Per tutti i sensi.

Nelle Marche si può.

Adagiato sulle colline marchigiane e nel prezioso centro storio di Matelica, la nostra Regione ospita un Centro di Ricerca unico nel suo genere.
Il CIAS, Centro Italiano di Analisi Sensoriale, nato nel 2002 come società di servizi,
è specializzato esclusivamente in analisi sensoriale e studio di consumo di prodotti alimentari e non.
0e15fc3
Se le esigenze del consumatore determinano il successo di un prodotto, siamo sicuri
di rispondere a pieno ai gusti dei nostri clienti? E abbiamo la certezza di proporre
sul mercato un prodotto moderno ed accattivante che sia anche percepito come tale?
Sebbene necessarie, indagini e statistiche di mercato indicano la strada
su cui incamminarsi ma non la corretta direzione da seguire per conseguire
l’obiettivo prefissato.
Il Centro Italiano di Analisi Sensoriale – CIAS – si pone come riferimento per coloro
che intendono intercettare la domanda del mercato ed ottenere un prodotto vincente, proponendo una integrazione tra l’analisi sensoriale e la consumer science.
Continua a leggere

Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori,
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la V del Comic Sans.
VV/Comic Sans
Il Comic Sans è un carattere progettato dalla Microsoft Corporation, con l’intenzione di imitare i caratteri dei fumetti (in inglese comic).
Fu inventato dal designer Vincent Connare nel 1994 come font per il pacchetto software Microsoft Bob, che avrebbe dovuto essere particolarmente facile da usare.
Un giorno Connare, mentre armeggiava con la copia di prova di Microsoft Bob,
intuì che il software aveva un difetto evidente: la font, il Times New Roman;
la quale strideva con il linguaggio accessibile delle istruzioni e le immagini infantili
che spiegavano il funzionamento del software. Connare fece presente ai creatori
di Microsoft Bob che, forse, sarebbe stata la persona adatta a modificare la veste
del loro prodotto grazie alla sua esperienza con i software per bambini.
Il suo carattere però non venne impiegato per Bob a causa delle sue dimensioni, leggermente superiori a quelle del Times New Roman, che non gli permettevano
di prendere il suo posto. Venne invece adottato per Microsoft Movie Maker
e fu un grande successo; in seguito venne incluso come carattere supplementare
in Windows 95. Da quel momento, il carattere ebbe una diffusione globale,
ora tutti potevano non solo vederlo ma usarlo nei più svariati ambiti: sui menù
dei ristoranti, sui biglietti di auguri, sugli inviti alle feste.
La font generò una forma di pubblicità virale ante litteram, e, come una bella barzelletta
all’inizio, fu divertente. Poi il Comic Sans iniziò ad apparire anche in altri luoghi:
sulle fiancate delle ambulaze, sui siti Internet, sulle schiene delle T-shirt indossate
dalla nazionale di basket portoghese, sulla BBC e sul Time, negli spot pubblicitari
delle calzature Adidas. Diventò, insomma, istituzionale e a causa di questo suo eccessivo o errato utilizzo], il Comic Sans è fu oggetto di una campagna, mossa
da alcuni designer, per la sua cancellazione. Connare si ritrovò al centro
di una campagna diffamatoria telematica; nacque addirittura un’azienda a domicilio.
Quella dei coniugi Holly e David Combs, che vendevano per corrispondenza tazze, cappellini e T-shirt con la scritta Ban Comic Sans “No al Comic Sans”.
Connare avrebbe potuto aversene a male, ma si dimostrò intelligente e apprezzò tutta quell’attenzione. Intervenne in difesa del Comic Sans, ma ne riconobbe anche le rigide limitazioni.

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it

Un’arte senza pop

Le opere di Marco Puca

Immaginate un’opera di arte pop.
Una tela di Mario Schifano, più che di Warhol o Lichtenstein.
Con i suoi colori squillanti, le campiture piatte, sfacciate, i contorni marcati,
l’irresistibile attrazione per le icone mediatiche, i segni del nostro tempo.
Provate, ora, a desaturare il colore. Rimarrà il negativo. Che rimanda
sì al modello, ma senza concessioni alla sensualità. Come se, d’un tratto,
le luci dello show si fossero spente, rivelando le impalcature, lo scheletro, il non detto.
Il volto crudo del clown, prima di andare in scena.
foto

Può essere questa la suggestione che, a prima vista, ispirano i quadri del giovane artista marchigiano Marco Puca (Ancona 19673).
Opere della tradizione, la pop art italiana su tutti, cui sia stato però sottratto
– rubato, ci verrebbe da dire – il colore. Come una tela, passata ai raggi X,
della quale rimangono le tracce, le orme, i frammenti, i contorni delle figure,
perse su fondo nero, al di là di ogni riferimento spaziale.
Continua a leggere

Pesciolini d’argento – Alessandra Sfrappini

di Alessandra Sfrappini
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

Books are for use. Le tavole della nostra legge non hanno visto la luce in Palestina,
ma nel continente indiano, dove un famoso bibliotecario le ha dettate
ormai parecchi decenni fa.
Potrebbe sembrare banale e lapalissiana la prima legge di Ranganathan: a che altro scopo costruire biblioteche e dotarle di libri?
In realtà, essa ci invita a riflettere un po’ più attentamente sulla prima ragion d’essere,
o, come oggi si dice, sulla missione di ogni biblioteca: raccogliere e conservare
per consentire di usare; dunque mediare, facendo in modo che i libri trovino lettori
e che i potenziali lettori incontrino libri.
Si raccomanda, a chi vuol lavorare in biblioteca, non tanto l’amore per i libri, quanto amore per la conoscenza. E in effetti, ha osservato qualcuno con ironia, mentre tutti preferiscono essenzialmente trovare, ai bibliotecari piace soprattutto cercare.
Niente di più distante, però, dall’idea un po’ infantile dei topi di biblioteca, quella gente
che ama sparire fra i libri, annusarli e rovistarvi, in cerca di un sopraffino formaggio
a tiratura limitata, della rarità libraria di perfetta stagionatura.
Non è il nostro caso. Sull’arco d’ingresso alla biblioteca, invisibile ai più, Ranganathan
ci rammenta ancora che non siamo qui per perderci fra i bibliofili e i bibliofagi.
Il nostro posto non è in mezzo ai libri, ma fra i libri e i lettori.

libri 03

Hic sunt leones. Talvolta quasi quasi ci lusinghiamo se per qualcuno la biblioteca,
come in una carta geografica antica, corrisponde a un continente ignoto. Un po’ di mistero ci sta bene e non disdegniamo le più allusive definizioni:  luogo fuori del tempo, porto silenzioso ed ospitale, medicina dell’anima.
A patto che qualcuno dei suoi innocui, plurisecolari rituali non cada sotto la lente
ustoria di un poeta:

alla riunione dei Curatori della Biblioteca,
donazioni di vedove zitelle (zitelle e vedove),
studiosi (?)  del Duecento fra manoscritti rari e vari,
l’intera storia dei Circoli Vaganti.
Su tutto, l’incunabolo di Dio,
gl’incunaboli suoi senza prezzo.
L’ironia divina è insuperabile.
Dal suo rovinare mi lascio addormentare.

La casualità cieca che pare presiedere all’accrescimento dei libri in biblioteca, enumerata in soporifero catalogo incarna l’imperscrutabile volere dei superni e l’antica metafora
del libro che compendia e disvela tutto un mondo non rassicura più. Il canto delle sirene della poesia ci attirerebbe pericolosamente al largo, se non avessimo i nostri portolani.  Consultiamo le bussole, ma la parola scritta dal poeta lascia comunque su di noi un segno strano. Possiamo ancorarci alla quinta legge di Ranganathan: la biblioteca è un organismo che cresce. Da cui consegue che dovremmo ormai sapere come la si nutre e preservarla dal fagocitare troppi libri per inutile indulgenza e voracità. Il libro bambino Bando
allora alle navigazioni oziose e rivolgiamo la prua verso i lidi ove sgambettano promettenti le giovani generazioni. L’ora del racconto in una biblioteca 0–12 può essere un momento magico, meglio dello shopping negli stores più trendy. Ora che il piacere di leggere
è una materia di scuola sarà da sovversivi far sapere che in tanti abbiamo trovato soprattutto altrove i libri da amare? Non sono sicura di quale sia stato il primo libro
che ho autonomamente sfogliato e nelle cui figure io mi sia persa, mentre ricordo il primo che ho letto da sola per intero a sei anni, con la varicella. S’intitolava Il gaio burlone – adattamento delle avventure dell’eroe olandese Till Eulenspiegel  che vidi poi in televisione con Paolo Poli. Altri tempi (per i libri e per la tv). Anche la biblioteca per ragazzi è stata
un tassello della mia esperienza di utente, come oggi si dice. Ma il serbatoio dei più avidi
e dissennati approvvigionamenti è stato senza dubbio la biblioteca circolante in cui verso
i sedici anni (con perfetta dissimulazione rispetto alle parallele frequentazioni
di una biblioteca seria, da capoluogo e occasionalmente anche di quella, strumentale,
della scuola) arrivavo in bicicletta e noleggiavo per cento lire a volume
tanti di quei romanzi che mi portavo indietro equilibrando due sporte sul manubrio.
Così alla grande non ho letto più.

Pesciolini d’argento. Nelle biblioteche che hanno un’anima antica la consapevolezza
del ruolo si misura anche dalla loro capacità di con-temperare saggiamente
la conservazione e l’uso dei beni loro affidati. Allestendo e curando le raccolte
e gli strumenti di accesso si pensa costantemente ai lettori che, in futuro, potranno goderne ancora, ma soprattutto si pensa a chi, tempo addietro, facendo il nostro lavoro
ha avuto accortezze e illuminanti visioni che oggi ci sono di guida.
Questo continuo  su e giù mentale, lungo la linea del tempo, non tanto in compagnia
degli autori dei libri quanto con i bibliotecari che ci hanno preceduto
e per quelli che seguiranno è uno strano tic–qualcosa che si fatica a confessare.
Non sappiamo far bene questo discorso: la sostanza sguscia via veloce,
come un pesciolino d’argento scovato in un libro.
Al cuor non si comanda. La pubblicità del più noto fra gli istituti che supportano
a pagamento gli universitari annunciava mesi fa che lo studio non deve pesare. L’affermazione non riflette ancora un sentire comune, rispondendo piuttosto
a una collaudata strategia di vendita che affida a un parterre di calciatori e di campioni
di moto la promozione del marchio.
Mi ha ricordato una frase letta anni fa, a proposito dei libri giocattolo. Un collega, amico
e maestro di tanti bibliotecari, si opponeva con garbo al fanciullesco depistaggio involontariamente attuato da questi fuorvianti oggetti. “Non bisogna far loro credere
che il libro è un oggetto facile.
Bisogna non illuderli: i libri che troveranno dopo, nella vita di grandi, non sono degli amici. Sono oggetti di devastante difficoltà.”
Questioni, in fondo, di minimo rilievo. Ma è certo che da principio ogni lettura e poi, crescendo, almeno una parte delle letture continuano a “pesare”. Nessuno che ami praticare uno sport vuol sentirsi dire che non si fatica.
E quanto si fatica a conoscere l’essere amato per sentire di essere arrivati ad amare davvero? E già che siamo incappati nell’amore, parliamo di quando usava incontrarsi
(per innamorarsi) in biblioteca.
Ne abbiamo rintracciato per caso un tardivo trepidante esempio cartaceo pochi anni fa,
sul pavimento di una sala di consultazione (quadrifoglio sfuggito alla velocità ultrasonica degli addetti alle pulizie): sec. XX, cart. obl. mm.30 x100 ; al recto: La tua bellezza
mi ha colpito sin dall’ingresso sottostante (in strada c’è un gran chiarore) Torna spesso
in biblioteca al verso (lei, pratica): Se mi dici chi sei posso anche ritornare.
Ciao (l’ultima parola è racchiusa fra due promettenti, piccoli cuori).

 

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it

Gauguin, Van Gogh painters of colours

Questa installazione artistica, prodotta da Culturespaces,
è stata ospitata all’interno delle Carrières des Lumières a Les Baux-de-Provence
in Francia. Lo spettacolo coglie l’occasione per approfondire il mondo
di questi due pittori; li riunisce in una posizione eccezionale e grandiosa per raccontare la storia di un rapporto mitico e intrigante, utilizzando solo immagini e musiche
e fornendo così una totale immersione nel colore e nella loro visione artistica.
Entrambe le tecniche consistono nella giustapposizione del colore,
uno dei temi chiave dello show.

La regia è di Gianfranco IannuzziRenato Gatto e Massimiliano Siccardi,
mentre l’arrangiamento musicale è curato da Marco Melia.

 

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it

MAST e David Lynch

DavidLynch_Banner
Mast – è una fondazione nata nel 2013 per promuovere i progetti di innovazione sociale e offrire servizi di welfare aziendale a disposizione della comunità e del territorio attraverso un processo di osmosi tra l’impresa e la città.
Si colloca come una nuova cittadella che nasce dalla volontà di trasformare un’area industriale dismessa, in un nuovo complesso di spazi progettati, dalla studio romano Labics, per stimolare nuove relazioni attraverso un percorso in cui i vari servizi vengano fruiti con dinamicità, innovatività e sperimentazione.

Il complesso è suddiviso in varie aree: una Gallery dove è presente una zona didattica esperienziale d’avanguardia, di sperimentazione e gioco, progettata con i principi dell’edutainment. Viene così rappresentata un’astrazione della tecnologia meccanica che narra la tecnologia, l’innovazione e quindi la peculiarità del territorio.
Il percorso espositivo multimediale e di exhibit hands-on, oltre a fare scoprire una realtà e a generare nuova conoscenza tramite la sperimentazione, propone uno spazio dove
il taglio descritto prende la forma di immagini fotografiche che rappresentano il mondo del lavoro. Modalità che consente di conoscere le radici e il cambiamento nello scenario della produzione industriale, dei luoghi di lavoro, dei prodotti delle architetture e di come l’uomo si rapporta con l’ambiente in cui opera.
La Gallery è sede di speciali esposizioni come adesso quella di David Lynch. Continua a leggere

#LeDernierRestaurant, un osservatorio del cibo contemporaneo

“Il cibo è il medium del contatto, è il territorio ibrido dell’arte intesa come play and game in life. E’ un’attitudine al flusso, uno stare dentro la vita”.
Rirkrat Tiravanija

Se spazio e tempo non sono concetti statici anche l’opera non è qualcosa di esterno, bisogna entrare in essa per capire cosa c’è dentro, attraversarla, nutrirsene.
Se il tempo è arte, il cibo è arte: tutti i sette sensi sonoinvitati a prendere posto
a questa tavola di energie in movimento. Solido, liquido, caldo, freddo,gassoso, profumato, speziato,morbido, croccante, dolce, salato, aspro, amaro, piccante, per raccontare i sette sensi: l’udito,il gusto, il tatto, l’olfatto, la vista,l’intuito, la veggenza.

Ph Roberto Sibilano per Silence for Maya (omaggio a John Cage)

Ph Roberto Sibilano per Silence for Maya (omaggio a John Cage)

Le Dernier Restaurant è l’idea itinerante di una cena di lusso dei sette sensi
per un numero limitato di commensali, legato al concetto della cromocucina,
e all’armonizzazione dei chakra attraverso l’alimentazione.
Ideate e curate da Grazia De Palma, le cene del Le Dernier Restaurant
sono un’esperienza sensoriale per nutrire i sette centri energetici, o chakra,
dislocati lungo l’asse verticale e mediale del corpo, attraverso piatti cucinati con amore
e ricette provenienti da diversi luoghi del mondo, con una particolare attenzione
ai prodotti tipici locali e stagionali.
Il menù del Le Dernier Restaurant è generalmente composto da cinque, sette portate
di alimenti in sequenza cromatica in cui la curatrice, chakra-chef, invita un artista
a collaborare all’happening culinario di questa kitchen confidential in diverse azioni preparative e performative. Per ogni serata, l’artista invitato propone un intervento creativo differente legato ad uno dei sette chakra, che coinvolge i commensali
in un’esperienza sensoriale, piacevole ed imprevista. Il senso del gioco e l’assaggio dell’effetto sorpresa sono ingredienti sempre diversi come i menù scelti per la cena.
Ci curiamo assorbendo le sostanze nutritive contenute negli alimenti,
ma anche con i colori dei cibi. Ogni colore è l’espressione di una vibrazione,
di un livello di coscienza: ogni chakra è abbinato ad un colore, un suono, un organo,
un mantra. La vibrazione cromatica rimette in frequenza i punti energetici
restituendo agli organi nuova forza e riequilibrio. Ogni centro energetico corrisponde
ad un colore specifico. Primo chakra: rosso, secondo chakra: arancione, terzo chakra: giallo, quarto chakra: verde, quinto chakra: blu, sesto chakra: indaco,
settimo chakra: viola.

PicMonkey Collage

Continua a leggere

Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori,
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive.
Oggi proponiamo la U del Copperplate Gothic.

U

U/Copperplate Gothic
Copperplate Gothic è un carattere tipografico progettato da Frederic W. Goudy
nel 1900 per American Type Founders. La prima impressione è di una font sans-serif,
in realtà possiede delle piccole grazie glifiche che agiscono per sottolineare
le terminazioni smussate dei tratti verticali e orizzontali.
Il carattere mostra un’insolita combinazione di influenze: i glifi ricordano la scultura
su pietra, l’asse orizzontale larga è tipica delle rappresentazioni vittoriane,
ma il risultato è molto più pulito e l’ impressione che lascia nella tipografia
e nella stampa offset è nitido e serioso.
Il carattere è più spesso utilizzato in cancelleria, per la stampa sociale, e si vede comparire nei biglietti da visita e scritte sulle porte degli uffici in vetro smerigliato
di avvocati e investigatori privati, banche e ristoranti.

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it

Poesia brutta del carnevale – Gabriele Via

Poesia brutta del carnevale

Anche i grandi poeti
se non ricordo male,
quelli che sanno e non sanno;
quelli dei forse e degli ascolta;
eccoli cadere sul carnevale.
Me lo sono sempre chiesto:
da fanciullo – coi piedi freddi
nell’agrodolce cruna di silenzio
di una saletta presa a nolo
(certo di una parrocchia,
ma non ricordo perché);
poi adolescente, correndo pazzo
per poche ore in una lega di paese
a spruzzare schiuma da barba
come –povero idiota- vedevo fare
al più monello di tutti,
con la giacca di un nonno
e le braghe alle caviglie sottili,
il sorriso dolce e cattivo di quell’età
di nulla, quando si sanno compiere
vere e assurde crudeltà:
e mi sembrava bello –per pigrizia,
se pur non mi piacesse proprio per nulla;

quindi da giovane ometto;
poi da padre –ansioso e guardingo;
e quindi, ancora, adesso che ho smesso
da un pezzo di essere qualcosa
di prima o dopo qualcos’altro
e respiro qua in mezzo
dove il carnevale ben peggiore
si è mangiato occhi, mani e labbra
e ha strappato le braccia alle braccia
e tutti cantano sempre la stessa
diversa trita canzone d’amore:
andando al macello sorridenti.
Facendo il tifo, sempre facendo il tifo.
E sul carnevale, ecco ancora
cadere i poeti, come ci cado io.
“Non serve che vi mascheriate!
Non serve! Credete!” vorrei quasi
dire, o scrivere in versi… Per noi
per noi tutti, veramente. Ma
non serve davvero che io dica nulla.
Continua a leggere

Tracce, orme, contorni

Le opere di Marco Puca
21ott 9
Costellazione S.Marco (2009)

Lascio le tracce,le orme,i contorni di una storia non ancora raccontata.
Al di la’ di ogni riferimento spaziale,isolo gli elementi in una silenziosa narrazione,capace di rivelare l’ossatura del mio tempo.Immagini razionalmente rassicuranti immediatamente, passano in secondo piano cedendo il posto
allo spazio dilatato,al vuoto al silenzio.
Marco Puca 19-05-2014: 

MP 1Marco Puca nasce ad Ancona nel 1973, frequenta l’istituto statale d’arte
e in seguito l’Accademia di belle arti di Urbino.
Nel 1994 vince il primo premio”Arte viva a Senigallia” curato da Omar Galliani.
Nel 2004 incontra il critico letterario Massimo Raffaelli Enzo Siciliano e il disegnatore
di luci Vincenzo Raponi da questo incontro nascerà l’istallazione ideata da Marco Puca
dal titolo “la città invisibile”. Successivamente esporrà a Pesaro, Pescara, Russia,
Milano, Ancona.

21ott 1
Untitled, 2009

21ott 3
Concentrati, 2009

Spetta a Marco Puca distribuire l’ultimo invito: liquidi fondali neri restituiscono relitti, appunti di viaggio, scampoli di vite ai margini, insegne di locali, stemmi,
trame visive annotate con crudele innocenza 18 Karati su Piazza Roma,
o con scarto poetico e surreale Prezioso Kebab.
Un segno minimo, sottile, un filo di luce che ha l’intensità di un’epifania e che si sottrae alla solitudine del nero, metafora di ogni principio creativo, nel tentativo di preservare l’impalpabile. Lo spazio della tela, o meglio nel caso specifico della carta,
è anche il tempo della  solitudine e della fuga dall’indistinto, come testimoniano
alcuni “maestri” di Marco Puca: Osvaldo Licini, Gino De Dominicis
e (l’arte è sempre contemporanea a se stessa) Lorenzo Lotto, artista isolato e inquieto sul quale Puca si è laureato.

21ott 6
18k su P.zza Roma, 2009

21ott 7
Prezioso kebab, 2009

Le belle parole che Pier Paolo Pasolini pronuncia sulla solitudine del fare poesia
ben si addicono anche alla solitudine della ricerca pittorica:

Per essere poeti, bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa, che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Pier Paolo Pasolini, Al Principe, in “La religione del mio tempo”, 1961

21ott 4
China Bar, 2009

21ott 5
Autovisioni, 2009

 

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

info
info@liricigreci.it
www.liricigreci.it