico e condensa le ossessioni di una vita ammalata di nostalgia che si apre a contraddittorie interpretazioni. Le esperienze della società di massa alimentano e producono il sentire nostalgico
e la contemporaneità prova un’inestinguibile nostalgia per il suo sfuggente presente.

La “Nostalgia del presente” viene declinata dai maggiori protagonisti italiani e stranieri
del pensiero critico. Fra gli ospiti del festival vi figurano: Umberto Curi,
Laurent de Sutter, Diego Fusaro, Enrico Ghezzi, Giulio Giorello,
Giacomo Marramao, Luca Mastrantonio, Salvatore Natoli, Paolo Pagliaro, Massimo Recalcati, Simone RegazzoniPeter Szendy e Nicla Vassallo.

L’evento si sviluppa in 13 rassegne, 90 ospiti, 65 appuntamenti, 12 concerti
e 8 mostre
tenute insieme da un sentimento di nostalgia di un presente che offre
fin troppe interpretazioni e sfaccettature della società che condividiamo e comunichiamo.

A far da cornice all’evento è la suggestiva Rocca Costanza, costruita da Costanzo Sforza fra il 1474 e il 1483, su progetto di Luciano Laurana. Questa antica fortezza incarna
il concetto rinascimentale di tensione alla perfezione geometrica. La Rocca di Pesaro,
con le sue raffinate simmetrie e sezioni auree, è una vera e propria sfida filosofica,
luogo ideale per la battaglia culturale della Popsophia.

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L’appuntamento è originale ed inedito sul piano delle idee, per tale motivo è stato insignito dalla medaglia del capo dello Stato Giorgio Napolitano per “la qualità del programma culturale della manifestazione”, riscuotendo inoltre critiche positive da tutta la stampa nazionale. In questi tre anni il Festival del Contemporaneo ha schierato oltre 500 ospiti tra intellettuali, giornalisti, musicisti e personaggi dello spettacolo, coinvolti in 300 eventi originali, prodotti in esclusiva per Popsophia, nei quali il pensiero critico europeo
si è interrogato sulla contemporaneità, dall’economia al cortometraggio, dalla pornografia al diritto, dalle serie tv ai classici dell’animazione.
Il festival sta riscuotendo un consistente successo anche dal punto di vista turistico,
infatti secondo i dati della ricerca IIRIS, su un campione di 1000 spettatori, le tre edizioni del Festival del Contemporaneo hanno collezionato oltre 150.000 spettatori di cui il 30% proveniente da altre regioni.

Ecco svelato il vero volto di Popsophia: Programma

Popsophia – Filosofia del Contemporaneo

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L’economia a Km 0 #EmporioAe

L’Emporio Ae di Fano è un negozio specializzato nella vendita di prodotti di aziende agricole locali, una realtà di “altra Economia” che promuove relazioni dirette fra piccoli produttori e consumatori, filiere corte e chilometro zero.
Le aziende partner dell’Emporio Ae sono accomunate dall’utilizzo di materie prime locali, che non hanno subito trattamenti chimici e che adottano sistemi di produzione
che non alterano la naturalità dei prodotti.

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L’idea commerciale su cui si fonda questa piccola realtà è tutta incentrata sul concetto
di una filiera produttiva e distributiva trasparente, che conduca direttamente
a chi produce con passione ciò che mangiamo e che quotidianamente usiamo
per cucinare, invitando i consumatori verso un consumo responsabile.
Una funzione molto importante dell’Emporio consiste nel suscitare attenzione e cura
per il proprio territorio, in modo da spingere e incrementare l’economia locale,
preservando i piccoli agricoltori e artigiani dal grande mercato che al contrario
ne schiaccia la ricchezza e le peculiarità.

All’interno di questa realtà vi compaiono imprese, aziende, cooperative, associazioni
della Provincia di Pesaro e Urbino e provincie limitrofe, che stanno costruendo dal basso un’economia con al centro le relazioni e le persone, un’equa ripartizione delle risorse,
il rispetto dell’ambiente naturale e l’arricchimento di quello sociale.
Nella pratica l’Emporio Ae funge da esempio per la decantata cultura della sostenibilità
e del consumo consapevole, la quale troppo spesso si attua solo in parole o slogan retorici, ma non in fatti concreti.

Le aziende collaboratrici hanno anche l’interesse comune di voler diffondere un modello
di economia solidale che mira al bene comune, alla solidarietà e alla salvaguardia
della salute delle persone e dell’ambiente.
Il negozio/galleria è quindi non solo un punto vendita, ma un luogo in cui è anche possibile informarsi e conoscere direttamente i produttori dei beni che si possono acquistare.

La sensibilità verso un commercio equo e solidale si comprende
qualora il consumatore compia un acquisto in maniera ponderata, ponendosi
tutte le domande racchiuse dentro ogni prodotto, interrogandosi sulle logiche produttive delle materie prime e soprattutto di chi le lavora, solidarizzando quindi con chi è
più lontano all’interno del ciclo di vita dei prodotti. Affinchè questo avvenga, l’alternativa economica dell’Emporio Ae ha incorporato il concetto di solidarietà verso il sud
del mondo attraverso il commercio equo e solidale e i progetti etici.

Nell’attuale processo di mercificazione che coinvolge anche i piccoli scenari rurali,
la piccola realtà imprenditoriale fanese crede fortemente che l’agricoltura e all’allevamento biologici e biodinamici siano l’espressione dell’amore per la Terra e dell’attenzione all’ambiente. In questo modo, i metodi d’interazione tra uomo e natura si attuano rispettando i cicli spontanei e salvaguardando la salute di entrambi.

In questo senso, l’Emporio Ae si pone come un produttore culturale di sostenibilità sociale ed ambientale, volto al risparmio, al riutilizzo e al consumo consapevole; un luogo
di diffusione di saperi e conoscenza, di ricerca e sperimentazione, di valorizzazione
delle diversità, di confronto ed accoglienza tramite la cooperazione sociale.
Per tutti questi motivi l’Emporio lavora per il bene della collettività, credendo nelle risorse
di ogni uomo e in quelle della comunità per portare avanti progetti di lavoro che diano
a chi è in difficoltà la possibilità di reinserirsi serenamente nella società per ottenere
un piccolo, ma significativo, miglioramento del benessere collettivo.

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Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la G del Futura.

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G/Futura
Il Futura del grafico tipografo Paul Renner è un carattere che proviene,
se pur indirettamente, dal Bauhaus la celebre scuola artistica tedesca nata nel 1919, punto di riferimento per tutti i movimenti di innovazione dell’ epoca nel campo
del design e dell’architettura legati al razionalismo e al funzionalismo.
Renner, che insegna allora in una scuola di Francoforte, vede i disegni dell’ alfabeto
che un suo studente ha preparato per l’insegna della cappelleria del padre.
Questo studente, Ferdinand Kramer, aveva frequentato per un semestre il Bauhaus
nel 1919 assorbendone gli insegnamenti fondamentali e Renner rimane colpito dall’equilibrio compositivo del suo alfabeto e ne fa un redesign pressoché identico.
Kramer aveva però disegnato solo l’alfabeto minuscolo e Renner deve così progettare
il maiuscolo, un lavoro complesso che gli richiede diverse prove per ottenere lettere che siano facilmente leggibili ma che alla fine riesce a raggiungere un buon compromesso. Questo carattere avrà un grande successo, Renner stesso
lo presenterà nel 1933 alla V Triennale di Milano, dove verrà assunto come modello
di base per l’autorappresentazione del regime fascista.

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Lorenzo Vargas – L’eroe delle ere

Parte 4 di 4

Il volto statuario dell’eroe Haddo era macchiato dalla malinconia. I folti baffi biondi puntati verso il basso e gli occhi azzurri deformati in una mandorla di delusione. Il Re:
-Ma come faremo se tornerà il grande Male? Chi ci difenderà?
-Avete un grande esercito, mio Sire. Un regno immenso, capace di affrontare i vivi
ed i morti. Come le ho già detto ormai sono vecchio.
-Ma…
-La scongiuro, mio sire…
Negli occhi dell’eroe Haddo scintillava la supplica. Lui non era come gli altri eroi.
Gli altri morivano giovani, perivano nel tentativo, diventavano Re a loro volta,
ma Haddo era stato diverso.
Aveva condotto la propria battaglia con determinazione, ma senza entusiasmo,
era sopravvissuto all’orribile battaglia col Mogul e si era ritirato insieme alla sua sposa in un castello di campagna. Aveva scoperto di amare la tranquillità molto più della morte e della guerra in cui era cresciuto sotto il dominio dell’avversario, realizzando così di essere un eroe a metà, solo nelle gesta e non anche nel cuore. Con la morte
di Edda, poi, anche la pace conquistata non gli pareva avere più senso.
Aveva tentato di uccidersi, ma la spada magica (che non poteva abbandonare)
lo aveva sempre protetto. Quando infine le voci di un ritorno del Male si erano fatte concrete aveva preso la sua decisione.
Alla sua età non sarebbe sopravvissuto ad un’altra guerra, non avrebbe potuto dormire con i terribili incubi che il Mogul gli aveva inchiodato nell’anima e soprattutto
non desiderava morire nelle fetide segrete di un qualche tetro castello nelle paludi.
Voleva abbandonare quel mondo rugoso ed incurante. Con il fato di nessuno
sulle spalle se non sé stesso. Che la sua ultima, titanica battaglia, fosse contro
un infarto. Non gli importava più.
-… ci sarà sempre un eroe, mio Re. Se il Male tornerà, avrà forti braccia
per affrontarlo. Ma non le mie.
L’eroe Haddo abbandonò la sala nel silenzio.
-E cosa ne sarà di noi, mio Oscuro Signore? Senza qualcuno che ci guidi, cosa faremo?
Per una pura questione di abitudine Morgoth si lasciò andare sul trono e guardò
il popolo del Male, che in realtà era lui stesso. Probabilmente, lontano, qualche prode giovanotto si stava già mobilitando per acquisire qualche straordinario manufatto magico, qualora quel povero, misero Haddo non fosse ancora in vita
per essere sfruttato dal proprio Re un’ultima volta.
Ne ricordò gli occhi tristi nel tempo lontano. Haddo mancava dell’ottusità di tutti gli altri Eroi, che avevano combattuto nei secoli una lotta mai del tutto compresa.
Lo rispettò per questo.
-Sparirete tutti, miei figli. Forse svanirà anche la maledizione che tiene in vita te, ripugnante Bestemmia. Ho disobbedito a lungo al Primo Divieto e combattuto abbastanza a lungo per la nera causa. E’ ora di sorprendere tutti
con un ultimo atto inaspettato!
Ridacchiò tra sé e lo fece con la voce dell’uomo che era stato e non del flagello
dai mille nomi con cui aveva attraversato le ere.
Prese in mano il pendente che in ogni sua reincarnazione aveva portato al collo
e lo spezzò con le sottili dita artigliate. Ne scaturì solo un sottile fumo nero.
-Obbedisco. Continua a leggere