“Parlare delle mie carte è pretendere un distacco emotivo-intellettuale e un trasferimento da un linguaggio a me più proprio (quello dell’opera) ad un altro più estraneo,
quello verbale, con l’inquietudine e il disagio, sempre di travisare i contenuti
e le motivazioni del mio lavoro. Questo, per onestà; il resto, se può agevolare
una lettura dell’opera.
Il concetto di struttura-spazio-luce si muove nell’ambito di una ricerca razionale analitica
in cui tendo a ridurre sempre più i mezzi e i modi operativi in una rigorosa ed esigente meditazione. Il mezzo: la carta; anzi un cartoncino scelto per la sua morbidezza e docilità al tatto, e per il suo candore (luce) incontaminato da ogni intervento esterno di colore, capace di rimandarmi a emozioni di purezza, di contemplazione quieta e chiarificante.
Su questa superficie traccio, con una lama, un’incisione secondo linee geometriche, progettuali (proiezioni, ribaltamenti di piani); quindi intervengo con la piegatura manuale delicata, attenta, che crea un rilievo sottile, capace di coinvolgere lo spazio, strutturarlo
e renderlo percettibile. La superficie vibra di una struttura-luce che non ottengo con effetti di chiaroscuro dipinto, ma con l’incidenza della luce (radente) sul mezzo stesso, la carta incisa e piegata, in cui mi oppongo rigorosamente alla tentazione di un arricchimento dell’opera. Inoltre, le superfici mutano, variano secondo i punti di vista e l’incidenza
della luce; ne deriva una spazialità dialettica che coinvolge lo spettatore in una serie
di rapporti dinamici, permettendogli una riappropriazione creativa dello spazio circostante. Le mie carte pretendono una lettura non superficiale, ma attenta e prolungata;
il loro discorso non è immediatamente percepibile e hanno bisogno di un lettore disponibile per mediare contenuti, motivazioni e stimoli di ricerca.”
Firenze, Gennaio 1975. Autopresentazione, Ed. Galleria Indiano Grafica
Paolo Gubinelli nasce nel 1945 a Matelica,in provincia di Macerata.
Vive e lavora a Firenze. Si diploma presso l’Istituto d’arte di Macerata, nella sezione pittura, continua gli studi a Milano, Roma e Firenze come grafico pubblicitario, designer
e progettista in architettura. Da giovanissimo scopre l’importanza del concetto spaziale
di Lucio Fontana che determina un orientamento costante nella sua ricerca: conosce
e stabilisce un’intesa di idee con gli artisti e architetti: Giovanni Michelucci,
Bruno Munari, Ugo La Pietra, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Umberto Peschi, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Emilio Scanavino, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, Zoren. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Le sue opere sono esposte in permanenza nei maggiori musei in italia e all’estero.
Nel 2011 viene ospitato alla 54° Biennale di Venezia, nel Padiglione Italia,
presso L’Arsenale invitato da Vittorio Sgarbi e scelto da Tonino Guerra.
Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche
su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse
per la “carta”, sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica:
in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.
In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco, la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell’ambiente in progressione
ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni
ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.
Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l’uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale.
Oggi questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati
acquistando una più intima densità di significati.
Ha eseguito opere su carta, libri d’artista, su tela, ceramica, vetro con segni incisi
e in rilievo in uno spazio lirico-poetico.
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