San Ciriaco

Dopo settimane passate in compagnia di Francesco Scarabicchi, noi di Lirici Greci comunicazione abbiamo deciso di dare spazio a Maria Grazia Maiorino, poetessa e scrittrice veneta che vive e lavora ad Ancona

Ogni settimana vi presenteremo una poesia tratta dal suo ultimo lavoro, I giardini del mare, accompagnata dalle immagini dell’artista Raimondo Rossi. La prima è una poesia dedicata ad uno dei simboli della città marchigiana: San Ciriaco.

Copertina - I giardini del mare

 

San Ciriaco

Ho visto la città trasfusa nel suo cielo

serica luce nuvole fastose

sbalzate in oro le facciate delle case

alte sul porto senza strade

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Sui gradini del mondo

Un’epigrafe.

Guarda la notte che non si dirada
sui gradini del mondo, tu che siedi
dove più forte è il vento di ogni strada:
questo il presente della storia, il lutto
reso ai dove del niente, la contrada
di passi che si perdono, il delitto
nel silenzio dei nomi quando avara
è la virtù del sogno che condanna
gli uomini al loro nulla, a una memoria
di volti senza voce, a un’ombra bianca;
altro non chiedi, nella luce che tocca
la morte che non vedi e che ti affianca,
se la pietà, nel freddo, non ti parla,
se vivere è soltanto quel che
devi.”

Francesco Scarabicchi,
da Il cancello, peQuod, 2001

La febbre e il chiaro giorno

Tutto il tempo del tempo non è niente,
età che si dissolvono, declini,
luci che vanno dov’è sempre sera,
anime abbandonate dalle cose,
sedili da levante, tende, vele,
libri tradotti in polvere, missive
e tu che non ritorni e non dai avvisi,
non replichi quel verso, non consigli,
non agiti nell’aria il fiore rosso,
non scendi più dai treni, non concili
la febbre e il chiaro giorno,
il destino di un piatto che s’infrange
e il piccolo deserto di una sedia.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

Gli occhiali

 

Ora tutto è compiuto
al muro bianco
di piazzetta Sant’Anna
e basta poco
per condurti alla soglia.

Limpida nella luce,
ascolta ciò che resta:
lo scialle e quegli occhiali
accanto alla specchiera,

 i tuoi che ora non sanno
per quali occhi guardare.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

Un giorno

Oh quanto pesa un giorno
di miserie e lividi,
l’anima che si strama,
le parole cadute
senza amore, l’ombra
che ho salutato
solo con l’abitudine
e questa sera grigia
in cui la vita
si fa così vicina
ed io non ne so niente.

Francesco Scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

 

Armeria

 

Parlavi di non so quale amore,
un altro prima di me
ed io seguivo, con gli occhi,
un’armeria ormai chiusa,
anch’essa, come noi, appoggiata
ad una stessa notte,
e dei fucili in fila
nella rastrelliera,
l’ombra immobile e fredda.

Volevo fossi un’altra
–  pensando alla tua bocca
come a un bacio –
ma non l’ho detto, cara,
ho solo sussurrato:
« Riapriranno la caccia ».

 

Francesco scarabicchi,
da
Il cancello, peQuod, 2001

 

La Poesia di Francesco Scarabicchi

Francesco Scarabicchi

Una parola secca, minima, che lavora per sottrazione, ma che proprio per questo si presenta come doppiamente intensa, la poesia di Francesco Scarabicchi rappresenta ed è riconosciuta una delle esperienze più interessanti della poesia italiana degli ultimi anni. Alla quinta raccolta in poco meno di trent’anni, la fisionomia dell’autore marchigiano è ormai nettamente definita: lirico nel senso pieno ed anzi esclusivo del termine, i suoi versi sono scanditi tanto dalla severità formale quanto dalla fedeltà al vivere comune di cui sono piena testimonianza tutti i suoi precedenti lavori. L’ora felice rappresenta oggi una Continua a leggere