Un reame di luce

Estratto da nostro lunedì
numero 2 – nuova serie

Paolo Volponi e Urbino

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“Si dovrebbe andare a Urbino di settembre, fra  il 10 e il 20 del mese. In quel periodo con molta probabilità vi capiterà di trovarvi, oltre che la città più vuota e quindi più scoperta epenetrabile, delle giornate di singolare splendore, aperte tra la marina e l’Appennino in infiniti ordini di colline e di correnti, in un firmamento profondo e azzurro come mai in nessun altro luogo.Se poi asseconderete la fortuna locale alzandovi presto la mattina, troverete davanti a voi, sui torrioni, il paesaggio appenninico indorato dal primo sole e soffuso in basso, tra le vallate e le forre, di bianche e soffici nebbie come di un mare irreale, da miracolo o da pittura protorinascimentale.Da una di queste mattine è nato di sicuro il disegno di Urbino, il progetto della città ideale, posta all’incrocio degli elementi intrinseci di un territorio, misurata e costruita nel rapporto perfetto tra spazio, edifici, materiali funzioni società e animata da una cultura unitaria, da tutti mossa e intesa.” Questo l’incipit di “Cantonate di Urbino” (1981) chesi vorrebbe lasciare in tutto il suo spazio integrale a disegnare – meglio di chiunque altro – il profilo indelebile della sua città (“[…] al centro di un’intera rete di figure ossessive nell’opera narrativa e poetica di Volponi” come ha scritto Emanuele Zinato).nostro lunedì, proprio per guardare al rapporto tra l’autore e il luogo dov’è venuto al mondo, ha inteso dedicare, dopo Lorenzo Lotto (“L’attimo terrestre” del 2011) e Giacomo Leopardi (“Il pensatore pericoloso” del 2012), a  Paolo Volponi e Urbino il numero 2 della nuova serie qualificando la congiunzione corsiva come ponte di collegamento esistenziale, civile, sociale, storico e artistico che coniuga le forme, i contenuti e gli stili, tra parola e sguardo, tra scrittura e pittura, per restare ad un “amore appassionato ed esclusivo” (Antonio Paolucci) di Volponi che troverà il suo culmine nella doppia donazione, tra il 1991 e il 2003, di diciannove dipinti alla Galleria nazionale delle Marche che ha sede in Palazzo Ducale. Binomio davvero inscindibile quello di uno fra i maggiori scrittori del Novecento e la sua origine. Per indagare e capire i relami e la trama dei legami ci siamo avvalsi di contributi che mettessero in luce proprio la rete tessuta intorno, dentro e fuori le mura ducali, tra la piazza e i confini d’Appennino, le Marche e oltre. Così prosa e verso segnano latitudine e longitudine di un destino d’autore che ha alternato, nei confronti della propria “patria” o “matria”, condivisione e contrasto, contraddizione e distanza, complicità e ribellione, prossimità e distacco, come ogni amore al quale si è concesso tutto perché tutto ha dato e ha tolto. In un contesto di plurali apporti di intelligenza e singolarità, si è anche tentato di allontanarci dai “luoghi comuni” testuali e di immagine per consentire ulteriori esperienze con libri di enorme ampiezza, da L’antica moneta del ’55 a La strada per Roma del ’91. Due passaggi nodali guidano il viaggio: l’intervista a Emanuele Zinato, curatore dell’opera integrale di Volponi per Einaudi, e l’altra, a Volponi, ad opera  del sottoscritto, registrata, in due tempi, nel 1974 e nel 1976, nella casa urbinate di Via degli Orti.

 

f.s.

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