Foglia mortale

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nostro lunedì n.11 - editori

Paolo Volponi

 

come se vi fosse un senso divino nell’intrisa

di fango e pruni e spini e ginepracci e venti

e marinacci nebbiosi; e sproni la tua gioventù

come un cavallino di Fossombrone per lo stradone, un cavallino

di larga schiena, di verso il fiume, d’aspra narice e sanguinanti

piume, fiducioso e stolto, che mira alle margherite.

Se tu mi lasci, se tu mi lasci, dove te pasci, burdel,

dove te pasci? Se non me lasci, se non me lasci, una piana…

una terra di prati, zolle e sassi sino alla coccinella,

sino alla calcinella degli scalini e muri, sino alla forcatella

di spine per ogni passo, alle fontane e gole ed alle piane dove

altri, e giovani e frati passarono e cantarono, ma per restare,

e andarono dicendo qualche motto, canzone o preghiera,

con innocenza, come se più di dire o cantare

facessero, e facessero in questa terra dalla parte di Urbino;

terra un poco marrone e un poco grigia,

come una bigia cavalla masticante,

essa, la terra, che mastica e fumiga

e in riga mette uccelli e passeri,

e passera e nuvola e frumento;

passerà, passerà questa miseria, questa tonaca scura,

la ligaccia quotidiana, se tu, giovane,

giovanotto por burdel…

 

Perché domani e oltre nel tempo dovresti vedere uguale

questo stesso albero? Secondo quale legame…?

Se tu, tu sai, tu senti che intorno muta l’aria e dentro il male,

e tu stesso? E muta l’albero e la radice e la ragione

e questo discorso solo d’aria s’avvolge e conta se le tue parole

sono queste e servono a definire anche l’attesa,

a rompere la distesa indulgenza,

la superstite cadenza di un altro giorno

consumato da tempo…

 

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Foglia mortale