Un segreto inconfessabile

Dopo Paolo Marasca, abbiamo deciso di dare voce anche ad un altro giovane scrittore e giornalista anconetano; stiamo parlando di Stefano Novelli.
Di seguito pubblichiamo uno dei suoi racconti:

Un segreto inconfessabile

Quasi non ci credo. Ci conosciamo da quasi vent’anni, eppure quando Marco arriva a casa mia stasera, totalmente sbronzo e fuori di testa, e mi abbraccia dicendomi che Irene lo ha lasciato, io non so che rispondergli. Ha la giacca sporca di vino che si è versato addosso e le labbra tutte viola scuro. Avrà bevuto non so quanti bicchieri, e chissà da quante ore.

Lo guardo e gli dico: “Veramente? ma come?“. Non so come mi è venuta questa uscita. Mi sarei voluto vedere allo specchio. Non sarò stato molto credibile, persino per un ubriaco. In realtà immaginavo da mesi questa conclusione. Nessun fulmine a ciel sereno.

Irene si è laureata e ha trovato lavoro a Bologna, e vuole andare avanti con la sua vita. A parte questo, credo che Marco e la sua quotidianità casalinga tutta ubriacature e serie tv, inizino a starle stretti. Lui, dal canto suo, non vorrebbe altro che lei. Da solo non sa starci. E’ una di quelle persone che trova la propria tranquillità solo in un rapporto di coppia. Lavoro, casa, e Irene. Chissà se i genitori di Marco lo sanno. Ora che si è lasciato, sarà dura.

Io sono stato tanto da solo ultimamente, e ci sono stato anche bene.

Poi, un giorno di qualche settimana fa, ho visto Francesca in un bar del centro. Era seduta da sola. Aveva i capelli raccolti in un fermaglio e una borsa da lavoro con sè, riposta accanto alla sedia. Avevo notato questo di lei. Poi ha accavvalato le gambe e portato la tazzina di caffè alle labbra. Da questo gesto in poi, le ho guardato gli occhi e il resto, e ho voluto solo stare con lei. Per caso l’ho incontrata di nuovo in enoteca, tre giorni dopo, e l’ho voluta conoscere. Stasera stavo preparando la cena per noi due. La serata si doveva mettere bene, ma non ci sarà nessuna serata, temo. Marco non risponde alla mia domanda, supera l’ingresso e si ferma in mezzo alla sala. Porta le mani ai fianchi. Ha le gambe leggermente divaricate, con una postura e un silenzio che sembra Celentano. Nel frattempo chiamo Francesca e le dico che rimandiamo. Stiamo insieme da poco, solo una settimana: capirà. Lei ha una reazione apparentemente fredda. Vuol farmi credere che il cambio di programma non le procura alcun dispiacere, ma non è così. Il pollo al curry che ho preparato lo darò alla signora del piano di sotto. Marco è infreddolito, trema. Ha addosso jeans estivi e converse di tela. Si siede sul divano e si nasconde nel plaid. Porta le ginocchia molto vicine al volto, poi vi appoggia il mento. Prima avevo aperto la finestra per cambiare aria, per allontanare un pò quell’insostenibile aroma di curry. Come mi sarà venuto in mente di pensare al curry?

Meglio chiudere tutto ora. Fuori l’aria è gelida.

E’ una sera piena di stelle. Se avessi tempo e modo, ne potrei riconoscere e posizionare molte nel firmamento. Mi alzo un attimo sulle punte dei piedi, e vedo la curva della costa oltre le case davanti alla mia. I lampioni della statale 16 brillano e sembrano avvicinarsi via via di più tra loro, nella distanza che prosegue verso Senigallia e poi Pesaro. E’ venerdì, le macchine porteranno i ragazzi a ballare.

Chiusa la finestra, torno in cucina e prendo un pò d’acqua per Marco. Scelgo il bicchiere di plastica con disegnato lo stemma del Milan sopra. Me lo aveva regalato lui, in prima media. Lo raggiungo, mi siedo accanto a Marco e lo aiuto a bere. Non gli si sta vicino da quanto odore di alcool promana dal suo stomaco.

Da ragazzi queste cose capitavano spesso. Ai tempi dei sabati alla conchiglia verde con ingresso a 10000 lire, facevamo a gara a chi beveva di più. Ci si aiutava sempre, e per capire che serviva aiuto bastava uno sguardo. Ora le eviterei volentieri, situazioni del genere.

Stasera Marco è tornato da me. Ha bisogno di qualcosa, forse lo dovrò far vomitare. Magari resterà a dormire qua. Quasi per togliermi dall’impiccio di dover parlare, in un battibaleno si è addormentato. A 19 anni non si sarebbe mai addormentato da seduto. Mi siedo accanto a lui cercando di far piano per non svegliarlo.

Anni fa stavamo sempre insieme, io e Marco: fin dalle medie. Poi non so che è successo. Finito il liceo, la morte di mio padre mi ha portato a voler sbrigare presto l’università. Non so bene se è stata una volontà precisa, oppure la reazione d’impulso per ripagare qualcuno della perdita, per buttarmi alle spalle il giorno della sua morte improvvisa, e poi il funerale e le lacrime di mia madre. Considerata la crisi economica degli ultimi due anni, è stata una scelta fortunata sotto tutti i punti di vista. Ho trovato un buon lavoro, mi sono dato da fare. Mi posso permettere una casa mia: per ora in affitto, poi si vedrà. A Francesca questo piace. Immagino che fra un pò di mesi, se le cose funzioneranno, si trasferirà da me. Marco invece vive coi suoi genitori. Voleva andare a vivere da Irene quando era una studentessa appena arrivata ad Ancona. Lei però ha sempre lasciato cadere il discorso, quando lui lo faceva finire su questa possibilità. Io e Marco non ci siamo frequentati più assiduamente dalla fine delle superiori. Prima di Irene lui ha avuto altre due fidanzate storiche, con le quali aveva anticipato quella sorta di matrimonio poi messo in campo con lei. Mi annoiava una compagnia così, dico sul serio. E poi perchè sballarsi sempre così tanto? Eppure, fondamentalmente, Marco ha avuto degli anni tranquilli. Non ricordo episodi che possano giustificare un abbandono del tempo libero a passatempi che, francamente, mi appaiono inutili. Un tempo parlavamo di tutto: di donne, di politica e calcio e cinema. Abbiamo sempre indagato poco le nostre personalità.

Non lo so. Rimane un grande vuoto, in me, quando cerco la ragione di questo allontanamento. Ci siamo visti solo alle feste comandate, a qualche compleanno, e poco altro.

Non abbiamo mai parlato tanto di noi, di me e di lui.

Accendo la tv a basso volume. Con lo sguardo cerco una mensola dietro alla televisione dove mettere l’albero di Natale che a breve farò. Voglio addobbarlo insieme a Francesca. Sul canale satellitare c’è Lost in translation. Il film è davvero all’inizio, perchè Bill Murray ha ancora lo sguardo stravolto dal jet lag. Passano un pò di minuti, mi rilasso e continuo a vedere il film. Marco dorme come un bambino, sta riprendendo colorito. Arriva la scena in cui i protagonisti si notano l’un l’altro al bancone di un ristorante stupendo, con smisurata vista notturna su Tokyo. In questo momento rimpiango di aver aperto a Marco e aver avvisato Francesca dell’imprevisto. La vorrei qui. Vorrei guardare con lei tutta la notte questo film. A questo punto il cellullare risuona forte dell’arrivo di un messaggio: Francesca.

Scrive che le è dispiaciuto non cenare insieme, e che inoltre le dispiace scriverlo e non dirmelo di persona, ma è convinta, è sicura: “Mi innamorerò di te”. Distolgo gli occhi dallo schermo quando rileggo per la seconda volta il testo. Faccio un respiro profondo e abbasso ulteriormente il volume, quasi a celebrare il momento.

Marco rinsavisce e mi riporta sulla terra: “che cazzo di avviso di sms ricevuto è? Una bomba all’idrogeno farebbe meno casino”, dice. “scusa, ti ho svegliato. come stai?”, gli dico.

Lui mi guarda e sorride. Riconosco lo sguardo di tempo fa, qualcosa nel modo in cui sorride, quando dice: “secondo te, Lollo, come sto?”. E’ come se tutta l’energia gli fosse tornata in corpo. Si alza di scatto, sbanda leggermente, poi prende il telecomando della tv e mette su un canale di vecchi successi musicali di mtv. Puntata sugli anni ’80, in onda c’è il videoclip di Let me go degli Heaven 17. Marco raggiunge gli interruttori accanto alla porta di casa, abbassa la luce fino a creare l’atmosfera rarefatta delle sere anni ’80. Poi torna indietro, fino a mettersi davanti alla tv, e si mette a ballare. E’ ancora ubriaco. Il pezzo è vario, i sintetizzatori ammorbidiscono il ritmo e il suono. Mi sento sollevato. Ci metto un attimo ad andare in cucina, prendere due birre, stapparle, tornare in sala e iniziare a bere la mia. Quando arriva il ritornello della canzone mi avvicino a Marco. “Prendi una Moretti da 66 dai”. Lui non si fa pregare. Gli sussurro all’orecchio del messaggio appena ricevuto da Francesca: come se fossimo circondati da gente, come se dovesse restare un segreto inconfessabile tra noi. Mi abbraccia. Fa un gran sorriso anche se ha gli occhi lucidi, e continua a seguire gli Heaven 17. Inizio a muovermi anche io ancheggiando. Poi mi fermo un attimo. Prendo il telecomando, alzo il volume della musica e ricomincio a stare dietro al tempo della canzone. Marco non si ferma. Forse la signora del piano di sotto si sveglierà e domani mi citofonerà, ma il pollo al curry dovrebbe rabbonirla. Ad ogni modo, potremmo ballare ancora per molto.

Stefano Novelli è nato ad Ancona nel 1980. Con una formazione di studi classici alle spalle, ha da sempre la passione della scrittura, della letteratura e del cinema. In particolare è sul cinema che ha iniziato a rendersi noto, curando dal 2009 la rubrica di recensioni Cinevasioni per il mensile free press Urlo. Sempre nel 2009 l’ingresso nel mondo dell’informazione online con la collaborazione al portale di Edizioni Vivere. Dell’anno scorso è l’esordio con la carta stampata. E’ attualmente collaboratore e giornalista per la redazione di Ancona del Resto del Carlino.