Arriva l’app trova-parcheggio!

Trovare parcheggio in molte città italiane è davvero stressante, per venire incontro alle esigenze dei cittadini motorizzati un giovane campano Giuseppe De Pascale, 28 anni che vive a Frattamaggiore, ha messo a punto una applicazione trova parcheggio: Crafty Parking. Il funzionamento è semplice, in ciascuna zona dotata di strisce blu nel comune attuatore del progetto i lotti vengono numerati tramite verniciatura e su ciascuno di essi viene apposto un sensore magnetometro. L’utente parcheggia l’auto, digita sul parchimetro il numero del posto occupato e paga il costo del parcheggio. Il parchimetro e il sensore trasmettono via internet i dati sull’occupazione e liberazione dei lotti dell’area di suo riferimento ad un server, che li rende consultabili tramite l’applicazione per smartphone. L’utente cliccando sull’applicazione, viene geolocalizzato e l’app indica  il parcheggio libero più vicino alla sua posizione. La costante connessione on-line dei parchimetri, consente di monitorarne il funzionamento, tanto ai tecnici quanto agli ausiliari del traffico che, muniti di dispositivi, sui quali visualizzano lo stato dei lotti, possono facilmente individuare eventuali i trasgressori. L’app oltre ad essere una comoda soluzione per chi è in cerca di un parcheggio, è anche una soluzione contro la sosta selvaggia.I benefici per il comune attuatore del progetto sono stimati in una riduzione del 30% del traffico urbano e nel raddoppiamento delle entrate provenienti dalla sosta su strisce blu.Per gli automobilisti il tornaconto si traduce in un risparmio di tempo, energie e denaro spesi per l’inutile circolazione alla ricerca di un parcheggio.

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Copertine d’autore

Oggi dedichiamo questo spazio a questa bellissima copertina di Riccardo D’Alisi per “La lettura”, inserto del quotidiano “corriere della sera”.
E’ stato indetto anche un concorso per artisti, “Una copertina per la lettura”. L’opera vincitrice è stata pubblicata come copertina de La Lettura a marzo 2013 in occasione della 50esima edizione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna.

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Le poesie di Daìta Martinez

Un particolare

sotto la guancia

immaginata niente

s’imbarazza di fili l’aiuola

Daìta Martinez

 

Daìta Martinez è nata a Palermo ove risiede.Segnalata e premiata in diversi concorsi ha pubblicato in antologica con LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni.E’ autrice dei testi in video tour Kalavria 2009.(dietro l’una) è la sua opera prima, edita LietoColle, 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”.Il dialetto Daìta, e-book a cura di Sebastiano A. Patanè, Catania, 2011.



 

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Paolo Volponi e Urbino

In occasione dell’uscita  nostro lunedì – numero 2
Paolo Volponi
e Urbino / 23 maggio Ridotto Teatro Sanzio – sala del maniscalco

Quella di oggi è una società con pochi desideri e molti bisogni di frequente confusi tra loro. Il bisogno è qualcosa che preme per la sua urgenza e necessità di un appagamento immediato, ed è legato alla velocità e a una precisa mancanza. Spesso, i bisogni sono indotti, dalla pubblicità, o dalle consuetudini che regolano funzioni sociali.
Queste foto nascono dal desiderio, che è la tensione di dare una forma alle cose, alla realtà, così da in-formare, cioè, ricevere forma dal desiderio. (io sono anche quello che desidero) Il desiderio indica l’attesa, l’attesa del bene che siamo noi, come persone, come uomini e donne. Mi hanno raccontato di recente, che una signora, da bambina voleva suonare il pianoforte. Per tanti motivi non riuscirà ad andare a scuola di piano. Poi il lavoro sarà un altro impedimento al suo sogno. All’età di 60 anni compra un pianoforte e va a scuola. Si desidera di non morire, ma è impossibile dire “ho bisogno di non morire”.
L’aggettivo italiano buono, si traduce dal greco “agathòn” che vuol dire “ciò che    merita stima” in questo caso, il paesaggio del Montefeltro, Non si sogna la violenza o il male, altrimenti si dice che è un incubo. Non si può parlare di desiderio, senza parlare del suo termine di tendenza, il bene. Quindi ciò che è buono, che come sapete per la tradizione socratica. coincide anche con il bello. Consideriamo ora l’etimologia della parola. Nell’antico latino, “de-siderare” significa osservare  le stelle “sidera=stelle” con attenzione: “la particella “de” ha infatti valore intensivo”. Si allude con ciò a qualcosa di non determinato, che però attrae lo sguardo al di sopra delle cose che sono a disposizione dell’esperienza. Qui abbiamo i cieli come uno degli oggetti del desiderio, il cielo sta al di sopra della terra, in alto, in relazione con essa, non può esistere un paesaggio così come quello che vedete, senza un cielo che ne definisce le zone, ora in luce o in ombra.
In un certo senso non si può parlare di paesaggio senza citare il suo cielo.
Ogni foto è il prodotto di un tempo, spesso piuttosto lungo. Ogni foto ha dietro una persona invisibile, ma per me presente  come ricordo o affetto, sentimenti che in un certo modo hanno acceso il fare e l’andare. Quindi il mio desiderio, è anche il desiderio di un’ altro, e forse spero, lo sarà di un’ altro, di un’ altro ancora e così via. Se un tempo lungo ha prodotto queste foto, attraverso l’attesa della luce del mattino o della sera: le stagioni, la conformazione delle nuvole, la qualità della purezza dell’aria o di quel particolare che appartiene alla storia, illuminato in un certo modo. L’attimo dello scatto invece, è una frazione di secondo,  una breve scintilla che ferma un insieme di fortunate coincidenze, è questo brevissimo tempo, che spesso perdiamo, che cerca il dialogo con l’eternità.

Giampiero Bianchi

 

 

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Prestando lampi alla notte su Macerata

 

Di Filippo Davoli

Se nostro lunedì chiede al sottoscritto di scrivere una (bella?) pagina su Macerata, sa che rischia di trovarsi sotto gli occhi magari solo un lembo di questa città; un angolo, un nido, un punto marginale o indifferente ai più. Sa – e forse è quello che vuole – che la pagina non conterrà informazioni ma lampi; che chi non le è proprio potrà (spero) visitarla da dentro, da dietro, ed anche più in là (non importa dove ma quanto, più in là) di ciò che comunemente la città significa.
Non è un caso, non lo è mai per qualunque città, che Macerata sorga sulle colline (così come altre città sono porti o castelli montani). È la collina dolce del Piceno, che ha reso il maceratese smussato come i suoi colli; mite quanto inafferrabile; solido quanto mutevole; preda del suo mare d’erba, del moto ondoso delle sue campagne. E, come quando l’architettura era ancora il passaggio del testimone dalla natura all’uomo, anche lo sviluppo urbanistico di Macerata risponde fa presente la cautela nella navigazione, unitamente  all’estro geniale ma introflesso, come è proprio di un mare di terra, di barche arroccate sui cucuzzoli.
In quelle rare e ottime occasioni in cui un black out mescola provvidenzialmente tutte le carte, aprendo i palazzi del centro storico a uno scuro formidabile, il buio è appena scalfito dalle stelle (per le vie non passa più nessuno e tutt’al più si alza una risata di studenti universitari di ritorno dalla discoteca o dal pub); solitari, ci si perde  per i vicoli ormai disabitati del centro, fin dove gli spigoli coperti dalla parietaria si concedono al mare d’erba delle colline e in lontananza si può scorgere la sagoma del Conero a picco sul mare; e alle spalle i sobri palazzi rinascimentali, miniature di quelli fiorentini ma di fattura analogamente aggraziata, rigorosamente a faccia vista, alternati da case basse e fughe di sguardo a destra e sinistra, là dove si originano e confondono tra loro viuzze ed erte, sampietrini e scalette. Poco lontana, la Loggia dei Mercanti: nel cuore della notte, disabitata, sembra quasi rilasciare un po’ delle sue memorie; era lì che ci incontravamo con Remo Pagnanelli. All’epoca l’illuminazione notturna era terrea, non incoraggiava il passeggio. Con Remo e Guido Garufi – e tanti altri amici – si copriva quel vuoto con la forza della parola.
Chissà se qualcuno, insieme ai palazzi, un giorno ricorderà anche queste minime cose… I monumenti umani… Mentre cammino ci penso. Anzi, spesso lo faccio: tocco i muri per raggiungere oltre il tempo chi non c’è più: sia che il suo nome sia nella memoria di tutti, sia invece che la sua traccia si sia persa nel nulla. Nel silenzio irreale che c’è intorno, mi tornano anche le voci, le più difficili da ricordare, senza un documento sonoro: mi provo a rimodularle mentalmente, e in questo modo è come se la Piazza della Libertà fosse ancora popolata come allora.  Il sostegno di luci più calde, più avvolgenti, è un conforto che sa calmare e colmare…
Con Pagnanelli, negli ultimi tempi, c’eravamo visti in periferia, dalle parti di casa sua: guardava l’ultimo polmone di verde nella via subito sotto, verso la strada di scorrimento sud
(che grande mistero, lo sviluppo viario di Macerata…). C’è anche un video, l’unico esistente di Remo, in cui parliamo insieme di poesia, a casa sua, e quindi sottobraccio ci avviamo a guardare quel famoso polmone verde che, in effetti, come aveva previsto lui, adesso è finito.
La notte facilita il passeggio: arrivo in Piazza Cesare Battisti, davanti alla casa natale di Padre Matteo Ricci. Ecco un’altra vistosa anomalia di Macerata, piccola come Nazareth e – come Nazareth – insospettabile generatrice di grandi personalità. Il gesuita che qui ebbe i natali è sepolto in Pechino: e nel suo nome (come peraltro in quello di Giuseppe Tucci, altro nostro concittadino) oggi la nostra città conosce una nuova feconda stagione di rapporti, sia istituzionali e commerciali che religiosi, con la Cina; le delegazioni le incrociamo spesso, tra il municipio e il palazzo della Provincia; così come giovani sacerdoti del seminario diocesano e missionario Redemptoris Mater (che qui è sorto pochi anni fa, con l’intenzione precipua della rievangelizzazione, in particolare della Cina) hanno già preso la via della missione verso l’estremo oriente. Chi l’avrebbe mai sospettato, solo dieci anni fa? Eppure Macerata ha da sola più vocazioni dell’intera regione Marche.
Di notte, comunque, è ancora e sempre l’isola con i dolci limiti che la fanno paese e mondo: e dai suoi silenzi riaffiorano altre sagome, altre voci, che l’hanno resa meno chiusa fuori dei suoi confini: su tutti, mi vedo davanti il sorriso illuminante di un amico indimenticabile, grande artista, come Wladimiro Tulli, che mi manca ogni giorno un pochino di più; ci sedevamo sotto le logge del Palazzo degli Studi, dopo aver passeggiato un po’. Io gli chiedevo: “Perché se mi vesto di viola e marrone come te, mi sta male, addosso?” e lui replicava di botto: “Perché io non ho paura dei colori!”. Aveva ragione: per questo continuo a camminare da solo nella notte, senza avere più paura del buio.

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Intervista a Scarabicchi

Andato in onda su E’TvMarche, canale 12 Giovedì 11 aprile 2013, ore 20.45
Gabriella Papini e Francesco Scarabicchi Poeta.
Un poeta è sempre un mistero…non un mistero buffo ma un mistero del cuore. Di ogni cuore. Tutti siamo stati un po’ poeti. Troviamo e cerchiamo la poesia nell’arte, nella musica, nel paesaggio. Ma amiamo i poeti? Quanto li conosciamo? E quanto li cerchiamo?

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“Arteinsieme”

“Arteinsieme”-cultura e culture senza barriere

 “Una grande mobilitazione del mondo dell’educazione e della cultura per dare voce e sostenere, attraverso i linguaggi dell’Arte, i diritti delle persone con disabilità e svantaggiate per provenienza da culture altre.”

Un appuntamento con l’arte e la solidarietà, promosso dal Museo Tattile Statale Omero, dal Liceo Artistico “Edgardo Mannucci” di Ancona e dall’ A.R.I.S.M. – F.A.D.I.S. (Associazione Regionale Insegnanti Specializzati delle Marche – Federazione Associazioni Docenti per l’Integrazione).
Dal 2003 (anno europeo del disabile) Arte Insieme rinnova periodicamente il suo impegno volto a valorizzare la cultura e l’espressione artistica come risorsa per l’educazione e la crescita personale di tutti e ad abbattere ogni barriera che ancora impedisce ad alcune categorie di persone di fruire e di godere del patrimonio culturale e museale.
Con il mese di maggio iniziano in tutta in Italia gli eventi di “ArteInsieme – cultura e culture senza barriere”, la Biennale promossa dal Museo Tattile Statale Omero che da sempre si presta per un approccio alla realtà di tipo sinestetico,  dal Liceo Artistico “Edgardo Mannucci” di Ancona, dall’A.R.I.S.M. – F.A.D.I.S. (Associazione Regionale Insegnanti Specializzati delle Marche – Federazione Associazioni Docenti per l’Integrazione Scolastica ), in collaborazione con la Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee – Servizio V, Architettura ed Arte Contemporanee e la Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale – Centro per i servizi educativi del museo e del territorio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con l’Ufficio Scolastico Regionale per le Marche.
Ad Ancona,  dove la Biennale è nata, saranno tre i grandi eventi previsti nel mese di maggio:

24 maggio 2013 – HAPPENING, piazza Pertini, ore 9.30

28 maggio 2013 – ArteInsieme Musica e Poesia, Teatro Sperimentale, ore 21 andrà in scena Musica e Poesia con la straordinaria partecipazione di Francesco Scarabicchi.

29 maggio 2013 – ArteInsieme Convegno/Spettacolo, Auditorium Mole vanvitelliana, ore 09.00

08 giugno 2013 (da definire) – Terzo Paradiso, inaugurazione opera del maestro Michelangelo Pistoletto, testimonial dell’evento  e opere selezionate degli studenti delle Accademie di Belle Arti e dei Licei Artistici, Sala Leopardi, Mole vanvitelliana, orario da definire, SARA’ PRESENTE MICHELANGELO PISTOLETTO, ore 11

Tutti i laboratori ed eventi che si svolgeranno anche a Loreto Milano, Rivoli, Roma, San Benedetto del Tronto, Sassari e Venezia, avranno come obbiettivo quello di creare significative occasioni di conoscenza sulle tematiche legate all’arte favorendo un approccio sinestetico e libero dalle barriere, utile a comprendere meglio l’altro e la relazione con il mondo.

Tutte le info su:
www.arteinsieme.eu

www.museoomero.it

di Francesca Luslini

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I vasi-lampade di David Darksen

A testa in su, sono vasi. Se capovolti, diventano lampade. Ma in realtà, a guardarli meglio, questi oggetti svelano una somiglianza inattesa: quella con gli strumenti in vetro dei laboratori chimici. I tre progetti del designer olandese David Darksen raccolti in questa pagina sono in effetti un tributo alle forme essenziali e rigorose della vetreria scientifica. Orientati talvolta, come nel caso dell’immagine qui sopra, anche in chiave green. In ciascuna di queste lampade-contenitori, chiamate Dewar Vase e Dewar Light in tributo allo scienziato britannico James Dewar, la sagoma sinuosa del vetro è accompagnata da un morbido supporto in gomma. C’è poi il caso di Flask Vase, nel quale la superficie non è trasparente, ma riflettente. Anche Flask Vase è un progetto dall’anima scientifica: in effetti, non fa altro che riallacciarsi ai principi di funzionamento di un comunissimo thermos da caffè, nel quale tra due contenitori di vetro, l’uno inserito nell’altro, si trova spesso una superficie argentata.

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Presentazione – Evento di “nostro lunedì” al teatro Sanzio di Urbino!

NUOVO NUMERO DEL PERIODICO NOSTRO LUNEDÌ DEDICATO A VOLPONI E URBINO

Marcolini: “La Regione candida Urbino, la sua storia,i suoi figli migliori e quanti l’hanno vissuta ed amata, a Capitale della Cultura 2019”

Oggi, Appuntamento al teatro Sanzio, giovedì 23 maggio,
per una presentazione-evento

“Ospitare la figura di uno fra i maggiori scrittori e poeti del Novecento come Paolo Volponi, coniugandola con la sua città per il rapporto umano, spirituale, ispirativo con essa intrattenuto, ha accresciuto il valore di questa pubblicazione”: così l’assessore alla Cultura, Pietro Marcolini, alla presentazione, nella sede regionale, del nuovo numero del periodico nostro lunedì, dedicato a Paolo Volponi e alla sua città, Urbino.
“Dopo Lorenzo Lotto nel 2011, Giacomo Leopardi nel 2012, non credevamo fosse facile affiancare agli altri due numeri della nuova serie di nostro lunedì un monografico che fornisse lo stesso sguardo mentale e lo stesso respiro artistico – ha aggiunto l’assessore – Possiamo dire che anche quest’anno nostro lunedì ha vinto la sfida, così come è riuscito a segnare la distanza dai luoghi comuni che hanno riguardato spesso Urbino, città ducale, ideale, ma anche città normale, oltre la bellezza e la singolarità che la fanno unica”.
Francesco Scarabicchi
, ideatore e curatore, con Francesca Di Giorgio, del periodico, ha specificato che nostro lunedì “proprio per guardare al rapporto tra l’autore e il luogo dov’è venuto al mondo, ha inteso dedicare a  Paolo Volponi e Urbino il numero 2 della nuova serie qualificando la congiunzione corsiva come ponte di collegamento esistenziale, civile, sociale, storico e artistico che coniuga le forme, i contenuti e gli stili, tra parola e sguardo, tra scrittura e pittura, per restare ad un “amore appassionato ed esclusivo” (Antonio Paolucci) di Volponi che troverà il suo culmine nella doppia donazione, tra il 1991 e il 2003, di diciannove dipinti alla Galleria nazionale delle Marche che ha sede in Palazzo Ducale”.
“La consapevolezza dei patrimoni di cui le Marche dispongono – ha sottolineato Marcolini – è motivazione per seguitare a sostenere e diffondere la coscienza del privilegio di cui disponiamo pur nella difficoltà del momento che attraversiamo. È con questo spirito che la Regione Marche candida Urbino, la sua storia, i suoi figli migliori e quanti l’hanno vissuta ed amata, a Capitale della Cultura 2019. Una sfida complessa, che vogliamo tentare, convinti del contenuto e non solo del contenitore che proponiamo. E Volponi è nei nostri pensieri non solo per averlo conosciuto personalmente ed aver con lui condiviso momenti ed aspetti della militanza politica, ma perché a lui nelle Marche si continua a dedicare un importante Premio Letterario annuale nella città “gemella” di Urbino, secondo quanto sosteneva Volponi, e cioè Fermo, e perché abbiamo voluto fonderlo in un prestigioso libro d’arte dal titolo L’Animale poetico con le incisioni immaginifiche e stagliate di un grande artista marchigiano come Valeriano Trubbiani”.

 

 

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