dai taccuini

Franco Scataglini
tratto da nostro lunedì numero 4 – prima serie – scataglini

(1984/1985)
maggio-giugno

II

118 …ricordo la cucina estiva della mia casa d’infanzia, quando mia madre agitando
una spara sospingeva uno stormo di mosche ronzanti fuori dai vetri, e richiudeva un poco gli scuri lasciando un solo interstizio, e snello, trapassato da un filo liquefatto di luce.
E faceva all’intorno una fresca silenziosa penombra, già piena di un incipiente sonno felice.

119 Quel filo di bava nera che cola giù dal becco della caffettiera sul fuoco.

120 La malattia per me vuol dire necessità di essere, in ogni mio gesto e atto, presente a me stesso. Solo nel riposo e nel sonno mi è concesso l’abbandono.

121 Questo pensa il malato: obliare la propria malattia e accingersi a morire.

122 Io sono un uomo malato di cuore oppure un uomo dal cuore malato?

123 Ovvio come un papavero di grano.

124 Per me bambino, le spighe dell’avena erano piene di matrimoni.

125 Una mente ingombra di vane suppellettili.

126 Come un pensiero fresco di mentuccia.

127 Quale colore ha una mente nel pensiero di sé? Il colore di una bibita alla menta. Oppure di un acquario.
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