Autunno – Gabriele Ghiandoni

di Gabriele Ghiandoni
tratto da nostro lunedì
n° 2 – forme

Autunno

Og è el prim giorn
d’autun, en c’è più
la bora calda.
Stagh a giagia tel let:
è fred.

Oggi è il primo giorno
d’autunno, non c’è più
il vento di garbino.
Sto sdraiato sul letto:
è freddo.

La luna d’autun sòna el viulin
sopra la tomba de Arnth:
le foj càschen
una a una.

I nom scanc’lati
scìvulen (la rena
tra le man,
tracce fresche).

La luna d’autunno suona il violino
sopra la tomba di Arnth:
le foglie cascano
una a una.

I nomi cancellati
scivolano (la sabbia
tra le mani,
tracce fresche).

“…arrivò marzo con il suo mantello
bianco dalla fodera sdrucita e
fiocco a fiocco coprì la terra di uno
spesso strato di neve”.
Jens Peter Jacobsen

È autun, en c’è più
un fior sopra le tomb.

Tel giardin le foj èn a giagia
sota le piant,
mol.

È autunno, non c’è più
un fiore sopra le tombe.

Nel giardino le foglie sono cadute
sotto le piante,
bagnate.

autunno

Frammenti

I. La maschera ondeggia:
è Festa, la fin dl’estat,
l’Eco d’un batel…

I. La maschera ondeggia:
è Festa, la fine dell’estate,
l’Eco di un battello…

II. I culor: arancione e nero
– il magico la Trebbia:
i pipistrelli i gatti –
la suca svòida la candela
tla boca, la campagna de Roncsambac.

II. I colori: arancione e nero
– il magico della Trebbia:
i pipistrelli i gatti –
la zucca vuota la candela
dentro la bocca, la campagna
[di Roncosambaccio.

III. De giorn fagh i gioch:
la giurnata è longa. Me piac’ria
de guardà le stel, e armana
sensa pensà.

III. Durante il giorno faccio i giochi:
la giornata è lunga. Mi piacerebbe
guardare le stelle e rimanere
senza pensare.

El teatrin

Da ragas ce vléven i an prima
de parlà (dle parol c’n’è un bel po’:
pàsen de boca in boca…).

Quant va al Cafè
sent che pàrlen pàrlen pàrlen…
Cum fan a parlà tant
sensa dì gnent?

Ades è vechi, discur sa tuti,
fa el teatrin: j òmin le ragas
l’urtulan el falegnam el babier:
prò stà sèmper sit.

Il teatrino

Da ragazzo ci volevano degli anni prima
di parlare (di parole ce ne sono parecchie:
passano di bocca in bocca…).

Quando va al Caffè
sente che parlano parlano parlano…
Come fanno a parlare tanto
senza dir niente?).

Adesso è vecchio, parla con tutti,
fa il teatrino: gli uomini le ragazze
l’ortolano il falegname il barbiere:
però sta sempre zitto.

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An Inside View – Dentro lo sguardo.

“[…] invitandoci a scoprire, accanto al mestiere dell’artista, le forme estetiche della sua ricerca, la contraddizione dello sguardo che non vede e l’impossibilità di un’immagine esaustiva ed assoluta che certifichi il soggetto e fermi il tempo […]“.

Ancona /Mole Vanvitelliana (13 dicembre 1998 – 15 gennaio 1999)

Roland Barthes

“[…] Pagnini con i suoi splendidi ritratti ha sempre dato prova di essere qualcosa di più di un notevole fotografo dei tempi moderni. E, con piena consapevolezza,
un “cacciatore di anime“. Ed è evidente che, per lui, un grande ritrattista non può
che essere questo. Da questo punto di vista, l’incontro tra il fotografo e il soggetto
da ritrarre può essere paragonato a quello tra uno psicanalista e il soggetto
da analizzare:in tutti e due i casi, ciò che conta è l’emergenza della “verità”
del soggetto, che più che la manifestazione (come lascerebbe credere una concezione fuorviante e “superficiale” dell’immagine) della sua apparenza. Il sogno di Pagnini sarebbe, probabilmente, quello di poter raggiungere questo risultato “senza” dover ricorrere a uno strumento, a un medium concreto e materiale come l’apparecchio fotografico. La tecnica è una cosa. L’arte sublimale della fotografia – come pensavano Nadar e Balzac – un’altra […]“.

Massimo Di Forti

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L’anima del luogo

“Faccia a faccia” con Andrea Silicati

Andrea Silicati nasce a Jesi nel 1970 e contemporaneamente agli studi di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Macerata inizia la sua “pratica delle arti”.
Lo studio di Silicati è a Jesi, città dove vive e lavora, ma la sua attività si è man mano aperta nel territorio nazionale, dove l’artista ha tenuto mostre in gallerie private e spazi pubblici. Tra i vari progetti realizzati dall’artista, c’è la fondazione dell’Associazione Artistica il Camaleonte, al cui interno Silicati insegna dal 2007 disegno e pittura.
Negli ultimi anni la sua ricerca si è focalizzata in una pittura che narra un corpo nudo, fragile, con una tecnica ed uno stile nati da anni di sperimentazioni, ottenendo l’apprezzamento della critica e del pubblico.
Dopo un 2013 ricco di nuove esperienze pittoriche, grafiche e performative in cui l’artista si è rimesso in gioco percorrendo strade nuove, il 2014 si prospetta all’insegna della polarità tra un’attenzione a realtà estere ed un evento strettamente legato all’identità umana e territoriale della sua città natale.

Jesi in 999 ritratti – La mostra

Nell’epoca dei social Andrea Silicati ci offre una rete alternativa in cui viene recuperata una componente di indiscusso interesse: la relazione umana reale. Un risveglio dal virtuale, cui ormai siamo assuefatti, per ricordarci che l’identità più viva e pura di una persona (messa insieme ad altre 998 crea una comunità!) non viaggia on line ma con incontri e comunicazione diretta. Scambi di sguardi capaci in pochi attimi di creare un’empatia ed essere tradotti dall’artista in ritratti.
Ritratti fatti di poche ma sapienti linee emozionali.

Perchè 999? Se scattasse la decina sembrerebbe che qualcosa si sia concluso.
L’operazione di Andrea Silicati essendo vita vera non si concluderà mai.
(Simona Cardinali)

Faccia a faccia

Riportiamo una breve descrizione dell’incontro che si è svolto tra i ragazzi dello studio Lirici Greci comunicazione e Andrea Silicati.

Come definisci la tua arte?
E’ sempre difficile definire quello che ti viene da dentro. Se ragioniamo come critici, bhe…può essere inquadrata tra l’astratto e il figurativo, sul filo di queste due visioni. Una sorta di figura che sta per comparire.

Come definiresti il tuo percorso artistico, in che modo si è evoluto?
Prima ero un ritrattista tecnico, ho lavorato molto sul corpo, anche andando a toccare altre forme di arte come la danza.

Oltre al corpo?
Mi è piaciuto molto lavorare sul territorio, come nelle opere confluite nella personale “Ancona, città tra terra e mare”. O in Toscana, in una cornicie incantata, tra le Alpi Apuane e la meravigliosa natura del piccolo borgo di Cutigliano in provincia di Pistoia.

Visto che ne parli con tanto entusiasmo, raccontaci qualcosa
di più di questa esperienza.
Ho pensato alla creazione di un ritratto corale della comunità, per mostrare come l’anima di un luogo sia costituita dalle persone che lo abitano, dalla loro personalità, dalla loro storia, dai tratti del loro volto. Ho girato scuole, fabbriche, farmacie cercando di ritrarre “l’anima del luogo” in pochi minuti per ogni volto, e senza ripensamenti.

Con che tecnica fai questi ritratti?
Principalemente penna e acrilici, bianco e nero puro.

Come mai il ritratto è sempre al primo posto?
Perchè il corpo è il luogo del nostro essere, per lo meno io la vedo così.

A cosa pensi quando crei?
Meno penso e meglio è. Il progetto più è spontaneo
e meno controllato più risulta facile.

Come riesci, nel pratico, a elaborare in questo modo i volti?
Credo che ogni persona abbia un modo diverso di percepire le cose del mondo. Dipende caso per caso da come vedo in quel momento la persona. Ogni volta è un processo differente, non è un ritratto tecnico.

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#PesaroFilmFestival. Retrospettive e (pre)visioni del cinema di domani

La cinquantesima edizione del Pesaro Film Festival ha preso il via.
L’evento, iniziato il 23 giugno, si svolgerà nel centro storico di Pesaro fino al 29 giugno.Pesaro50_Manifesto
La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema è diretta dal 2000
da Giovanni Spagnoletti e a distanza di cinquant’anni è una piattaforma consolidata
da cui giovani registi e nuovi linguaggi prendono lo slancio verso il grande pubblico.
Un festival in cui si può rinunciare ai lustrini e ai tappeti rossi ma non alla ricerca,
alla cultura, alla curiosità e alla sperimentazione. E, nonostante l’età, la Mostra
non ha perso la freschezza di un festival giovane che propone uno sguardo inedito, “nuovo”, come vuole il suo nome sui film nazionali e internazionali, e che invita
lo spettatore a un viaggio nel cinema di oggi, per (pre) vedere quello di domani.
In questo senso vanno infatti le sezioni che, insieme al Concorso, sono l’anima
della Mostra di quest’anno. La retrospettiva dedicato al cinema d’animazione italiano
che va alla scoperta del vivacissimo panorama sperimentale nostrano che,
nell’ultimo decennio e grazie anche all’avvento del digitale, ha trovato nuove forme
di espressione e distribuzione. Mentre gli Stati Uniti sono i protagonisti di un focus
che porta per la prima volta in Italia il cinema più nuovo e indipendente d’Oltreoceano.
Ma, naturalmente, un’ampia parte della programmazione è dedicata alla celebrazione delle cinquanta edizioni della Mostra. Anche in questo caso l’idea e il tentativo sarà
quello di non realizzare una proposta solo retrospettiva quanto una prospettiva sul futuro
del cinema e dei festival in generale.

Tra gli eventi in programma, a incuriosirci in maniera particolare è la sezione dedicata
al cinema d’animazione italiano.
L’animazione italiana forma parte di un universo molto poco conosciuto
se non nelle sue forme di maggiore successo come, ad esempio, la factory Rainbow creata da Iginio Straffi con le sue Winx. Un fenomeno che mostra il fermento di idee
e le capacità tecniche che si celano dietro uno dei settori cinematografici
più complessi e costosi da realizzare.
Il tentativo di questa retrospettiva è di fare luce sugli autori di animazione meno famosi
ma non per questo meno significativi in quanto a visione innovativa e alla capacità
di produrre nuovo cinema. In questa approssimazione alla storia contemporanea dell’animazione italiana non si può certo dimenticare il ruolo fondamentale che proprio
le Marche hanno avuto e continuano ad avere nel panorama nazionale.
Grazie principalmente alla fucina di veri e propri talenti che la Scuola del Libro di Urbino
è riuscita negli anni a esprimere. Da quando nel lontano 1951 venne istituita la sezione Disegno animato che ha portato alla creazione di forme espressive originali preparando illustratori e animatori tra i più importanti oggi in Italia come, tra gli altri,
Gianluigi Toccafondo, Roberto Catani, Magda Guidi, Mara Cerri, Beatrice Pucci,
Simone Massi. L’animazione ha la necessità di collocarsi al di fuori delle regole canoniche dei diversi generi per proporre esplorazioni innovative di forme espressive
e indagare questo mondo significa entrare in contatto con la parte più innovativa, fantasiosa e libera degli artisti del nostro paese. Aspetti che verranno sottolineati
nel volume monografico “Il mouse e la matita” (a cura di Bruno Di Marino
e Giovanni Spagnoletti) edito con Marsilio.

Intervista al direttore del Pesaro film Festival Giovanni Spagnoletti

Il festival è seguito da una campagna di marketing non convenzionale progettata
da “La Colonia della comunicazione”, agenzia-laboratorio dei corsi di laurea
in Comunicazione e Pubblicità del Dipartimento di Scienze della Comunicazione
e Discipline Umanistiche dell’Università di Urbino Carlo Bo.
“CiSelfiAmo” è il titolo della campagna ed è realizzata con l’ausilio delle più innovative forme della comunicazione virale.

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Con una programmazione simile non resta altro che recarsi a Pesaro per immergersi
in questo interessante ed innovativo contesto cinematografico.

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Sito web Pesaro Film Festival

Campagna di marketing non convenzionale “CiSelfiAmo”

 

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Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la F del Rockwell.

F-Rockwell

F/Rockwell
Prodotto nel 1933 dalla Monotype inglese per il mercato americano, il Rockwell
fa parte della famiglia di caratteri “Egiziani”, non per qualche affinità al mondo egizio,
ma perché introdotti quando vi era ancora la moda susseguente alla spedizione
di Napoleone in Egitto, con la stele di Rosetta, nella prima metà dell’ottocento e tornati in auge verso il 1930. Gli Egiziani e quindi anche il Rockwell si caratterizzano
per lo spessore delle grazie che è uguale a quello dei tratti, risultando caratteri forti
che ben si prestano a comunicare i messaggi e titoli diffusi ormai dalla sempre più crescente pubblicità commerciale. Il Rockwell funziona bene ancora oggi, per certe applicazioni, ed è uno dei più diffusi della sua famiglia.

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Lorenzo Vargas – L’eroe delle ere

Parte 3 di 4

Il primo insulto del Signore del Male verso il Creatore. Una vita sbagliata e a metà, manchevole di una fine, di un inizio e di un perché. La creaturina, che rispondeva
al nome di Bestemmia gli si avvicinò, mentre indossava un’armatura cupa
e minacciosa. Berciò, deferente:
-Bentornato, mio signore e padrone. Spero che la sua resurrezione sia stata agevole. Abbiamo già provveduto a rapire alcune vergini per festeggiarla con un banchetto.
Che nome ha diletto di usare, nostro Oscuro sire?
-Morgoth, mio orrido Bestemmia…
Poi si fermò un attimo. Una sorda malinconia era fiorita nel suo cuore. Sapeva
che il seme di quella strana infelicità era stato piantato lì mille vite prima e s’era preso tutto il tempo di germogliare. Forse era arrivato il giorno di portare
quella consapevolezza alla luce.
-… anche se temo che questo vecchio nome non avrà alcun festeggiamento. Non…
-… penso di poter sopportare un altra guerra, mio sire.
La sala del trono del buon Re era gremita da cortigiani allegri, che accolsero l’eroe Haddo con tutti gli onori che meritava.
A quelle parole, però, la sala calò nel silenzio ed il faccione benevolo del buon Re
si fece improvvisamente buio. Era davvero un buon sovrano. Un grande condottiero
ed uno statista giusto in tempo di pace.
Ma c’erano orrori che un buon sovrano non avrebbe mai potuto sconfiggere.
Per quelli serviva un grande eroe ed Haddo era l’unico che avevano. Non c’erano nemmeno profezie in bocca agli àuguri. Le voci provenienti dal nord, sussurravano
della nascita di un nuovo, grande Male, rendendo quella, una disdetta con tutti i crismi.
-Cosa vuoi dire, figliolo? Il tuo regno chiede il tuo aiuto e dopo aver dimostrato la tua grandezza sconfiggendo il Mogul e le sue armate, rinunci a salvarci tutti
ancora una volta?
-Rinuncio, mio sire. Sono stanco e vecchio ed in fondo anche se sconfiggessi un altro grande malvagio non cambierei nulla. Può riprendere il castello che mi ha donato,
mio sire. La mia amata, ormai non c’è più. Con lei il figlio che portava in grembo.
E’ stato un grande dolore, ma mi ha aperto gli occhi. Vi chiedo umilmente di farmi tornare al villaggio della mia infanzia, a coltivare il grano finché questa fragile pace
me lo permetterà. Continua a leggere

Nicola Montanari . Incisioni

Nicola Montanari si è formato fin da giovane alla Scuola Grafica di Urbino, anche se il suo primo maestro è stato Mainini di Macerata.

Oggi tutto ciò è solo un piacevole ricordo perché il suo stile personale è identificabile nella cospicua produzione e, in particolare, in quella degli ultimi tre anni nei quali ha focalizzato attenzione e produzione di ben oltre 80 zinchi, tutti di notevole dimensione.

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I paeaggi di Nicola Montanari sono familiari, quelli marchigiani, che vivono intorno a noi ogni giorno, le città che calpestiamo ogni giorno, i fiori che ammiriamo ogni giorno, eppure nuovissimi: alberi e ancora alberi, case isolate, balconcini in ferro battuto, mezze lune, pali della luce, un cancello prima chiuso e poi socchiuso, i contorni, come disegnati dalla mano di un bambino, sono commoventi, il volto delle case modificato ci meraviglia.

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Le panchine e le finestre sono deserte, non c’è essere umano o animale ad inquinare con un pur minimo movimento o scarto, tutto parla di effimera eppur statica bellezza: ‘nessun passo su tanto candore, nessuna orma ignota’.

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Ri-conoscenze – Giuliana Oliviero

di Giuliana Oliviero
tratto da nostro lunedì
n° 2 – forme

Tutto è cominciato con un’interrogazione di tedesco, tre mie compagne si erano messe degli scolapasta in testa e impersonato dei marziani che cadendo sulla terra eran finiti, guarda caso, proprio in Germania, dove avevano incontrato un nativo disposto a insegnar loro la sua lingua. Poi, le tre – preparatissime, peraltro – avevano preteso che quella scenetta, durata almeno mezzora fra grandi risate, venisse regolarmente valutata. Era il 1977, The wall – tanto per rendere l’idea – sarebbe uscito due anni dopo, ma noi, studentesse e studenti, ben prima del we don’t need no education, avevamo una certa influenza sulle scelte che ci riguardavano. La professoressa di tedesco era una brava donna, del genere “mamma”. Pure lei si era divertita per quella trovata, e poi, avendo dovuto scrivere il testo, impararlo a memoria, provare e riprovare il tutto – il lato cabarettistico, la forma teatrale, non era certo stato trascurato, anzi -, le mie tre compagne avevano metabolizzato termini e grammatica molto più che non solo studiando. Inutile dire che da quel giorno abbiamo tutte voluto farci interrogare a quel modo. Ciò che nessuno poteva prevedere era fino a che punto le “scenette di tedesco” si sarebbero impossessate di noi. Per fare una sorpresa alla professoressa, con l’aiuto della lettrice madrelingua, scriviamo un’intera commedia da rappresentare a fine anno, davanti a tutta la scuola, nella biblioteca grande come una portaerei di quella nuova sede in cemento armato in cui i corridoi delle aule si chiamavano “bracci”. (Quella era la forma dell’architettura, forse concepita come incoraggiamento per il futuro dei giovani, chissà). Titolo Der Prozess, l’imputato era un immigrato italiano in Germania (avevamo studiato che li chiamano Gastarbeiter, “lavoratori ospiti”, un’ipocrisia linguistica che ci era parsa piuttosto stimolante…) ingiustamente accusato di omicidio, vittima di pregiudizi razziali e sociali.

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Recitavamo tutte, fu un vero trionfo, la professoressa aveva pianto di commozione. Fra più di mille studenti, eravamo diventate delle celebrità. L’anno successivo, per non fare torti, decidiamo di scrivere una commedia in inglese e di dedicarla alla professoressa, appunto, d’inglese. La nostra era una classe tutta femminile, crescevamo insieme ai movimenti femministi, e il tema fu quello: le lotte per il voto alle donne, le altre battaglie, e, al centro, una versione teatrale della vita della sorella di Shakespeare molto liberamente tratta da Virginia Woolf. Secondo grande successo – ma qualcuna, fra noi, era già proiettata al grande balzo, scrivere un testo in italiano. Ad alcune di noi interessava di più recitare, ad altre scrivere, ma queste due forme andavano fuse insieme, l’obiettivo finale era chiaro a tutte. Avevamo fatto un laboratorio, bellissimo, di improvvisazione teatrale con la compagnia del Teatro del Sole di Milano, avevamo chiesto di invitare dei registi perché ci parlassero del loro lavoro, e andavamo molto spesso a teatro, di mattina in branco, ma anche alla sera. La nostra passione, però, iniziava a creare dei problemi. Alla fine della quinta c’è una cosa che si chiama esame di maturità, noi lavoravamo alla com­media instancabilmente, ci fer­­­mavamo spes­so a scuola di pomeriggio, ma usavamo anche moltissime ore di lezione per farlo. Decidevamo noi quali. Semplicemente, i professori entravano in classe e la trovavano vuota – noi in biblioteca a provare o a scrivere, o a fare le due cose insieme. Continua a leggere

Les Villes Invisibles

Videoistallazione immersiva alla Carrieres de Lumieres, Les Baux de Provence Francia. Ideazione e regia di G.Iannuzzi, G.Napoleoni, M.Siccardi, musica originale di Luca Longobardi. Animazione e realizzazione di Ginevra Napoleoni e Massimiliano Siccardi.

Verdicchio in Festa 2014

Montecarotto (AN)
3-6 Luglio 2014

L’Amministrazione Comunale di Montecarotto, in collaborazione con le associazioni presenti nel Comune,  organizza la rassegna “Verdicchio in Festa” Mostra Mercato dei Vini Marchigiani, notevolmente riqualificata, finalizzata a realizzare un valido appuntamento di promozione del territorio e dei suoi prodotti più qualificati, primo
fra tutti il verdicchio. Quest’anno si arriva alla XXVII edizione. Troveremo di nuovo, quest’anno, l’area degustazione vini in Piazza del Teatro, allestita a cura dell’associazione Oltreconfine in collaborazione con la F.I.S.A.R (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori). Un’importante vetrina per la promozione dei vini pregiati del nostro territorio. Sempre in Piazza del Teatro, presso Palazzo Taffoni,
verrà allestita una mostra mercato dei prodotti tipici marchigiani.

verdicchio

Dopo la recentissima ristrutturazione, torna nel suo splendore la Torre Civica,
la quale sarà aperta ai visitatori per ammirare il meccanismo originale dell’orologio
ad ingranaggi, corde e pesi, risalente al 1849, caricato ancora manualmente
dai collaborati comunali. Dall’alto della Torre si potrà ammirare un panorama mozzafiato a 360°, che parte dall’Appennino, attraversa i tetti delle case del Centro Storico montecarottese e raggiunge il Conero e l’Adriatico. Potranno essere visitati anche il Teatro Comunale, nel quale verrà allestita una mostra fotografica dal titolo
“UN DETTAGLIO POPOLARE – immagini di Pasquella. Le foto sono state scattate
in occasione dei festeggiamenti per il 30° anniversario della “Pasquella  -Canti Rituali
di Questua-”  svoltisi il 5 e 6 gennaio 2014 a Montecarotto. Non mancheranno le specialità culinarie proposte dai ristorantini allestiti dalla Pro Loco e dalle altre associazioni e dai locali del centro storico.

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Per la domenica conclusiva di ripropone, in considerazione del gradimento riscontrato, “Marche Jazz & Wine Festival” patrocinata dalla Regione Marche e che vede
la partecipazione di appassionati del genere musicale, anche da oltre regione
e di musicisti di spicco del panorama jazzistico. Un’atmosfera unica ed irripetibile
che farà gola a tanti appassionati jazzisti e non. L’evento si prefigge di operare in rete tra più Comuni, creando un rapporto di sinergia indispensabile per rendere più incisive le varie proposte a livello territoriale ed in linea con i nuovi orientamenti.

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