Niente sulla piazza 1960

Luciano Anselmi
(1934-1996)

C’era la guerra in tutto il mondo, e c’era anche al mio paese. Noi grazie a Dio, eravamo abbastanza ricchi, ma certi generi come la frutta e la verdura eravamo costretti a pagarli dieci volte tanto, quando si trovavano.
Questo, mio padre non voleva che si facesse, e questa era la ragione delle frequenti liti; lui preferiva che si mangiassero fagioli tutti i giorni piuttosto che dare la soddisfazione a quei quattro o cinque borsaneristi, protetti da una legge che non c’era; facevano e disfacevano i prezzi di calmiere a piacimento.
Non che i miei genitori si volessero meno bene di altre coppie, solo lui non permetteva che si prendessero iniziative in famiglia senza il suo consenso: soprattutto dopo il giorno in cui i tedeschi avevano fermato mia madre e mio fratello Alberto che s’erano avventurati in paese, dopo il coprifuoco, per trovare un po’ di latte. Mio padre, precipitatosi al Comando tedesco dopo esser stato messo a conoscenza dell’accaduto, ebbe un tale spavento che per poco non ci rimase.
Mi ricordavo di tutto questo, ora che mio padre e mia madre litigavano, e con tutto il cuore davo ragione a  lei; ma, riflettendo meglio, mi convinsi che quando avessi avuto quarant’anni anch’io avrei preteso che mia moglie e i miei figli mi avessero obbedito; e che anzi, se il carattere con gli anni non gli fosse cambiato, altro che quattro strilli mi sarei messo a fare!

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