“Biblioteca” – colloquio con Alessandro Aiardi

colloquio con Alessandro Aiardi – Ancona, dicembre 2003
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

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Di che patrimonio dispone la biblioteca in termini di dotazione e per quello che
si riferisce, ad esempio, alle sue cinquecentine, ai manoscritti, agli incunaboli?
Il registro di ingresso che per quest’anno va a chiudersi tocca, stamani 18 dicembre,
il numero 152173, tanti sono i documenti inventariati. Se ne possono aggiungere
circa altri 18000, pesante fardello di un “vecchio fondo” che ancora non si è riusciti
ad esplorare sistematicamente. Qualche sporadico intervento su tale raccolta ha fatto crescere di 200 il numero delle cinquecentine, di due quello degli incunaboli, per tacere
del faldone che conteneva le locandine e i manifesti del Teatro delle Muse.
Nei manoscritti c’è la storia di Ancona: qualche nome? Bernabei, Alfeo, Leoni,
Pasquale Bedetti, Carlo Rinaldini, Camillo Albertini, Leone Levi, i manoscritti musicali
della collezione Nappi, il faldone dei documenti della “Settimana Rossa”…

Quale il suo ruolo effettivo in una città come Ancona che, rammentando
quel che ne scriveva Mario Puccini nel ’28 (“Ma Ancona non mi pare una città
che ami il libro, intellettuale. […] gli uomini che avvicinai mi apparvero
o distratti dai propri commerci, o affatto lontani dal desiderio di apprendere.”), sembra assai poco incline alla lettura e alla sosta per dilettarsi o ricercare?
Occorre che speri -avendo peraltro dei dati confortanti in proposito- che la frase
del Puccini abbia perduto aderenza con la realtà attuale. L’antica natura marinara
e mercantile della città, pur così fortemente radicata, si è andata giocoforza adeguando alle mutate esigenze imposte dalla società dei media. Il bisogno di informazione è avvertito anche qui da noi come intenso e diffuso. Gli indicatori dei dati inerenti l’uso pubblico
sono tutti quanti in crescita; molto si fa sui lettori di domani con iniziative sia di promozione che di approfondimento promosse e gestite dalla Biblioteca dei Ragazzi e dalle due sedi decentrate di Collemarino e di Brecce Bianche. Sono strumenti poderosi per la captazione dell’utenza del prossimo futuro. Si può anche far molto proponendo la pubblica lettura
fuori dalla sede di istituto: Libri da mare, che si tiene in estate, ne è un esempio;
un altro, di elevata rilevanza sociale, è il servizio di prestito librario curato dalle colleghe della Biblioteca dei Ragazzi e attivato, con l’apporto delle Patronesse,
all’interno dell’Ospedale Salesi.

Pensi che la città si accorga di avere una biblioteca civica?
Che fatica, caro Francesco! Che fatica! Noi, dico io e i miei colleghi, ce la mettiamo tutta non solo perché la città si accorga di avere una biblioteca civica, ma perché Ancona comprenda che la Biblioteca è un suo patrimonio e un suo strumento di crescita.
Non ti nascondo il cruccio che mi strinse al cuore quando, durante un soggiorno ai tempi del concorso, che poi vinsi (eravamo fra l’aprile e il giugno del 1994) qualcuno in albergo, al ristorante, in giro, mi chiedeva cosa mai stessi facendo in Ancona, e quando rispondevo “missione biblioteca”, mi si parava davanti un tanto di spalancar d’occhi,
o un atteggiamento interrogativo, come a dire, “mah! questo dev’essere un po’ tocco;
cosa sarà mai quello di cui mi parla?” Ma io mi ero ormai innamorato della dolce Ancona,
e non mi lasciai scoraggiare.

Quale la vita professionale e personale di un bibliotecario non marchigiano,
come te toscano, in questo che dovrebbe essere un capoluogo e spesso rivela, invece, le sua profonde ferite provinciali?
Guarda che io sono, sì, toscano, ma toscano di provincia, non fiorentino;
e che il quadrilatero della mia città ha una fortezza con il ponte levatoio rivolto verso l’urbe, non verso il contado o contro i nemici! e poi non è che il “Granducato” rappresenti
più quella situazione idilliaca, mista di medietas e illuminato compromesso,
che ha costituito il sogno dell’approdo di qualche mio antico compagno di studi di origine meridionale. Vedi, Francesco, una volta lasciata la residenza stabile in patria,
non si trova più in essa riferimento fuor che per gli affetti, non vi si amano più come prima volti di uomini, prospettive di piazze o squarci di paesaggio. Se mi chiedessero
di terminare il servizio a Pistoia, non ti nego che mi prenderebbe un certo sgomento. Costituirebbe per me uno sradicamento professionale, ma anche di affetti e di sentimenti civici. Insomma, Ancona, capitale di provincia, regge più che onorevolmente il confronto con la provincia media toscana.

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