“IL VIOLINO SOMMERSO” Intervista al liutaio anconetano Pierfrancesco Pesaola

È una calda mattina d’estate come tante altre, ma entrando nel laboratorio di Pierfrancesco si ha la sensazione di essere in un altrove in cui le domande, le aspettative con cui si è arrivati rimangono sulla porta del laboratorio per entrare in un’altra dimensione.

Un laboratorio spoglio a eccezione degli arnesi e attrezzi, a decine e decine impilati sulla parete in ordine. Su un tavolo, sotto una lampada giace il corpo di un violoncello che aspetta di prendere vita.

Come ha avuto inizio la tua missione?

Nel 2010 ho iniziato a fare sogni ricorrenti: in cui cercavo di afferrare un violino che galleggiava nell’acqua in mezzo ai fiori di loto. Sentivo l’esigenza, “la chiamata” di costruirne alcuni.

All’epoca lavoravo in fabbrica e non avevo idea di come iniziare. Tuttavia, la situazione seppur surreale sembrava avere una direzione ben precisa e dovevo seguirla.

Hai iniziato subito a costruirli o hai studiato prima?

Provvidenzialmente ho iniziato ad avere visioni di formule matematiche, cose che non avevo mai studiato prima, di cui non ero a conoscenza, era una conoscenza nata da dentro.

Sono partito da lì, poi ho iniziato a documentarmi sulla chimica delle vernici, trovando però informazioni discordanti ho capito che il modo migliore per imparare non era apprendere la tecnica, la teoria, ma sbagliare e sperimentare.

Ho capito che la cosa importante è l’ascolto, l’osservazione degli errori, dei materiali, del loro colore, del loro odore, insomma entrare in empatia con i materiali che usavo e osservarli nei minimi dettagli.

Come vivevi il sogno rapportato alla reazione degli altri?

Non venivo compreso, non si dava importanza a quel vissuto, contava più la vita di ogni giorno, le cose che potevi vedere. Fino al punto in cui l’esigenza era talmente forte che ho iniziato ad assentarmi dal lavoro per costruire i miei strumenti in una piccola cantina.

Nella storia di Ancona ci sono dei liutai importanti?

La città di Ancona non sa che nel 1856 in Via Bonta, ad Ancona, viveva Giuseppe Baldantoni: un grande liutaio dell’epoca di Stradivari, costruiva anche strumenti di precisione per Garibaldi. Brevettò una tecnica di tiraggio delle corde del contrabbasso non valorizzata a suo tempo.

Fu battezzato nella chiesa di Piazza San Gallo, aveva il suo primo studio vicino in Via Astagno.

Come mai Giuseppe Baldantoni, data la sua importanza, non è un personaggio così noto nella nostra città?

Baldantoni è stato sempre un liutaio incompreso dai suoi stessi concittadini. È stato destinato all’oblio a causa dell’ignoranza delle persone, che non ne hanno colto il valore, finché i suoi violini non sono stati riscoperti per il loro valore economico e tutt’oggi vengono venduti all’asta per cifre esorbitanti.

Dove hai trovato gli utensili per poter iniziare a costruire i tuoi strumenti?

Dal momento che dovevo iniziare da zero, per avere la disponibilità di comprarli ho messo in vendita online il mio Iphone, un ragazzo dall’Emilia Romagna mi scrive che era interessato ma che non aveva i soldi per poterlo acquistare. Così, mi propose uno scambio: il mio Iphone per la vecchia attrezzatura da liutaio che aveva ereditato dal nonno. Un segno nel segno. Insieme agli attrezzi mi ha donato anche alcuni preziosi appunti di suo nonno.

I sogni ritornano?

Non faccio più sogni ricorrenti. Sogno altre cose, certo, ma non più di quel genere.

Quel violino sommerso dall’acqua non sono mai riuscito ad afferrarlo, ma forse ho fatto di meglio: sono riuscito a ricostruirlo. Ne ho costruiti trenta, anche se il sogno diceva di fermarmi a dieci.

Ph di Francesca Di Giorgio

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