“Biblioteca” – colloquio con Alessandro Aiardi

colloquio con Alessandro Aiardi – Ancona, dicembre 2003
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

Scalinata_1

‘La libreria della prima infanzia accompagna l’uomo per tutta la vita.
La disposizione dei ripiani, la scelta dei libri, il colore dei dorsi, si percepiscono
come il colore, l’altezza, la disposizione della stessa letteratura mondiale.
Anzi, ai libri che non erano nella prima libreria, non sarà mai concesso di farsi strada
nella letteratura mondiale come in un universo. Volere o no, nella prima libreria ogni libro
è un classico e non se ne può scartare uno solo.  Non a caso quella strana bibliotechina era il sedimento di decine d’anni, come una stratificazione geologica. In essa l’elemento paterno e quello materno non si mescolavano, ma esistevano separatamente
e nel suo spaccato quell’armadietto era la storia dello sforzo spirituale di un’intera stirpe
e della trasfusione di un sangue estraneo. Ricordo il piano inferiore, sempre caotico:
i libri non stavano dritti, dorso a dorso, ma giacevano come rovine […]’
Osip Mandel’sˇtam, Il rumore del tempo

Cos’era e cos’è oggi una biblioteca?
“La memoria della città filtrata, trasmessa, dai suoi documenti?” “Una raccolta organizzata di informazioni utile al bisogno di lettura e di aggiornamento del territorio?”
Ambedue le cose, anzi certamente più che queste due sole cose. Si è tentati
di parafrasare una celebre sciarada di Petrolini: “Biblioteca è quella cosa, che ciascun
di noi conosce, ma…”, e sarebbe divertente sbizzarrirsi con le più svariate rime
e assonanze. Tornando al serio, caro Francesco, vorrai credere che i biblioteconomisti hanno scritto fiumi d’inchiostro in proposito: del resto per ciascuno di noi la biblioteca
è uno strumento dal quale si pretende il soddisfacimento di un bisogno; e a questo risultato si arriva solo se la struttura è correttamente ordinata e adeguatamente attrezzata.
Ogni tanto gioco – invero senza grandi esiti-  a pensare alle biblioteche come saranno
fra altrettanti anni da quando ho iniziato il mio lavoro, eravamo nell’estate del 1976…
Il quadro generale mi sembra, anzi è, sicuramente cambiato in meglio, sotto ogni profilo. Figurati che venticinqu’ anni fa non era possibile in Italia far scrivere sulla propria carta
di identità la professione di bibliotecario, perché non era prevista dalle tabelle del Ministero competente. Il bibliotecario era un vero e proprio “signor nessuno”. L’utente poi,
in presenza di una ricerca di un qualche impegno, si doveva sobbarcare fra mille difficoltà: orari limitati delle strutture, regolamenti d’uso aspri e punitivi, spesso povertà
di informazioni catalografiche. Per non parlare del quesito: “Quale biblioteca possiederà
il libro di cui ho bisogno che la mia biblioteca non possiede?”. Ci voleva la palla di vetro,
la forcella del rabdomante, la conoscenza diretta e la raccomandazione
del direttore della biblioteca.
Lasciamo adesso andare lo sguardo sul Palazzo. Vuoi parlarmene per quanto concerne la sua identità storica e la sua ormai antica adibizione a biblioteca?
Da dove il nome a cui si intitola? Vuoi anche dirmi qualcosa in merito
alla sua idoneità, all’eventuale insufficienza, al faticoso raggiungerla per l’erta scala? Influiscono la collocazione e la presenza del “Museo della città” nel castone di Piazza del Plebiscito?
La Benincasa trova sede nel Palazzo Mengoni Ferretti, o Ferretti di San Domenico,
dal 1949; non è la sua sede storica. Occorre che si sgombri il campo da questo equivoco; talora gli anconitani stessi che vi entrano pensano di accedere a palazzo Benincasa,
che è invece in via della Loggia e dove la biblioteca privata del marchese Luciano si aprì alla città nel 1669. è a palazzo Benincasa che ha avuto origine l’idea di una biblioteca pubblica, aperta alla città. Vero è che dal luogo di origine a quello (attuale) di arrivo
e di permanenza  la struttura, i servizi, la confidenza con la biblioteca si sono offerti
ai cittadini di Ancona in sette-otto sedi differenti nell’arco di due secoli e mezzo.
Ciò ha provocato una crisi di identità dell’idea, dell’immagine e della funzione di biblioteca; una “perdita di peso” grave soprattutto nel contesto di un tessuto urbano stravolto
da bombardamenti e terremoti. Si lavora alacremente, fra le tante cose, anche al recupero di una griffe, di un logo di chiara identità e identificabilità della biblioteca di Ancona.
E non è un’ operazione solo di facciata. Il Palazzo dove opera la struttura è un monumento tardo manieristico (risale all’ultimo decennio del Cinquecento), nobilitato dall’incardinamento sulla parete a monte con l’arco di mastro Filippo, vulgo di Carola,
che fungeva da porta civica nel XII-XIII secolo. Certo, il palazzo è arioso e luminoso,
però -vedi- di fronte a così tanto ampi corridoi, a così tante finestre, a così tante sale
“di passo” il bibliotecario obiettivamente si sgomenta un po’, perché gli spazi non si riesce a sfruttarli al meglio; del resto si chiede ad un palazzo nato più di quattrocento anni fa
di proporsi e di fungere da biblioteca del terzo millennio. Non esiste più -invece-
il problema che tu chiami “dell’erta scala”, impegnativa barriera architettonica
per svantaggiati e non. O meglio, la scala c’è ancora, e tuttora si accede al palazzo
anche da via Bernabei; però finalmente da un paio di anni si dispone di un ascensore
al quale si accede da piazza del Plebiscito per salire sia alla biblioteca dei ragazzi
che ai servizi generali all’ultimo piano. Al piano terra, affacciate su piazza del Papa,
si trovano al momento la Biblionastroteca per non vedenti e l’Emeroteca, ospitatavi
in via d’emergenza in quanto si stanno svolgendo lavori di restauro alle dipinture
delle volte; nel salone centrale è in corso di trattamento e di allestimento la libreria
già del professor Pietro Zampetti; poco più in là è la sede dell’Associazione marchigiana per la Ricerca e la Valorizzazione delle fonti musicali. Nelle due salette di passaggio
sono in lavorazione i restauri alle tempere delle volte: io vi vedrei ben collocate le raccolte
di narrativa e di poesia, che si andrebbero ad accompagnare ad arte (Zampetti) e musica (ARiM). La Benincasa che si affaccia sulla Piazza del Papa, luogo così rorido di memorie storiche e di  forti accadimenti civici, non potrebbe costituire altrove così emblematica quinta prospettica. E aggiungo solo che il trovarsi dirimpetto il museo della città non può che agevolare una sinergia culturale di tutta forza fra questo e la biblioteca,
specie per un coordinato impiego delle due strutture a livello -faccio un esempio-
di didattica della storia.

foto datata

 

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