Il Diciannovesimo Autunno

Un romanzo di Tina Rober

A volte restiamo sospesi talmente in alto che se non arriva qualcosa o qualcuno disposto a sorreggerci, il rischio che si corre è quello di procurarsi molto dolore…

copertinatinaOttobre 2011
Alla fine sono ritornata, lo sapevo. Ogni volta mi dico che è l’ultima, ma poi ci ricasco:
è più forte di me. Mai avrei potuto immaginare quale motivo mi avrebbe ricondotto qui
ogni anno e, francamente, sarebbe stato meglio fosse un altro, ma l’eterno conflitto
tra sogni e realtà ha travolto anche me.
Quanto mi piaceva questa città! Ci ho vissuto per quasi trenta anni, e la ragione
che mi costringe a tornare è addirittura più assurda del motivo che mi ha obbligato
a fuggire: sto cercando una risposta.
Non è un caso se ogni anno decido di tornare nella mia vecchia e maltrattata città.
So che quella risposta è qui, e credo anche di sapere dove, pur tuttavia continuo a fallire, inesorabilmente. Ed ogni anno non faccio che compiere il solito cerimoniale,
un rito così privo di significato, ma talmente indispensabile per me da non potervi rinunciare.
Oggi, sono esattamente diciannove anni che continuo a ripeterlo, e dopo tutto
questo tempo non saprei dire cosa sia più doloroso: sapere che quella stessa vita felice che credevo di avere in pugno non tornerà mai più, o dover ammettere
che quella risposta non esiste.
(Tratto dal capitolo 1)

“Vuoi essere mia amica?”
La seconda ed altrettanto inaspettata richiesta m’intenerì, e si conquistò
un delicato sorriso. Mentre gli sguardi s’incontravano, iniziammo a dirci le nostre cose
più segrete senza il bisogno di parole. Nella percezione del momento i pensieri
fecero conoscenza e le nostre solitudini si riconobbero come simili.
Sentii improvvisa ed urgente la necessità d’interrompere quella silenziosa comunicazione, capace di portare alla superficie ciò che da tempo stavo tenendo a bada: l’emozione. Bastò abbassare lo sguardo per fermare un risveglio pericoloso, inconsapevole del fatto che tutto ciò che era solo addormentato, prima o poi, avrebbe aperto di nuovo gli occhi.
“Ci penserò” fu la risposta, e nell’incapacità di farlo non aggiunsi altro e me ne andai.
(Tratto dal capitolo 6)

Il lato tenue di un’indole infantile, mi fece sentire scioccamente tale: una principessa che, dopo aver sconfitto tutti gli orchi sulla terra, si godeva il sospirato lieto fine vagando felice, nel mare del mondo, col suo bel prode cavaliere. Se avessi potuto anche solo immaginare che la mia favola non era ancora finita, con l’autorità conferitami dal cielo, avrei impartito ordine ai vassalli di gettare l’ancora o di procedere verso itinerari sconosciuti,
pur di non fare ritorno verso riva. La battaglia che ignoravo ma che ordiva su di noi,
seppe rivelare i punti deboli della mia armata, né gli scudi furono abbastanza forti
da proteggerci dal male. Dopo il risveglio da un secolare letargo, un mostro spietato cominciò il suo accerchiamento fino a farci cadere nella sua trappola.
E se solo non avessi ripudiato il mio istinto riconducendolo costantemente alla ragione,
forse avrei visto il mio regno risplendere.
Ma l’ovvio era così palese che, addirittura, mi accecò la vista.
(Tratto dal capitolo 53)

Sopravvissuta ad un terribile incidente stradale nel quale suo padre ha perso la vita, benché non responsabile dell’accaduto, vive da allora di sensi di colpa e di notti
piene di incubi. Sono passati otto anni da allora e per Teresa le giornate scorrono immobili, senza più lacrime, senza più sorrisi, fino a quando non incontra Giovanni,
appena un bambino, affetto da una forma aggressiva di leucemia.
In un momento le loro anime si riconoscono offrendo a entrambe un rifugio sicuro
dai tormenti e un po’ di meritata tregua. Grazie a Giovanni, figlio di un padre alcolizzato
e violento, e di una madre incapace di ribellarsi all’orrore, per Teresa incredibilmente arriverà l’amore. Ma il destino, dopo averle permesso di riaprire le porte del cuore,
è pronto a riservarle nuove terribili prove, in una escalation di emozioni sempre più intense.

Il Diciannovesimo Autunno è insieme un romanzo e un viaggio emozionale
che tocca le tappe fondamentali del comportamento umano. Amore, amicizia,
senso di colpa, perdono, e la presenza della malattia, insieme all’incapacità umana
di porvi rimedio. Non mancherà la violenza su quel corpo, troppo spesso indifeso
di una donna, fino all’arrivo della rovinosa follia omicida, connaturata nell’uomo da tempi immemori che porterà la narrazione al suo totale paradosso.

Quello di Tina Rober è un libro di sentimenti forti, intriso di amore, dolore, paura
e violenza. È un viaggio raccontato nei suoi aspetti più crudi e tormentati che sfocerà
in una inusuale e contraddittoria conclusione.

Chi è Tina Rober?
Tina,  anconetana e di segno sagittario è poco più che quarantenne.
Le piace leggere, scrivere e passeggiare. Per farla felice basta poco: del buon cibo,
un buon vino e quattro chiacchiere. Divide il suo appartamento con Leo, il gatto,
Rio e Lola, una coppia di inseparabili, ed un acquario pieno di pesci.
Per ognuno di loro, pesci compresi, c’è una storia da raccontare.
Tina è sempre stata attratta dal comportamento umano, tanto da essersi iscritta alla facoltà di Psicologia presso l’Università degli studi di Urbino. A soli due esami dalla laurea,
con la tesi già richiesta e incentrata su Salvatore Ottolenghi, il precursore della medicina legale in Italia, alcune circostanze le hanno impedito di terminare gli studi. Questo, tuttavia, non ha fermato la sua curiosità, ma più continua a studiare il comportamento umano,
di cui sono pieni anche i suoi scritti, e meno riesce a comprenderlo. Non a caso,
una domanda alla quale non ha saputo rispondere è stata: “E’ grazie a questa
sua conoscenza sul carattere dell’uomo che ha preferito circondarsi di animali?”
Ci sta ancora pensando…

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