La sharing economy

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Lunedi 24 giugno la Conferenza dei Sindaci Americani ha approvato una risoluzione dal sapore quasi rivoluzionario per i palati asciutti dei cittadini italiani ed europei. Quindici sindaci in rappresentanza delle principali città statunitensi tra cui San Francisco, Philadelphia, Chicago, Las Vegas, Boston e New York City hanno firmato la Shareable Cities Resolution, un documento che attesta la volontà di rendere le città realmente partecipate, incoraggiare la comprensione e l’adesione alla sharing economy, creare task forces locali per favorirne la diffusione e regolare il sistema legislativo al fine di sollecitare la partecipazione alle pratiche collaborative. Tra le evidenze indicate come propedeutiche alla firma della risoluzione emerge innanzitutto il riconoscimento della Sharing Economy come sistema economico che sta ridefinendo le modalità con cui beni e servizi vengono creati, valutati e scambiati tra i cittadini. Alle pratiche introdotte dalla Sharing Economy viene associata inoltre la capacità di generare guadagno così come di favorire nuovi percorsi per procacciarsi lavori, case, trasporti, cibo… Si riconosce infine che la Sharing Economy promuove forme di imprenditorialità dal basso così come nuovi dispositivi di relazione tra le persone. Già molte città americane hanno con successo attivato servizi di car e bike sharing così come di co-working o swapping. E come la positiva valutazione delle ricadute economiche e sociali di tali pratiche in ambito urbano ne accrediti ulteriormente il valore.

La Risoluzione sembra anche voler indirettamente rispondere alle richieste di chiarezza che stavano emergendo, specie sul fronte della regolamentazione legislativa. In particolare replica alle polemiche sollevate in corrispondenza di alcuni spiacevoli casi che hanno coinvolto il sito Airbnb e alle proteste dei tassisti californiani nei confronti di servizi come Uber, Sidecar e Lyft, percepiti come concorrenti. Su questo fronte infatti fa impegnare i comuni a rivedere le politiche pubbliche locali per favorire l’adeguamento della legislazione alle pratiche condivise.

  La domanda ovvia è quando anche i comuni italiani si accorgeranno del valore aggiunto e delle ricadute sociali di servizi come il baratto, il bike e carsharing, il carpooling o il co-working al punto da promuoverne la nascita e la diffusione anche nel nostro Paese?

Fonte: GreenMe.it

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