Bodoni non solo tipografo, ecco in mostra il carattere perfetto

Giambattista-Bodoni

PARMA – Nel maggio del 1785 il re di Napoli Ferdinando IV e la consorte Maria Carolina trovandosi in visita a Parma entrarono nella Stamperia di Giambattista Bodoni senza preavviso, sorprendendo l’ illustre tipografo intento a limare matrici.  Grande ammirazione della regina, sorella della duchessa di Parma Maria Amalia, che subito invitò Bodoni a trasferirsi a Napoli. Non se ne fece nulla e non fu l’ unica volta in cui un invito venuto da molto in alto venne declinato. In omaggio ai reali di Napoli che viaggiavano sotto il nome di conte e contessa di Castellammare, Bodoni stampò una cantata musicata dall’abate Sertor. La mostra dedicata a Giambattista Bodoni nel bicentenario della morte, a cura di Andrea De Pasquale, si è aperta al pubblico nel Palazzo della Pilota (fino al 12 gennaio). Il visitatore potrà ritrovare anche le lime usate da Bodoni oltre a diversi altri attrezzi del mestiere, una vera officina, ma soprattutto, grazie al felice connubio tra libri, quadri, sculture e oggetti vari, tra cui diversi totem elettronici, potrà ripercorrere le tappe di una vita e di una attività eccezionali cui resero omaggio re e imperatori, pontefici e naturalmente intellettuali ed eruditi di ogni provenienza. La soprintendente Mariella Utili si augura che il nome di Bodoni consenta ai visitatori di scoprire o riscoprire i molti tesori d’ arte custoditi nella Galleria Nazionale, cui si aggiungono per l’ occasione numerosi prestiti. D’ altra parte la Pilotta è anche la sede del Museo Bodoni che compie quest’ anno il mezzo secolo e che conserva la collezione completa dei libri stampati e il necessario per stamparli, punzoni e caratteri in numerose migliaia. Oltre che nella Galleria, una sezione della mostra è ospitata negli spazi del Teatro Farnese e da ultimo nella Biblioteca Palatina, in particolare nella splendida galleria creata dall’ architetto Petitot, appena rimessa a norma, ci dice la direttrice Sabina Magrini, dopo una forzata chiusura, nei suoi impianti elettrici e antincendio anche con il contributo di molti privati. Giambattista Bodoni era in qualche modo figlio d’ arte: era infatti nato a Saluzzo nel 1740 da un padre tipografo e, diciottenne, dopo i primi studi presso i Gesuiti, era stato mandato a Roma dove si era formato nella Stamperia di Propaganda Fide, studiando anche lingue orientali alla Sapienza. Fu il padre Paolo Maria Paciaudi, piemontese conosciuto a Roma, a volere Bodoni a Parma dove Paciaudi era diventato bibliotecario e archeologo del duca e dove il ministro Guillame Du Tillot progettava appunto di creare una stamperia. Presto Bodoni è coinvolto nella realizzazione di uno dei più bei libri del secolo, come è stato definito. Era il sontuoso volume infolio della Descrizione delle feste celebrate in Parma l’ anno 1769 in occasione delle nozze di Ferdinando con l’ arciduca. Conobbe Parini Monti e Foscolo. Ebbe contatti con Alfieri ma non potè stamparne l’ opera chessa Maria Amalia cui mise mano anche Petitot per l’ iconografia eccellente, mentre Bodoni provvide alla stampa del testo in italiano e in francese. I caratteri però venivano dalla Francia, perché Bodoni non aveva ancora creato i suoi. Era il primo passo importante. Trent’ anni dopo, nel 1800, Giuseppe Bossi, pittore e letterato, tra l’ altro amico intimo di Carlo Porta, disegnò una “Apoteosi di Giambattista Bodoni” nella quale il visitatore della mostra potrà vedere, in stile neoclassico, l’ incoronazione del sommo tipografo attorniato dai grandi poeti, antichi e moderni, che lui stesso ha stampato. Toccò infatti a Bodoni incrociare molti trai bei nomia lui contemporanei e se oggi i versi dell’ arcade Carlo Innocenzo Frugoni sono appannaggio degli eruditi, non così è per l’ opera di Parini. Lo incontrò a Milano e il poeta si rallegrò per il suo bell’ aspetto, dicendogli che anche di lui madre natura aveva fatto una bella edizione, come racconta Corrado Mingardi nel bel saggio in catalogo. Di Monti stampò Il Bardo della Selva Nera con dedica a Napoleone. Bodoni conobbe inoltre Foscolo appena ventenne che gli venne presentato dal pittore Andrea Appiani, autore di un celebre ritratto di Bodoni stesso. E’ esposto in mostra, proveniente dalla Braidense di Milano, lo scrittoio da viaggio di Foscolo, sicché tra i ritratti di Parini e di Foscolo e altre testimonianze si può far tappa a Milano, così come poco più in là si è trovata una stazione romana con il corredo di alcuni bellissimi Bernardo Bellotto che dipinge le antiche rovine. E poco oltre ancora ecco il ritratto del medico napoletano Domenico Cirillo dipinto da Angelica Kauffmann. Per Cirillo Bodoni aveva stampato un trattato sul papiro e le sue proprietà, divenuto rarissimo perché molte copie bruciarono nei disordini della rivoluzione napoletana del ‘ 99, in seguito alla quale lo stesso Cirillo fu mandato a morte. Bodoni non aveva accettato l’ invito della regina a trasferirsi a Napoli, ma a Napoli era poi andato per rendere visita ad amici e illustri clienti. Anche con Alfieri Bodoni ebbe contatti e avrebbe voluto stampare la sua opera, ma Alfieri morì nel 1803 e la contessa d’ Albany preferì accordarsi con l’editore Piatti di Firenze. Intanto molti erano i grandi classici pubblicati con maestria da Bodoni, che ad un certo punto venne invitato a Roma dall’ ambasciatore spagnolo de Azara perché curasse appunto una collana di classici. Si oppose il granduca di Parma che però concesse a Bodoni di stamparli in proprio attrezzando una nuova tipografia. Il volume dedicato a Orazio è considerato uno dei più raffinati, ma la gara è infinita: nel 1793 pubblica Virgilio e tra i classici greci un Callimaco. Intanto gli onori si accumulano: nel 1782 è stato nominato Tipografo di Camera di Carlo III di Spagna e nello stesso anno pubblica un Essai de caractères russes in occasione della visita a Parma del principe Paolo di Russia con la sua consorte. Anche loro, come i reali di Napoli, viaggiano in incognito come Conti del Nord. Nel 1805 Napoleone è a Parma e vorrebbe vedere Bodoni, ma lui è a letto per un attacco di gotta. L’ anno dopo su istanza di Pio VII stampa l’ Oratio dominica, cioè il Padre Nostro in 155 lingue, un capolavoro assoluto. Così come resta nella storia la sua Iliade (1808) di cui due copie furono tirate in pergamena di Baviera, una per Napoleone che la donò alla Biblioteca Nazionale di Parigi e una per Eugenio Beauharnais, viceré d’ Italia, ora nella Biblioteca Palatina. La stampa, la correzione, la carta (è di quei tempi l’ invenzione della velina) l’ uso del colore, che Bodoni riprese da antichi vasi greco-etruschi… I dettagli sull’ arte di Bodoni, che aveva perfezionato un suo Manuale stampato postumo dalla vedova, sono oggettivamente infiniti. Cercava il libro perfetto con una passione assoluta. Bodoni morì duecento anni fa nel novembre 1813. Per la cronaca pochi giorni prima nelle stesse terre era nato Giuseppe Verdi.

Paolo Muri, La Repubblica (7 ottobre 2013).

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