“Mole” – Francesco Scarabicchi

di Francesco Scarabicchi
tratto da nostro lunedì
n° 2 forme – prima serie

parte 1 di 2

‘Vegliate con occhio vigile su un vecchio edificio, conservatelo facendo del vostro meglio e con tutti i mezzi, salvatelo da qualsiasi causa di sgretolamento. Contatene le pietre come fareste per i gioielli di una corona, metteteci dei guardiani come ne mettereste alle porte di una città prigioniera; legatelo con del ferro, quando si disgrega, sostenetelo con delle travi quando si sprofonda, non vi preoccupate della bruttezza del soccorso che gli portate; val meglio zoppicare che perdere una gamba. Fatelo con tenerezza, rispetto, vigilanza incessante, e più di una generazione nascerà e scomparirà all’ombra dei suoi muri.’

John Ruskin, Le sette lampade dell’architettura

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La somma instancabile munificenza della Santità di N.S. Papa Clemente XII, avendo dichiarato Porto franco questo porto d’Ancona, e volendo inoltre accrescere il vantaggio con la nuova erezione di un lazzaretto sporco per il comodo di un Commercio, e delle mercanzie, che vengono giornalmente trasportate dalle molte Navi, e Bastimenti, che da varie parti giungono in questo Porto; si compiacque però la Santità di N.S. di dare al virtuoso Architetto Sig. Luigi Vanvitelli la commissione d’ideare la Pianta di d. Lazzaretto; come infatti eseguì fino da giugno passato’. Così si legge in quel lavoro davvero indispensabile che è Il Lazzaretto di Ancona, un’opera dimenticata a firma di Carlo Mezzetti, Giorgio Bucciarelli e Fausto Pugnaloni. Il brano citato proviene

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dal ‘Diario Ordinario n.2502 in data delli 15 Agosto 1733’ stampato a Roma dal Chracas e propone, più avanti, una sintetica scheda di quello che la Mole dovrà essere: ‘Viene formata questa in figura pentagona, circondata da lunga cortina di simile figura per il comodo passaggio della Ronda, e divisa da lungo spazio, che renderà isolata in tutta la sua estensione la fabbrica de’ magazzeni, ciascuno dè quali averà la divisione, che lo distinguerà dall’altro: Sorgerà poi nel centro d’un ampio cortile pentagono, circondato, e racchiuso dalle abitazioni, una Cappella grande, le di cui fondamenta conterranno una ampia conserva d’acqua, da cui saranno provvedute cinque cisterne minori, che si apriranno negli angoli interiori dell’istesso cortile, all’interno del quale si eriggerà un loggiato aperto, lungo il quale si apriranno gl’additi alle abitazioni, ed a’ magazzeni, che resteranno a quelle superiori con le fenestre dell’ultimo piano riguardanti il cortile, tanto che, tanto questi, come quelle riguarderanno la Cappella come centro de’ i poligoni, e potrassi udire la Messa senza scostarsene’. La posa della prima pietra avviene, a lavori già iniziati, il 26 luglio del 1733, alle ore 22 e il ‘lemocomium mercibus ac navigantibus expiciendis’ (lazzaretto e magazzeno per la quarantena in modo da garantire l’immunità da epidemie che persone e merci avrebbero potuto portare proveniendo da luoghi sospetti o infetti) verrà completato nel 1743, tre anni dopo la morte di Clemente XII.

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A guardarla, quell’isola congiunta da due ponti ai moli dirimpetto (‘Giace la mole isolata fra il mare…’ scriveva il Ricci nel 1834), si coglie, nella perfezione geometrica della struttura, quel senso di solidità armonica che sposa l’idea della cittadella tardo-rinascimentale alle altre funzionalità (sanitarie, militari, mercantili) che implicano una idea di storia urbana e di architettura pensate nella lucida intelligenza di uno sguardo integrale: ‘[…] la mole segna la conclusione geografica della forma e dell’espansione urbana pertinenti alla città-porto e alla città commerciale, conclusione geografica della forma urbana consona alla forma geografica […]’ (Fausto Pugnaloni). Nel tempo, l’isola sarà anche (anni Ottantache viene svolto dal Fondo Mole Vanvitelliana (allo scopo di favorire la gestione degli spazi disponibili per un catalogo di programmi che ne facciano, in breve tempo, la sede più rappresentativa della città togliendo Ancona dal novero delle impossibilità permanenti).
‘Traiano. Ai confini dell’Impero’ del 1998 e ‘Libri di pietra.

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