Gianni D’elia
– Qui, Pasolini è cominciato da poco…
Diceva così la tassista, guidando la sua Mercedes fino al cimitero.
Fuggivo da una rissa verbale, da un giudizio cattivo sul mio fare, un invito di qualcuno che, amico, ma brutale, aveva risposto alla domanda sul mio libro:
– Il peggiore che hai scritto. Insistendo, poi, e credendo di scusarsi: – Non è un libro estetico.
Estetico? Come si dice: – Non rientra nel mio gusto del bello.
Filava la tassista, intanto, lungo la striscia del paese di Casarsa, con la casa del poeta, a sinistra, là, senza nessuna targa, d’un rosa rossiccio o cosa, due vetrine al pianoterra, vuota, dentro.
– Ci fanno un po’ di mostre…
Invece di andare a scuola a parlare della mia poesia ai vivi, andavo a ritrovare il poeta più poeta, il morto più vivo che conosca, dopo Giacomo Leopardi.
Il sole, tra le nuvole, più alto, come in Friuli mi sono sempre parse, accendeva una scena da dopo temporale, tra vigne e casette geometrili, ville e villette col giardino, cortili nuovo di hotel, o cancelli, con dietro vecchie corti, acacie, pioppi, qualche misera catapecchia contadina disabitata. Continua a leggere