CON IL SANGUE AGLI OCCHI

ANTONIO MANCINI
Un boss della banda della Magliana si racconta con Sandro Ruotolo
Con la partecipazione di LUCA VIOLINI
Regia di BEPPE ARENA

23 luglio 2015
Viterbo / Piazza San Lorenzo h 21.00
TUSCIA OPERAFESTIVAL

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Ingresso libero
www.tusciaoperafestival.com

Ai lettori
“Ho conosciuto Antonio Mancini per lavoro. Ero andata a chiedergli
un’intervista per «Chi l’ha visto?». Mi aspettavo semplicemente
un ex killer e invece ho trovato un uomo pieno di
contraddizioni, con una vita terribile alle spalle e un presente
tormentato dai ricordi. E nonostante fosse restio a concedermi
l’intervista, gentile, con me, che continuavo a torturarlo con le
mie domande.
Abbiamo parlato per ore, io cercavo di saperne di più sulla
banda della Magliana e sul ruolo che l’organizzazione criminale
poteva aver avuto nella scomparsa di Emanuela Orlandi. Ma
Antonio Mancini mi raccontava anche del suo presente, dei
portatori di handicap, o dolenti, come li chiama lui, dei quali si
sta occupando. E mischiando i due argomenti a un certo punto
mi ha detto: «Ogni volta che ne abbraccio uno mi sembra che
una delle gocce di sangue che ho versato torni indietro, e questo
mi dà un po’ di sollievo».
Poi mi ha precisato che molti hanno scritto e detto della
banda della Magliana, ma erano quelli che ne stavano fuori,
e che lui, da dentro, avrebbe potuto spiegare quello che era
successo in quegli anni. Così ha cominciato a raccontarmi la
sua storia, e io a scriverla. Abbiamo iniziato un percorso fatto
di parole, di ricordi, e anche di litigi. È per me una storia di
sangue e di incomprensibili omicidi. Una storia di criminali,
ma non solo. È anche molto di più, è parte integrante di tanti
misteri italiani.
Forse la struttura di questo libro ricorderà quella del romanzo,
ma purtroppo questa è la verità raccontata da Mancini;
questa è la sua storia, questi sono i fatti che ha vissuto o che gli
hanno riferito i compagni di malavita. Devo però precisare che
molti dei protagonisti di questo libro non sono stati ritenuti
responsabili dei reati gravissimi di cui parla Mancini, tanto che
le prime inchieste giudiziarie sugli uomini della banda si sono
concluse con molte assoluzioni.
La prima grande inchiesta, che inizia nel 1985, finisce l’8
febbraio 1986, quando il Tribunale di Roma manda assolti
quasi tutti gli imputati. La giustizia non riconosce neppure l’esistenza
della banda della Magliana. Il secondo grande processo
arriva dopo le dichiarazioni fiume di Fulvio Lucioli, detto er
sorcio. Il 23 giugno 1986 la Corte d’Assise di Roma condanna
una trentina di esponenti, il 27 giugno 1987 la Corte d’Appello
conferma, ma il 14 giugno 1988 la Prima sezione penale della
Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Corrado Carnevale,
annulla processo e condanne, bacchettando i giudici di
primo e secondo grado per aver creduto senza approfondimenti
a un «delatore». Nel frattempo ci sono state le confessioni di
Claudio Sicilia, nel marzo dell’87. La procura della Repubblica^
decide l’arresto di decine di persone. Passano due settimane, e il^
Tribunale del Riesame annulla tutti i provvedimenti e revoca i
mandati di cattura. Solo alla metà degli anni Novanta si avranno
severe condanne, ma per alcuni protagonisti, già morti, i
fatti e le vicende criminose che Mancini e altri pentiti attribuiranno
loro non hanno formato oggetto di processi penali, così
che c’è chi è deceduto da incensurato.
In particolare per quanto riguarda Enrico De Pedis, detto
Renatino, non vi è una sola sentenza che lo abbia condannato
per sequestro di persona, omicidio o altro. Prima della sua
morte era stato assolto da tutti i reati ascrittigli con sentenze
passate in giudicato.
Io ho ascoltato Antonio Mancini e letto le sue deposizioni
davanti alla Corte, e c’è un suo interrogatorio che per me è
il motivo di inizio e di conclusione di questo libro: «Vorrei
aggiungere, rivolgendomi alla Corte, che ha contribuito a far
maturare il mio proposito di collaborare con la giustizia il senso
di disgusto, vorrei dire di nausea, che ha suscitato in me il
rendermi conto che io, come altri partecipanti della banda della
Magliana, siamo stati usati, strumentalizzati per fini di bassa
politica che nulla avevano a che fare né con i nostri interessi
né con i nostri obiettivi. Non voglio sostenere di essere stato
un santo, ma vi è un limite a tutto, anche alla delinquenza.
Ho pagato per le mie colpe e sono pronto a pagare ancora se
necessario, ma intendo scindere la mia responsabilità morale da
quella di altre persone che, pur se non hanno mai materialmente
azionato un grilletto, ritengo che siano moralmente peggiori
di me e dei miei amici».
Antonio ora dice di essere un altro.
E ve lo dovete immaginare nel suo piccolo monolocale,
mentre mi racconta, fumando una sigaretta, e chiedendomi di
alzare la voce, perché è un po’ sordo: «per le pistolettate», come
mi ha spiegato con la sua solita ironia.”

Da libro di
Federica Sciarelli
con Antonio Mancini
“Con il sangue agli occhi
Un boss della banda
della Magliana si racconta”
Proprietà letteraria riservata

 Schermata 2015-07-21 a 18.18.24

 

© 2007 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-08271-6
Prima edizione Rizzoli 2007
Prima edizione BUR Best luglio 2015

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