La verità della forma – Angelo Ferracuti

Di Angelo Ferracuti
tratto da nostro lunedì
n. 2 forme – prima serie

Dalle mie parti quando uno parla genericamente di forme si riferisce a quelle delle scarpe, che qui se ne producono in quantità davvero industriali, un certo numero di milioni l’anno. Le forme di vita hanno anche a che fare con le forme dei piedi delle persone,
e quindi con l’andamento delle mode, delle tendenze. Si può perdere persino il lavoro
se certe forme sono andate male, se non sono state gradite dal mercato nel mondo
dei calzolai. Però per alcuni di noi che vivono in questi deserti, che si possono abbellire ma deserti rimangono – deserti culturali, soprattutto – le forme restano pur sempre le forme della vita. E per quelli come me che si occupano di scrittura, la ricerca della forma
e delle forme ha a che fare con materiali diversi, con i cosiddetti materiali di senso,
se vogliamo i più astratti ma anche i più concreti possibili. Ma che può succedere,
come è successo a me ultimamente, quando non riesci più a trovare una forma?
è il panico, vi garantisco, la stessa cosa che può sentire un operaio quando perde
il lavoro, che non è semplicemente non avere più il modo col quale procacciarsi da vivere, ma proprio la perdita di un proprio spazio nel mondo, la perdita di una ragione d’es-sere. Certo continuerò a sopravvivere come persona ma per il momento,
e non so quanto durerà questa cosa, sono atrofizzato come scrittore. Harold Pinter,
il grande drammaturgo inglese che detesta Blair, non solo perché è un volgare guerrafondaio e un nazionalista travestito da nobile socialdemocratico,
dice che quando uno scrittore non riesce a scrivere “si sente esiliato da se stesso”.
Mi pare una bella metafora. è così che succede a me da diversi mesi a questa parte.
Ciò non significa che non sono capace di scrivere, di esercitare un lavoro di scrittura,
ma è qualcosa di più profondamente preoccupante: sono incapace di trovare una forma per raccontare quella parte di mondo, di realtà, che mi sta a cuore,
cosa che mi era riuscita, bene o male, in passato nei quattro libri che ho pure scritto.
Vivo dentro di me una crisi profonda. Dovrei forse cedere alle forme canoniche,
ma non ne sono capace. Per me la forma è essenzialmente contenuto, il contenuto
è la forma, dentro la forma cerco di portare la carica emozionale,
il carico di emotività della vita.

28-29

Credo fortemente in una letteratura di tipo emotivo. Nient’altro mi interessa veramente. Sono un uomo senza mestiere. Non so fare niente, in realtà. Altrimenti avrei dato forma
ad altre cose. Mi sarei formato diversamente. Potevo davvero diventare tante cose diverse nella mia unica vita, e tutte erano a portata di mano. Potevo essere umanamente
più compatibile, per esempio. Ci avrei guadagnato. L’unico vero problema di un essere umano è quello di trovare una forma di vita essenzialmente in rapporto con il potere,
una forma tra le tante possibili che può salvargli l’anima se intende salvarsela.
Ma torniamo ai libri, che è meglio. Non credo che la forma di un libro debba portarsi dietro la perfezione, ma anzi che l’imperfezione debba farsi forma. Non sono uno scrittore
di fiction, questo è il guaio. Non lo sono davvero, e dovrei forzare la mia natura di persona per diventarlo, non è un fatto moralistico. Potevo diventare tante cose. Tante cose.
Sono quello che sono, e per tutta la vita cercherò la mia forma, la forma della mia vita.
Che potrà essere di volta in volta diversa ma mai assoggettata, mai sotto il dominio di altri che vogliono che io sia quello che non sono. è questa la mia unica vita e voglio darle
la forma più libera tra quelle che posso immaginare, quella che più mi somiglia.
A qualsiasi prezzo.

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