Talenti 2.0 – Behance Portfolio

A Pescara il 9 e 10 novembre si parla di “connessioni creative”
alla 
Fabbrica delle Idee – sede dell’Aurum

StampaBehance, la piattaforma on line più importante al mondo
su cui ogni giorno si incontrano 8 milioni di creativi,
ha organizzato a Pescara una due giorni di eventi alla scoperta di nuovi talenti.

L’appuntamento con “Behance Portfolio Reviews Pescara“,
patrocinato dal Comune di Pescara in collaborazione con il Festival delle Letterature,
sarà ospitato all’Aurum il 9 e il 10 novembre.
La due giorni sara’ l’occasione per i tanti talenti presenti sul territorio di incontrarsi, confrontarsi e sfidarsi in un concorso per il quale Adobe, azienda leader globale
per quanto riguarda il marketing digitale e le soluzioni per contenuti multimediali digitali,
ha messo in palio un anno di licenza gratuita per Adobe Creative Cloud.
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Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori,
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la W del Thaoma.
W

W/Thaoma
Tahoma
è un carattere humanist sans-serif disegnato da Matthew Carter
per la Microsoft Corporation nel 1994, la prima distribuzione, insieme con il Verdana,
fu all’interno di Windows 95.

Tahoma è molto simile al Verdana ma con un corpo più stretto, un contrasto meno accentuato, minor spazio tra le lettere e un set di caratteri Unicode più completo.
Tahoma è il carattere di default per Windows 2000, Windows XP e Windows Server 2003 ed è anche usato nel SEGA Dreamcast.
Essendo presente nella libreria di caratteri predefinita sia dei Pc che dei Mac
questo carattere è spesso usato come alternativa all’Arial.

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La stretta Via – Gabriele Via

La stretta Via

non sporcare la tua distanza cara
qui col nettare del fiore del male
ma poi che avrai esercitato in silenzio
demolite strutture percepite

abita l’analoga casa del medesimo
tanto vicino a collassi di guerra
come alle sparizioni improvvise
essendo questo luminoso vedere

che d’ora in poi attende come stella
una lacrima versata di vita
lo puoi ben vedere: basta davvero

prega perché questo sia così com’è
la mia fortuna è stata capir
di non assomigliare alla dolcezza

Tratto da Una disordinata bellezza

foto Gabo per libro

Gabriele Via è un poeta, filosofo, performer e fotografo. Ricerca l’essere, col fare: drammatico, pratico e poetico. Cammina: due volte dalla Francia a Capo Finisterre
lungo il cammino di Santiago. Studia filosofia, teologia, natura e umanità.
Cucina, suona, plasma l’argilla e apprende i nomi delle cose.

 

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Le opere di Marco Puca

ritrovo 2014
Ritrovo; 2014

Lascio le tracce,le orme,i contorni di una storia non ancora raccontata.
Al di la’ di ogni riferimento spaziale,isolo gli elementi in una silenziosa narrazione,
capace di rivelare l’ossatura del mio tempo.Immagini razionalmente rassicuranti immediatamente, passano in secondo piano cedendo il posto allo spazio dilatato,
al vuoto al silenzio.
Marco Puca 19-05-2014

senza titolo 2014 q
Senza titolo, 2014

senza titolo 2014
Senza titolo, 2014

the end 2014
The end, 2014

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Senza titolo, 2014

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“Biblioteca” – colloquio con Alessandro Aiardi

colloquio con Alessandro Aiardi – Ancona, dicembre 2003
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

Scalinata_1

‘La libreria della prima infanzia accompagna l’uomo per tutta la vita.
La disposizione dei ripiani, la scelta dei libri, il colore dei dorsi, si percepiscono
come il colore, l’altezza, la disposizione della stessa letteratura mondiale.
Anzi, ai libri che non erano nella prima libreria, non sarà mai concesso di farsi strada
nella letteratura mondiale come in un universo. Volere o no, nella prima libreria ogni libro
è un classico e non se ne può scartare uno solo.  Non a caso quella strana bibliotechina era il sedimento di decine d’anni, come una stratificazione geologica. In essa l’elemento paterno e quello materno non si mescolavano, ma esistevano separatamente
e nel suo spaccato quell’armadietto era la storia dello sforzo spirituale di un’intera stirpe
e della trasfusione di un sangue estraneo. Ricordo il piano inferiore, sempre caotico:
i libri non stavano dritti, dorso a dorso, ma giacevano come rovine […]’
Osip Mandel’sˇtam, Il rumore del tempo

Cos’era e cos’è oggi una biblioteca?
“La memoria della città filtrata, trasmessa, dai suoi documenti?” “Una raccolta organizzata di informazioni utile al bisogno di lettura e di aggiornamento del territorio?”
Ambedue le cose, anzi certamente più che queste due sole cose. Si è tentati
di parafrasare una celebre sciarada di Petrolini: “Biblioteca è quella cosa, che ciascun
di noi conosce, ma…”, e sarebbe divertente sbizzarrirsi con le più svariate rime
e assonanze. Tornando al serio, caro Francesco, vorrai credere che i biblioteconomisti hanno scritto fiumi d’inchiostro in proposito: del resto per ciascuno di noi la biblioteca
è uno strumento dal quale si pretende il soddisfacimento di un bisogno; e a questo risultato si arriva solo se la struttura è correttamente ordinata e adeguatamente attrezzata.
Ogni tanto gioco – invero senza grandi esiti-  a pensare alle biblioteche come saranno
fra altrettanti anni da quando ho iniziato il mio lavoro, eravamo nell’estate del 1976…
Il quadro generale mi sembra, anzi è, sicuramente cambiato in meglio, sotto ogni profilo. Figurati che venticinqu’ anni fa non era possibile in Italia far scrivere sulla propria carta
di identità la professione di bibliotecario, perché non era prevista dalle tabelle del Ministero competente. Il bibliotecario era un vero e proprio “signor nessuno”. L’utente poi,
in presenza di una ricerca di un qualche impegno, si doveva sobbarcare fra mille difficoltà: orari limitati delle strutture, regolamenti d’uso aspri e punitivi, spesso povertà
di informazioni catalografiche. Per non parlare del quesito: “Quale biblioteca possiederà
il libro di cui ho bisogno che la mia biblioteca non possiede?”. Ci voleva la palla di vetro,
la forcella del rabdomante, la conoscenza diretta e la raccomandazione
del direttore della biblioteca.
Lasciamo adesso andare lo sguardo sul Palazzo. Vuoi parlarmene per quanto concerne la sua identità storica e la sua ormai antica adibizione a biblioteca?
Da dove il nome a cui si intitola? Vuoi anche dirmi qualcosa in merito
alla sua idoneità, all’eventuale insufficienza, al faticoso raggiungerla per l’erta scala? Influiscono la collocazione e la presenza del “Museo della città” nel castone di Piazza del Plebiscito?
La Benincasa trova sede nel Palazzo Mengoni Ferretti, o Ferretti di San Domenico,
dal 1949; non è la sua sede storica. Occorre che si sgombri il campo da questo equivoco; talora gli anconitani stessi che vi entrano pensano di accedere a palazzo Benincasa,
che è invece in via della Loggia e dove la biblioteca privata del marchese Luciano si aprì alla città nel 1669. è a palazzo Benincasa che ha avuto origine l’idea di una biblioteca pubblica, aperta alla città. Vero è che dal luogo di origine a quello (attuale) di arrivo
e di permanenza  la struttura, i servizi, la confidenza con la biblioteca si sono offerti
ai cittadini di Ancona in sette-otto sedi differenti nell’arco di due secoli e mezzo.
Ciò ha provocato una crisi di identità dell’idea, dell’immagine e della funzione di biblioteca; una “perdita di peso” grave soprattutto nel contesto di un tessuto urbano stravolto
da bombardamenti e terremoti. Si lavora alacremente, fra le tante cose, anche al recupero di una griffe, di un logo di chiara identità e identificabilità della biblioteca di Ancona.
E non è un’ operazione solo di facciata. Il Palazzo dove opera la struttura è un monumento tardo manieristico (risale all’ultimo decennio del Cinquecento), nobilitato dall’incardinamento sulla parete a monte con l’arco di mastro Filippo, vulgo di Carola,
che fungeva da porta civica nel XII-XIII secolo. Certo, il palazzo è arioso e luminoso,
però -vedi- di fronte a così tanto ampi corridoi, a così tante finestre, a così tante sale
“di passo” il bibliotecario obiettivamente si sgomenta un po’, perché gli spazi non si riesce a sfruttarli al meglio; del resto si chiede ad un palazzo nato più di quattrocento anni fa
di proporsi e di fungere da biblioteca del terzo millennio. Non esiste più -invece-
il problema che tu chiami “dell’erta scala”, impegnativa barriera architettonica
per svantaggiati e non. O meglio, la scala c’è ancora, e tuttora si accede al palazzo
anche da via Bernabei; però finalmente da un paio di anni si dispone di un ascensore
al quale si accede da piazza del Plebiscito per salire sia alla biblioteca dei ragazzi
che ai servizi generali all’ultimo piano. Al piano terra, affacciate su piazza del Papa,
si trovano al momento la Biblionastroteca per non vedenti e l’Emeroteca, ospitatavi
in via d’emergenza in quanto si stanno svolgendo lavori di restauro alle dipinture
delle volte; nel salone centrale è in corso di trattamento e di allestimento la libreria
già del professor Pietro Zampetti; poco più in là è la sede dell’Associazione marchigiana per la Ricerca e la Valorizzazione delle fonti musicali. Nelle due salette di passaggio
sono in lavorazione i restauri alle tempere delle volte: io vi vedrei ben collocate le raccolte
di narrativa e di poesia, che si andrebbero ad accompagnare ad arte (Zampetti) e musica (ARiM). La Benincasa che si affaccia sulla Piazza del Papa, luogo così rorido di memorie storiche e di  forti accadimenti civici, non potrebbe costituire altrove così emblematica quinta prospettica. E aggiungo solo che il trovarsi dirimpetto il museo della città non può che agevolare una sinergia culturale di tutta forza fra questo e la biblioteca,
specie per un coordinato impiego delle due strutture a livello -faccio un esempio-
di didattica della storia.

foto datata

 

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Come nascono le buone idee?

[youtube_sc url=”http://youtu.be/NugRZGDbPFU”]

Il video che proponiamo oggi è stato realizzato da una compagnia di creativi britannici, Cognitive Media, specializzati in comunicazione visuale e sintesi visive.
È al contempo la presentazione del libro “In where good ideas come from”
di Steven Johnson, un libro geniale, che abbatte le vecchie categorie e cambierà
il modo in cui pensiamo (The New York Times).

Come si fa ad essere più creativi e ad avere un’idea di successo?
Tracciando una storia delle idee che hanno cambiato il mondo Steven Johnson
aiuta a comprendere come, potenziando le reti di condivisione, sia possibile aumentare
il numero e la qualità delle idee vincenti. La tesi di Johnson è che le grandi idee
non nascono improvvisamente da colpi di genio individuali frutto di visioni estemporanee.
Al contrario hanno bisogno di tempo e condivisione per svilupparsi, richiedono l’incontro con le intuizioni di altre persone per prendere forma ed evolversi.
Un approccio molto social, che prende spazio nei circoli, caffè, fiere e conferenze
e oggi anche e soprattutto grazie al web. Sono proprio gli ambienti aperti e le piattaforme condivise ad accrescere la creatività e la redditività delle persone che vi operano.
La rete infatti ha espanso le possibilità di connettività tra le persone accellerando
lo sviluppo delle buone idee.

“È nella natura delle grandi idee reggersi sulle spalle dei giganti che le hanno precedute: tutte le innovazioni importanti sono essenzialmente il risultato di una rete.”
Steven Berlin Johnson, giornalista e scrittore statunitense.

WOMEN OF VISION

Le Grandi Fotografe di National Geographic
foto_gruppo_jpg_20141006112902.

Ci sono storie, a questo mondo, che possono raccontare solo le donne.
Un po’ perché ci sono società in cui è ancora radicata la separazione di genere.
Un po’ perche’ solo gli occhi di una donna possono afferrare che cosa significhi
essere sottoposti a forme tanto brutali di sopraffazione fisica e psicologica.

Women of vision, inaugurata a Palazzo Madama lo scorso sabato, raccoglie le storie narrate su National Geographic da 11 formidabili donne che hanno dedicato la loro vita alla testimonianza attraverso la fotografia. Ci sono veterane come Lynn Johnson,
Jodi Cobb e Maggie Steber, e talenti emergenti come Erika Larsen e Kitra Cahana.
La mostra è un tributo allo spirito e all’ambizione di queste giornaliste che hanno creato occasioni di esperienza ed emozione attraverso l’uso sapiente dell’obiettivo fotografico.
99 fotografie, che tra commoventi ritratti di culture lontane, raccontano la società
e la condizione femminile, immortalano disagi sociali come le spose bambine,
e esplorano paesaggi onirici, documentando il mondo con immagini in grado di catturare l’anima di una storia al di là delle parole scritte sulle pagine.

Child Marriage in Yemen - MM7772
Stephanie Sinclair -Troppo giovani per dire si
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