Le radici e la diaspora

Estratto da nostro lunedì
numero 2 – nuova serie

paolo volponi e urbino

Non è infrequente nei poeti la rivisitazione del luogo natio. Osservato dal punto di vista della propria biografia, e per ciò stesso investito di una grazia aurorale; e quando essa sia discacciata o rimossa, dietro la spinta di un racconto lirico del disagio e della sofferenza. Tale è il destino degli autori della Modernità, che nel caso di chi abbia avuto i natali nelle Marche assume i tratti dell’eredità leopardiana. Ciò secondo un’ambivalenza che anche Volponi dovette avvertire e che egli declinò nella doppia scansione delle radici e della diaspora, dell’identità e del diniego. Già nel Ramarro, Urbino per quanto mai nominata è il ventre in cui avvoltolarsi, ma dal quale anche prendere le distanze. È materna e crudele a un tempo. Meglio, è il diretto emblema dell’appartenenza e della transitorietà verso i luoghi nei quali la storia non sia esclusa. Liberarsi da questo guscio vuol dire per Volponi crescere, capire se stesso e il proprio destino di scrittore e di uomo. Un percorso difficile ed angoscioso: “Questo dovrei lasciare / se io avessi l’ardire / di lasciare le mie care piaghe / guarire”, scrive in una lirica de Le porte dell’Appennino. Nondimeno la città gli si è già incisa nel corpo e negli angoli oscuri della coscienza. Da essa, dalle mura che la recingono e anche isolano dal resto del mondo, oppure sospingendo all’intorno lo sguardo dall’aerea vertigine delle colline che la sovrastano, gli occhi prensili di Volponi si affiggono visionariamente: sulle valli del Metauro e del Foglia (L’antica moneta), poi sui campi e i territori di una natura e una civiltà contadina ormai al suo tramonto (non a caso accostata elegiacamente al finire della giovinezza) e, più in là, sulle montagne e le “porte” dell’Appennino. Il movimento procede in direzione di qualcosa di conosciuto e poi subito dopo di indistinto e incerto, qualcosa che preme su un’immaginazione scissa tra la conferma del dolore, che la città in sé incardina in una “crudele festa”, e la proiezione su un altrove. Che sarebbe stata Roma in un primo tempo, ma poi anche Ivrea, Milano, l’Italia operosa delle industrie e delle lotte sindacali e operaie. Volponi si allontana, va a vivere e lavorare altrove. Ma da lontano inizia in lui sia pur lentamente un mutamento di prospettiva. Il primo tratto è riconoscere in quella perfezione rinascimentale l’identico stigma della contraddizione capitalistica: “Il paesaggio collinare di Urbino, / che innocente appare quercia per quercia / mentre colpevole muore zolla per zolla, / è politicamente uguale / al centro storico di Torino / che crolla palazzo per palazzo / e ai giardini della utopica Ivrea / ricca casa per casa: / tutti nella nebbia che sale / dal mare aureo del capitale” (Canzonetta con rime e rimorsi, nel leopardiano e risentito Foglia mortale). La svolta però decisiva e definitiva è data dalla nuova razionalità operaia e studentesca del Sessantotto che raccoglie i tanti semilavorati della cultura italiana (Vittorini, Pier Paolo Pasolini, i Quaderni Rossi, la nuova progettualità urbanistica).

Da crudele e incomprensiva che era, Urbino poco alla volta diviene il luogo dove, coniugando il passato con il presente, le attese degli anni Sessanta e Settanta si configurano in un piccolo e utopico laboratorio di socialità e democrazia. Se prima le sue mura e i suoi palazzi apparivano spietati, adesso essi dialogano con una campagna su cui ordinatamente s’intesse il futuro. Una campagna che è territorio vero e tangibile con meditate e ben organizzate culture agrarie ma anche figura in senso auerbachiano (d’altronde una poesia di Con testo a fronte reca proprio a titolo Territorio e figura). La città si fa insomma lo spazio che accoglie le possibilità di comprensione del nuovo che sta avanzando comunicandolo con i suoi segni, dalle opere d’arte alla luce metafisica che l’invade, a quel modo in cui sciamano gli uccelli nel suo cielo o avanzano metafisicamente dentro il paesaggio, come in un affresco rinascimentale, i luoghi emblematici (quello ad esempio Detto dei passeri, ricordato in un poemetto di Con testo a fronte e dove Volponi avrebbe voluto costruire un proprio atelier). Negli anni estremi, la città sospesa nella sua dimensione consente che uno sguardo nuovamente dilemmatico e interrogante si volga sul giro delle colline circostanti e poi sull’universo mondo. Recitano i versi dell’ultima raccolta, Nel silenzio campale: “Vedo ormai dalle mura di Urbino / il paesaggio intero, terrestre e marino / di tutta l’Italia nella sua naturale / grandezza fisica, distesa sotto il turchino / respiro del cielo e lungo il salino / battito dei mari” (L’orlo). L’ultima vista di Paolo Volponi si allarga sulle montagne dell’Appennino marchigiano confinante con i sassi dell’Umbria. Che gli evocano la figura di San Francesco (il poeta da lui preferito tra i nostri italiani) e che riaprono l’utopia di una costruzione fisica e metafisica a misura del creato ma anche degli uomini.

gualtiero de santi

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The Video Dating Tape of Desmondo Ray, Aged 33 & 3/4

Prendete tre minuti di tempo per vedere questo video, merita.
Non sempre si riesce a ridere e piangere nel guardare un filmato di pochi minuti come in questo caso. Allo stesso tempo ironico e commovente, assolutamente poetico. Una vera bellezza.

http://vimeo.com/stevebaker/desmondoray

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Le giornate Europee del Patrimonio 2013

Anche quest’anno ritornano le  Giornate Europee del Patrimonio, promossa dal Consiglio d’Europa. Iniziativa ideata nel 1991 con l’intento di potenziare e favorire il dialogo e lo scambio culturale tra i Paesi europei. L’iniziativa prevede l’apertura ai cittadini di musei, monumenti e dimore di rilevanza storico-artistica, come d’altri siti di rilievo archeologico e naturalistico. In collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si organizza così sull’intero territorio nazionale la fruizione gratuita di musei mostre e convegni con l’intento di  favorire la conoscenza del patrimonio culturale italiano. Verranno organizzate numerose iniziative sull’intero territorio nazionale e saranno aperti al pubblico gratuitamente tutti i luoghi della cultura statali.

La  Regione Marche ricca d’un vasto patrimonio storico, artistico e repertale, offre la possibilità di visitare numerosi siti, ampliando l’offerta di orario, sono infatti previste anche delle aperture dalle 20 alle 24  per quegli istituti che partecipano al progetto “Una notte al Museo“, che in via eccezionale saranno aperti gratuitamente.

A questi si affiancheranno i luoghi d’arte appartenenti ad altre realtà (Istituzioni, Enti) che vorranno aderire alla manifestazione.

In allegato potete trovare l’elenco relativo alle attività:

MARCHE
Ancona

‘Il colore e il suo simbolismo al Museo Diocesano di Ancona’
Ancona, Museo Diocesano di Ancona ‘Mons. Cesare Recanatini’
Visita guidata – Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013, il Museo Diocesano di Ancona ‘Mons. Cesare Recanatini’ organizza visite guidate gratuite, proponendo il percorso sul colore e il suo simbolismo nei seguenti giorni: sabato 28 e domenica 29 settembre alle ore 17,00.

Alla scoperta di…Osimo
Osimo, Museo civico Incontro/presentazione
Il 28 settembre 2013
Lo storico locale Massimo Morroni presenta due delle ultime sue opere dedicate ad Osimo:
– “Perché Osimo? Un toponimo insolito ma non troppo”, meticolosa e interessante ricerca per trovare l’origine e il significato della parola OSIMO
– “Andar per Osimo”, guida per immagini della città.

Apertura straordinaria del Museo ‘Utensilia’ di Morro d’Alba
Morro d’Alba, Museo ‘Utensilia’
Apertura straordinaria – Il 28 settembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, il 28 settembre il Museo dell”Utensilia’ effettuerà un’apertura straordinaria.

Museo Aperto 1° Festival della Didattica museale dei musei civici di Jesi
Jesi, Pinacoteca Civica, Studio per le Arti della Stampa, Museo Diocesano, Palazzo Santoni
Attività didattica – Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013

Sabato 28 settembre presso la Pinacoteca con ingresso gratuito
ore 10.00 – 13.00 A prova di App. Le stanze di Enea di Palazzo Pianetti. Presentazione e test del progetto di App sul ciclo pittorico. A cura dello studio grafico Rossodigrana
ore 16.00 – 19.00 Galleria d’Arte Contemporanea – Riposano libri a cura della libreria dei Ragazzi di Jesi
Galleria degli Stucchi – Presentazione dell’attività didattica dei Musei civici
ore 21.30 “L’arte di educare all’arte. Esperienza di didatttica museale”
ore 22.30 Concerto dell’orchestra da camera “G.Bigi” della scuola musicale pergolesi di Jesi

Domenica 29/09 “Allo Studio delle Arti della Stampa” con ingresso gratuito
ore 10.00 – 13.00 Letture ad alta voce del libro per bambini LIBRO! Le rane interlinea a cura della libreria Villa Villacolle (Chiaravalle)
ore 16.00 – 19.00 Letture ad alta voce di alcune parti della storia di Pinocchio a cura della libreria Grillo Parlante ( Chiaravalle)

Una stanza senza fiabe
Ripe, Villino Romualdo – Museo Nori De’ Nobili
Spettacolo teatrale – Il 28 settembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013 il Museo Nori De’ Nobili di Ripe effettuerà un’apertura straordinaria dalle 18.00 alle 24.00 con la possibilità di ammirare la splendida collezione della pittrice Nori De’ Nobili con visite guidate.
Per dare maggior rilievo alla serata verrà presentata alle ore 21.15 “UNA STANZA SENZA FIABE”, performance di ANNA BOSCHI e ANGELO LA MANTIA dedicata a NORI DE’ NOBILI.
Con parole, immagine e gesti, il percorso “immaginato” di Nori de’ Nobili nei trenta anni di permanenza in manicomio viene rappresentato da Anna Boschi con l’ausilio canoro di Angelo La Mantia, in una performance che tenterà di raccogliere lo spirito di una pittrice che ha lottato contro i suoi fantasmi oltre che con una società non ancora pronta ad accettarla.

Apertura straordinaria della Chiesa di Santa Maria di Portonovo
Ancona, Chiesa Santa Maria di Portonovo
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Si effettueranno visite estendendo il consueto orario di apertura, dalle ore 10.00-13.00 e dalle 15.00 alle 19.00. La chiesa di particolare valore storico risale alla prima metà dell’anno 1000 , è un mirabile esempio di architettura romanica. L’edificio si eleva quasi a picco sul mare e risalta nel contesto grazie al contrasto visivo tra la pietra bianca con cui è costruito, il colore turchese del mare e il verde della macchia mediterranea che lo avvolge in un equilibrio perfetto tra architettura e natura.

L’artista si presenta
Jesi, Museo Diocesano Altro
Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
Sabato 28 settembre presso il Museo Diocesano di Jesi incontro con Dioniso Cimarelli incontro con Dioniso Cimarelli

MARINA MENTONI C194
Jesi, Museo Diocesano Inaugurazione
Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
Sabato 28 settembre presso il Palazzo Santoni di Jesi inaugurazione della mostra dell’artista Marina Mentoni a cura di Paolo Ballesi CAMPITURE#

Mostra “Marattl a Camerano”, Mostra “150 anni dalla nascita della Fisarmonica”, Mostra ‘Mannucci, Poesia dell’Universo”
Camerano, Chiesa di Santa Faustina, Chiesa di San Francesco, Grotta Ricotti Mostra
Il 28 settembre 2013
Tre eventi culturali localizzati In altrettanti spazi espositivi di grande fascino:
lMostra “Maratti a Camerano”, chiesa barocca di Santa Faustina, esposizione di Incisioni di Carlo Maratti In occaslone dei 300 anni dalla morte del grande pittore cameranese.
Mostra “150 anni dalla nascita della fisarmonica”, chiesa di San Francesco
Mostra “Mannuccl, Poesia dell’Universo”, Grotta Ricotti, esposizione di 20 sculture nella magica cornice della spettacolare grotta della Città sotterranea di Camerano.

Ascoli Piceno

‘Gianfranco Notargiacomo. A grandi linee’
Ascoli Piceno, Forte Malatesta
Mostra – Dal 20 aprile 2013 al 03 novembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio è organizzata una visita guidata gratuita alla mostra ‘Gianfranco Notargiacomo. A grandi linee’.
Grazie ad una serie di contributi critici di Mariastella Margozzi, Ada Masoero, Giacomo Marramao e Stefano Papetti, la mostra si propone di ricostruire quattro decenni di attività dell’artista romano a partire dalla installazione realizzata nel 1971 per la Galleria La Salita di Roma e riproposta recentemente presso la Gnam.
Nei suggestivi ambienti del Forte Malatesta, disegnati da Antonio da Sangallo il Giovane, le grandi opere realizzate da Notargiacomo trovano una adeguata ambientazione e dialogano con gli spazi monumentali dando vita ad un intrigante itinerario che evidenzia la partecipazione attiva ed originale dell’artista ai fermenti dell’arte italiana dell’ultimo cinquantennio.
La realizzazione della mostra è stata possibile grazie ai prestiti concessi dalla Pinacoteca di Jesi, dalla Gnam e il Macro di Roma.

Tiziano: confronti
Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica
Mostra – Dal 22 giugno 2013 al 15 ottobre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013 è prevista una visita guidata gratuita alla mostra ‘Tiziano: confronti’.
La mostra propone il confronto tra due opere autografe del pittore veneziano: il San Francesco che riceve le stigmate della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e il ritratto di Gentiluomo già di proprietà del museo di Cleveland.
La visione comparata delle due opere consente di verificare come, nell’arco dei trent’anni che separano la loro esecuzione, Tiziano abbia progressivamente modificato il proprio stile, maturando negli anni estremi della sua attività artistica una totale libertà esecutiva ben ravvisabile nella pala d’altare dipinta intorno al 1565 per monsignor Desiderio Guidoni e destinata alla chiesa di San Francesco di Ascoli Piceno.

Visita alla Pinacoteca di Ascoli Piceno
Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica
Visita guidata – Dal 22 giugno 2013 al 15 ottobre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013 è prevista una visita guidata gratuita alle sale appena riallestite della Pinacoteca civica.

ALLA SCOPERTA DEGLI ANTENATI
Ascoli Piceno, Archivio di Stato
Convegno/conferenza – Il 28 settembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, sabato 28 settembre 2013 alle ore 16,30, si terrà presso la sede dell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno la conferenza ALLA SCOPERTA DEGLI ANTENATI. Il Portale degli archivi per la ricerca anagrafica. Si parler? della recente digitalizzazione dell’anagrafe ottocentesca del Comune di Ascoli e del conseguente inserimento sul Portale degli Antenati. Inoltre sarà trattata la ricerca genealogica in ogni suo aspetto con esposizione di documenti esemplificativi.

 

Presentazione del libro “Cinque e un delitto” del Prof. Franco Emidi
Carassai, Sala Conferenze del Comune di Carassai
Convegno/conferenza – Il 28 settembre 2013
L’Archeoclub di Carassai organizza, in occasione delle Giornate Europee del patrimonio 2013, due eventi: La presentazione del Romanzo storico, scritto dal Prof. Franco Emidi, che ripercorre le vicende riferite al periodo storico 1590-1598, inserite in un contesto storico vero, così come risulta da documenti originali consultati in diversi archivi o tratti da precedenti pubblicazioni di vari autori. L’azione si svolge tra Montalto (dove esisteva il Presidato Sistino) e la zona montana della catena dei Sibillini, dove i rapporti umani erano regolati da antiche consuetudini.;
Visite guidate all’Antiquarium del Comune di Carassai, adiacente alla Sala Conferenze in cui si svolgerà la presentazione del libro da parte dell’autore, dalle ore 21,00 alle ore 23,00.

Giornate Europee del Patrimonio a Ripatransone
Ripatransone, Palazzo Bonomi Gera e Museo Civico Archeologico ‘C. Cellini’
Apertura straordinaria – Il 28 settembre 2013
In occasione della giornata europea del Patrimonio, i musei civici del Comune di Ripatransone, resteranno aperti con orario: 16,30 – 19,30, con ingresso e visita guidata gratuita.

Laboratori didattici al Museo Archeologico del Territorio di Cupra Marittima
Cupra Marittima, Museo Archeologico del Territorio
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013 il Museo archeologico del territorio attiverà i seguenti laboratori didattici:
1. scheggiatura della selce
2. argilla
3. mosaico
4. riproduzione calchi
5. carta fatta a mano
6. astronomia

“I De Vecchis tra Montefiore e la Valle dell’Aso”
Montefiore dell’Aso, Polo Museale di San Francesco
Altro – Il 28 settembre 2013
Per la Giornata Europea del Patrimonio l’ingresso al Polo museale di San Francesco di Montefiore dell’Aso sarà gratuito.
Ore 16.30, visita guidata del Polo museale su prenotazione obbligatoria al costo ridotto di € 2.00,
Ore 17.30, convegno “I De Vecchis tra Montefiore e la Valle dell’Aso”, modernità e sviluppo, progresso dell’agricoltura. 

Fermo

Polo Culturale San Francesco: alla scoperta della Meraviglia Italiana
Monterubbiano, Polo Culturale San Francesco
Mostra – Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
L’ iniziativa si propone di rendere accessibile a tutti e far conoscere gratuitamente il Polo Culturale San Francesco di Monterubbiano, convento francescano del XIII secolo, dichiarato a Dicembre 2012 Meraviglia Italiana.
Nelle giornate di Sabato 28 e Domenica 29 Settembre saranno effettuate visite guidate gratuite al Polo Culturale San Francesco, sede del museo civico-archeologico, dell’ Auditorium,dell’ orto officinale-tattile e della biblioteca comunale. Per l’ occasione sarà possibile visitare gratuitamente l’ esposizione pittorica dell’ artista Nadia Simonelli nella suggestiva sala ‘Rosa Calzecchi Onesti’.

Buon compleanno Mappamondo 1713-2013
Fermo, centro storico
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Il 2013 è l’anno dell’antico globo di Fermo, realizzato esattamente 300 anni fa a quattro mani dall’abate Silvestro Amanzio Moroncelli e da Filippo Antonio Morrone. In occasione delle GEP sarà possibile, grazie ad un’accurata visita guidata, scoprire i dettagli ed i simboli nascosti nella’antico mappamondo.

‘Insegnare fuori dalle aule’
Servigliano, Aula didattica sulla storia del campo di concentramento di Servigliano, Museo “MITI” di Fermo
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013, si organizza la visita guidata alla ‘Casa della Memoria’ (Aula didattica sulla storia del campo di concentramento di Servigliano), al Museo “MITI” (Officine dell’ITI ‘Montani’) di Fermo e alla Sala “A.Olivetti” (Museo “MITI”) si terrà la presentazione dell’Audioteca e della Fototeca provinciali. 

Il Neoclassicismo del Duranti
Montefortino, Polo Museale Palazzo Leopardi
Altro – Il 28 settembre 2013
Esposizione di N. 18 disegni di Fortunato Duranti appartenenti al I° Ciclo, dove è possibile notare la sua perizia artistica nella ricercatezza stilistica propria del neoclassicismo.
Per l’occasione si attiveranno visite guidate gratuite presso il Polo Museale di Palazzo Leopardi.

Giornate Europee Del Patrimonio 2013 a Sant’Elpidio a Mare
Sant’Elpidio a Mare, 28 settembre Basilica della Misericordia, 29 settembre Pinacoteca Civica “Vittore Crivelli”
Altro – Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
Sabato 28 settembre:
ARMONIE DI COLORI, ARMONIE DI SUONI
Presentazione del restauro della tela “La flagellazione del Cristo” di Gerolamo Grisi
A seguire “Arte e Gusto in concerto” presenta “Fantastici Dialoghi”, concerto per clavicembalo, organo ed oboe
Formazione:
Nicola Procaccino, clavicembalo ed organo
Edoardo maria Scarafoni, oboe
In collaborazione con l’Associazione Midlands – Fermo
Basilica della Misericordia, Piazza Matteotti – Sant’Elpidio a Mare

Domenica 29 settembre:
LE SCULTURE LIGNEE POLICROME RECUPERATE
Presentazione del restauro delle due opere “Il Cristo Crocefisso” e “La Vergine Dolente”
A seguire, degustazione di prodotti tipici locali
Pinacoteca Civica “Vittore Crivelli”, Corso Baccio 31 – Sant’Elpidio a Mare

Macerata

Tullio Crali. Vertigini e visioni
Civitanova Marche, Auditorium di Sant’Agostino e Pinacoteca civica Marco Moretti
Mostra – Dal 12 luglio 2013 al 03 novembre 2013
Civitanova Marche e la sua Pinacoteca civica intitolata a Marco Moretti, da oltre un decennio propone mostre d’arte ad alto livello storico ed artistico che hanno l’intento di portare a conoscenza del grande pubblico i Maestri del ‘900 italiano. Seguendo questa linea si propone la rassegna antologica dedicata a Tullio Crali, esponente di spicco del Futurismo, pittore aerofuturista di straordinaria abilità nel ricreare sulla tela prospettive aeree ardite con una tecnica pittorica originale e sapiente. Nel monumentale Auditorium di Sant’Agostino, nel cuore della Città Alta, per l’antologica “Tullio Crali. Vertigini e visioni”, curata da Enrica Bruni e Stefano Papetti, sono esposte sessanta opere del Maestro, alcune delle quali inedite, altre famosissime, a partire dai dipinti degli anni ’20, alle Sassintesi, fino all’ultimo non finito del 2000, anno della sua morte. “Crali si può considerare il più grande pittore del momento, la sua serietà nel lavoro è una virtù rara nei pittori di oggi, noi aeropoeti futuristi elogiamo la meravigliosa passione per le altezze e le velocità aeree, passione che costituisce la massima garanzia del trionfo di Crali. Questa passione è, in realtà, l’essenza magica dei maestri del Futurismo”. Così Filippo Tommaso Marinetti, nel 1940, lo descrive e Crali, per oltre sess’anni di carriera, mantiene inalterata la freschezza e l’impeto di aeropittore, ovunque si trovi Parigi, Egitto, continua instancabilmente, con coerenza, a testimoniare la sua adesione al Futurismo, ultimo movimento artistico italiano che abbia trionfato nel mondo. Conferenze, incontri, mostre fino ad arrivare alla nuova stagione di studi sull’arte futurista, inaugurata dalla mostra Futurismo e Futurismi allestita a Venezia a Palazzo Grassi nel 1986, vede Crali sempre presente sulla scena artistica italiana ed internazionale. Tullio Crali si spegne a Milano all’età di novant’anni. E’ sepolto a Macerata, sua città di adozione.

Un patrimonio da scoprire: visite guidate gratuite al Museo della scuola di Macerata
Macerata, Museo della scuola Paolo e Ornella Ricca
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
In occasione della manifestazione: ‘Giornate Europee del Patrimonio 2013’ il Museo della scuola ‘Paolo e Ornella Ricca’ organizza visite guidate gratuite per tutti gli utenti, tenute dai membri del Centro di documentazione e ricerca del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia e volte a far conoscere il patrimonio librario e i servizi offerti dal Museo, nonché gli aspetti di maggior pregio della mostra permanente ‘Libro e moschetto, scolaro perfetto: ideologia e propaganda nella scuola elementare del periodo fascista (1922-1943).’

Settembre al museo
Pollenza, Museo civico e Museo della Vespa presso Palazzo Cento e Abbazia di Rambona
Apertura straordinaria – Il 28 settembre 2013
In occasione della Giornata Europea del Patrimonio 2013, all’interno del terriotrio di pollenza sarà possibile visitare il museo civico di palazzo cento e l’abbazia di rambona. Il complesso mmuseale si costituisce di una ricca raccolta di reperti rinvenuti sul territorio con datazioni preistoriche e romane. Vi sono poi manufatti antichi in ceramica espresione dell’artigianato locale ed i beni appartenuti al cardinale cento che ha vissuto all’interno del palazzo. Al piano terreno si trova il museo della vespa, collezione rarissima e ricca di scooter e di gadget legati al mito della vespa. L’abbazia di rambona, poco fuori dall’abitato, viene considerata uno degli edifici sacri più suggestivi della zona. Costruita sopra un santuario ipogeo, della parte più antica oggi si conservano il presbiterio triabsidato e la cripta (XI-XII secolo).

“Macerata MuseinTour”
Macerata, Biblioteca Mozzi Borgetti, Palazzo Buonaccorsi, Arena Sferisterio, Torre Civica e Area archeologica Helvia Ricina
Visita guidata – Dal 28 settembre 2013 al 29 settembre 2013
Sabato 28 settembre

Possibilità di visitare tutti i siti della rete Maceratamusei con ingresso gratuito.
Ore 10,00 – ore 11,00 – ore 12,00 visite guidate alla Biblioteca Mozzi Borgetti;
ore 15,00 – 18,00 apertura straordinaria Area archeologica Helvia Ricina;
ore 18,00 presentazione di una nuova collezione di animali donata dalla famiglia Bernocchi al Museo Civico di Storia Naturale, Palazzo Rossini Lucangeli.

Domenica 29 settembre

Una passeggiata a Macerata tra medioevo e rinascimento
Ore 11.00 e ore 16,00 con partenza da Palazzo Buonaccorsi
Itinerario della città alla scoperta dei luoghi più rappresentativi dell’arte antica e rinascimentale di Macerata. Partendo dalla Fonte Maggiore fuori Porta San Giuliano si raggiungerà il Palazzo del Podestà in Piazza Mazzini fino al bel portale scolpito di Santa Maria della Porta per visitare poi la Chiesa di San Liberato che conserva una serie di affreschi rinascimentali al suo interno. L’itinerario si conclude infine con la visita della Biblioteca Mozzi-Borgetti nell’ingresso della quale sono murate alcune incisioni ed epigrafi una volta ubicate nella Fonte Maggiore. Si visiteranno anche le sale antiche della Biblioteca riccamente decorate e custodi del prezioso fondo librario e la sala della Specola, un tempo luogo di meditazione e studio dei padri gesuiti.
Costo: € 5,00 a persona. Gratuito fino ai 14 anni di età.

Scopri il Museo di Villa Colloredo Mels
Recanati, Museo Villa Colloredo Mels
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Il Museo di Villa Colloredo Mels prende il suo nome da una nobile famiglia friulana vissuta a Recanati per circa due secoli. Il Museo ospita alcune tra le più importanti opere del pittore veneto Lorenzo Lotto che ha lavorato a lungo nelle Marche. Nel corso della visita guidata si potranno ammirare opere di Pietro di Domenico da Montepulciano, Olivuccio di Ciccarello, la bolla aurea dell’Imperatore Federico II di Svevia, dipinti di Pier Simone Fanelli, nonché il Polittico di San Domenico e l’Annunciazione di Lorenzo Lotto.
Il museo ospita anche una sezione archeologica con reperti risalenti all’epoca neolitica e picena.

Il tempio della Salus Augusta
Urbisaglia, Parco Archeologico di Urbisaglia
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
In occasione delle Giornate europee del patrimonio verrà effettuata la visita guidata alla zona sacra del Parco Archeologico di Urbs Salvia.

Scopri il Museo Beniamino Gigli
Recanati, Teatro G. Persiani
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Il Museo dedicato al tenore recanatese Beniamino Gigli è ospitato in un luogo d’eccezione, il Teatro Persiani di Recanati, che è anche uno dei teatri storici delle Marche.
Il Museo raccoglie abiti di scena, fotografie, lettere ed onorificenze ricevute dal tenore nel corso della sua lunga carriera durata oltre 40 anni e che lo ha visto cantare nei più celebri teatri del mondo.

Inaugurazione del Fondo Coletti
San Severino Marche, Biblioteca comunale
Inaugurazione – Il 28 settembre 2013
L’università degli Studi di Macerata promuove un convegno, nelle giornate 27 e 28 settembre 2013, dedicato alla figura e all’opera dell’economista sanseverinate Francesco Coletti.
Sabato 28 settembre. alle ore 16,00, a San Severino Marche avrà luogo l’inaugurazione del fondo acquisito dal Comune donato dagli eredi dello studioso. L’importanza dei testi pervenuti è sicuramente significativa: materiali d’interesse per lo studio dei fenomeni migratori, della statistica, della storia dell’agricoltura, della sociologia rurale italiana, del diritto agrario italiano, della storia dell’economia politica e della storia dell’arte. Nei locali del palazzo dei Governatori che ospitano la Biblioteca comunale ‘Francesco Antolisei”’verrà in particolare trattata un’analisi sociologica e psicologica del Coletti.

Organizzare lo spazio: carte, piante e mappe del territorio maceratese fra XVII e XIX secolo.
Civitanova Marche, Spazio Multimediale San Francesco – Civitanova Marche Alta
Mostra – Dal 28 settembre 2013 al 03 novembre 2013
L’Archivio di Stato di Macerata, in collaborazione con la Prefettura di Macerata per la XV edizione di Cartacanta 2013 , organizza una mostra che raccoglie documenti uniti da una finalità comune: rappresentare, suddividere e organizzare il territorio. Si tratta di carte, piante e mappe, tracciate per scopi giuridici, catastali o amministrativi, spesso dal forte impatto visivo, e di importanza cruciale per la ricerca specialistica sulla storia dei territori. Attraverso di esse, è possibile tracciare un rapido percorso sui modi in cui gli uomini e le istituzioni hanno visualizzato e pianificato lo spazio in cui vivevano e operavano, prendendo come oggetto d’analisi specifico l’area del maceratese e come confini cronologici quei secoli – dal XVII al XIX – in cui l’organizzazione politico-amministrativa e tributaria si fa progressivamente più capillare, rendendo dunque più urgente l’impulso ai modi di suddividere e rappresentare i territori. Contemporaneamente alla mostra sarà pubblicato un catalogo a spese dell’Associazione Cartacanta di Civitanova Marche, distribuito gratuitamente.

Lettere dal carcere
San Severino Marche, Palazzo dei Governatori, carcere mandamentale e sala di udienza Incontro/presentazione – Dal 28 settembre 2013 al 30 settembre 2013
Letture e musiche per la riapertura del Carcere Mandamentale di San Severino Marche, testo da autori vari, voci Associazione Sognalibro, contrabbasso David Padella, videomaker Fabio Grillo, racconto fotografico Alessio Staffolani, servizi di sala Gruppo Scout San Severino.
Il carcere di San Severino è stato realizzato alla fine del XVI secolo nel Palazzo dei Governatori nella centrale piazza del Popolo, dopo che la giurisdizione penale, prima affidata a console e priori del Comune presso il Palazzo Consolare della città alta, era stata avocata dal governo papale nella persona del governatore pontificio; in seguito dell’unità d’Italia dal dicembre 1860 è divenuto carcere associato alla Regia Pretura di San Severino (avente sede nello stesso palazzo e dotata di sala di udienza ottocentesca tutt’oggi utilizzata dagli uffici giudiziari), poi solo Pretura in epoca repubblicana, ed è stato chiuso nel 1978 per essere poi soppresso ex lege nel 1999. Dopo lavori di recupero, anche a seguito del terremoto del 1997/98, il carcere mandamentale viene restituito alla fruizione dei cittadini in quanto parte del patrimonio nazionale sia in senso storico che monumentale in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2013. Lo spettacolo “Lettere dal carcere” è l’occasione ufficiale della riapertura del Carcere Mandamentale di San Severino Marche e si tiene domenica 29 settembre alle ore 16 e alle 17, con anteprima il 28 alle 17 e recite riservate alle scuole il 30. I posti sono limitati.

Apertura straordinaria del museo civico ‘R. Campelli’, del museo archeologico “V. Cianfarani” e del museo storico del territorio.
Pievebovigliana, Palazzo Comunale
Apertura straordinaria – Il 28 settembre 2013
L’amministrazione comunale di Pievebovigliana, allo scopo di valorizzare e promuovere sempre più il proprio patrimonio storico ed artistico, aderisce alle Giornate Europee del patrimonio – edizione 2013, coincidenti con la VI Festa nazionale del pleinair, organizzando l’apertura straordinaria, con visita gratuita, delle strutture museali allestite presso il Palazzo comunale.

Il tempio della Salus Augusta
Urbisaglia, Parco Archeologico di Urbisaglia
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Visita guidata alla zona sacra del Parco Archeologico di Urbs Salvia.

Pesaro e Urbino

Tartana, tartanone, trabaccolo. La nascita della marineria di Pesaro e le barche tradizionali
Pesaro, Museo della Marineria Washington Patrignani
Mostra – Dal 28 aprile 2013 al 27 ottobre 2013
Il museo della Marineria ‘Washington Patrignani’, riaperto nel 2007, mira a superare la valenza di semplice museo etnografico, promuovendo la conoscenza dell’identità marittima di Pesaro e del suo litorale attraverso la ricerca storica. La marineria, gli usi e costumi della gente del porto, le barche, studiati spesso solo come ‘oggetto di folclore’ sono presentati come ‘soggetto di storia’ e per questo l’allestimento museale dà spazio non solo ad oggetti legati al vissuto più recente, ma anche e soprattutto alle fonti orali e archivistiche che hanno permesso di individuare le cause storiche e di indagare su processi, relazioni e contaminazioni avvenute nel tempo che hanno dato vita ad una economia marittima. 
La mostra, organizzata in gemellaggio con il Museo Casa della Batana di Rovigno, città con la quale la società marinara di Pesaro ha intrattenuto scambi commerciali e culturali fin dai primi secoli dell’età moderna, dà spazio ai tipi navali peculiari della cantieristica locale, a partire dalla tartana e tartanone pesarese, che, pur ispirati dall’omonima imbarcazione provenzale, nell’elaborazione prodotta dalle maestranze venete di stanza a Pesaro, si presentano fin dalle origini i primi modelli di una tipologia originale adriatica la cui evoluzione tecnica porterà in seguito all’affermazione del trabaccolo, il natante, contraddistinto dalla tipica velatura, rimasto in opera nelle sue caratteristiche strutturali fino alla metà del Novecento. Ricostruzioni pittoriche raffiguranti tartana, tartanone, trabaccolo nella panoramica delle barche tradizionali adriatiche, con corredo di schede didattiche e materiali d’archivio, permettono di illustrare questi tipi navali che trovano una ragguagliata trattazione circa gli accorgimenti costruttivi e di armamento velico anche in una specifica pubblicazione, intitolata La Tartana, collegata alla mostra, a disposizione dei visitatori.
La mostra allestita a Rovigno (Croazia) è dedicata ai tipi navali della tradizione istriana: La Batàna e il Batièl rovignesi.

Giornate Europee del Patrimonio a Pesaro
Pesaro, Musei Civici di palazzo Mosca
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Pesaro partecipa a questa grande festa europea; quest’anno sono i Musei Civici di Palazzo Mosca – inaugurati proprio questa estate nel nuovo assetto – ad offrire al pubblico l’opportunità di scoprire e approfondire la conoscenza del loro patrimonio ora allestito con principi espositivi rivisiti all’interno di una sede profondamente rinnovata. Sabato 28 settembre alle 17.30 è in programma una visita guidata alle collezioni permanenti per ammirare quadri, ceramiche e preziosi manufatti di ebanisteria e arte applicata alcuni dei quali finora inediti. Alle 18.30 seconda visita guidata, questa volta alla mostra Franco Bucci/Massimo Dolcini/Gianni Sassi- Oltre il territorio ospitata a Palazzo Mosca e dedicata al design e alla grafica contemporanea. Il percorso condurrà i visitatori ad indagare gli universi paralleli e complementari delle arti, attraverso l’esposizione di ceramiche, manifesti, sculture, dipinti, progetti, installazioni, documenti e testimonianze dei tre eclettici creativi legati da amicizia e da un intenso sodalizio culturale. Le visite, a cura di Sistema Museo, sono gratuite per i possessori della card Pesaro Cult; per chi ancora non possiede questa tessera annuale che dà dirittto a numerosi vantaggi sull’offerta cultura cittadina, è possibile acquistarla al prezzo di 3 euro presso la biglietteria dei Musei Civici.
> Musei Civici di Palazzo Mosca
h 17.30 visita guidata alle collezioni permanenti
h 18.30 visita guidata alla mostra Franco Bucci/Massimo Dolcini/Gianni Sassi – Oltre il territorio
ingresso gratuito per i possessori della card Pesaro Cult; si consiglia la prenotazione (0721 387541, pesaro@sistemamuseo.it).

Sabato sera al museo!
Mombaroccio, Musei dell’arte sacra, della civiltà contadina e del ricamo
Visita guidata – Il 28 settembre 2013
Evento dedicato ai giovani e non, volto a sensibilizzare il patrimonio artistico, storico e culturale di Mombaroccio. Visite guidate dei musei dell’arte sacra, della civiltà contadina e del ricamo oltre che la mostra fotografica e il laboratorio di Galileo e Guidubaldo.

Nutriti dai silenzi
Fermignano, Museo dell’Architettura
Mostra – Dal 28 settembre 2013 al 10 ottobre 2013
Irene: Un dì Irene si chinò sulle proprie lacrime, versate e mai osservate, e come per incanto le vide trasformarsi in laboriose api. Le osservò tanto che fece propri i ruoli di cui ognuna era portatrice.
Ci mise le mani “in pasta” cogliendo e riproducendo così quella ordinata tranquillità del “fare” che Irene succhiò come nettare. Con le mani generò grovigli di linee nere su fondi bianchi, sintetizzando pensieri, esperienze, desideri. Rovistò ogni angolo del meraviglioso mondo delle api. Così, in quel mondo ordinato e di ruolo, l’irrequietezza trovò il senso del suo percorso artistico. Dall’osservazione alla sperimentazione il passo è breve. La fine di un’opera è l’inizio della seguente. Curva sulle lastre, a terra, ci offre la nascita di una gioia. Difficile è emozionare con linee aggrovigliate e nere, Irene ci riesce: ti prende per mano e ti accompagna in un mondo magico e inaspettatamente complesso, ricco di dettagli.
Moreno Mondani

Michela: Cosi scriveva Turner : “Il mondo è un insieme instabile di fluidi, la forma è luminosità in moto, macchia incerta in un universo fuggitivo”.
Il lavoro può ricordare una nuvola, un temporale, o molte altre cose, ma prima di tutto è un organizzazione di segni ed è per questo che esprime una certa tensione.
La trama che sembra organizzarsi sul foglio è luce vibrante che si muove, in alcuni casi, il gioco è tra il bianco e il nero, passando per il grigio.
Dall’elevata luminosità del foglio inviolato ci si addentra nel grigio e più questo si fa scuro e più si accentua l’inconsolabilità e l’oppressione soffocante. Se invece il percorso procede inversamente dal nero al bianco e il grigio si rischiara, una specie di aria, di possibilità, di respiro, penetra nel colore stesso che contiene in sé un elemento di celata speranza. Il bianco è purezza, non ottenuta senza un certo sacrificio. Solo dopo una profonda tribolazione si giunge ad un immenso silenzio, che ci apparirà infinito. 

Giornate Europee del Patrimonio alla Domus romana di Pesaro
Pesaro, Domus romana
Apertura straordinaria – Il 28 settembre 2013
Come accade ormai di consueto, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Pesaro partecipa a questa grande festa europea.
Accanto ai Musei Civici, protagonista della giornata di sabato è la domus romana di via dell’Abbondanza, eccezionalmente aperta al pubblico con una visita guidata alle 10.30. Costruita fra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I d.C, rappresenta un interessante esempio di abitazione signorile della prima età imperiale romana. L’importanza e la disponibilità economica del proprietario trovano espressione sia nella posizione dell’edificio all’interno del tessuto urbano sia nella ricchezza dell’apparato decorativo. Tutti in bianco e nero, i mosaici sono ampiamente conservati e costituiscono l’elemento più affascinante della casa. La visita, della durata di un’ora circa, sarà accompagnata da una proiezione di immagini illustrate dagli archeologici che hanno seguito il restauro della domus.

La domus romana di via dell’Abbondanza
h 10.30 apertura straordinaria con visita guidata
ingresso 6 euro; prenotazione obbligatoria

 

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“L’albero e la vacca” di Adrián N. Bravi

Sabato 28 settembre, presentazione del nuovo romanzo di Adrián N. Bravi, “L’albero e la vacca”, edito da Feltrinelli (in collaborazione con Nottetempo), alla libreria Feltrinelli di Ancona, alle ore 18.30. Insieme all’autore sarà presente lo scrittore Daniele Garbuglia.

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“Si sa che certe occasioni vanno colte al volo, altrimenti rischi che non ti ricapitino più, poteva succedere che sotto l’effetto del tasso mortifero i miei si fossero ammorbiditi e si dicessero delle cose carine, o anche semplici, ma senza litigare e, se ci scappava pure un bacio sulla guancia, tanto meglio.”

Il libro
L’albero e la vacca racconta la storia di un bambino, Adamo, che assiste da sopra a un albero alla separazione dei genitori. Seduto sul ramo del tasso, dopo aver mangiato le sue velenosissime bacche, Adamo vede apparire una placida vacca che rasserena l’orizzonte. L’irresistibile comicità di Bravi nasce dai serissimi sforzi dei suoi personaggi per risolvere situazioni spinose. L’autore riesce a far ridere restando serio, come il grande comico americano Buster Keaton. Al suo protagonista bastano poche bacche velenose e una mansueta allucinazione per affrontare il dolore, sbarcare nell’età adulta e lasciarsi la famiglia alle spalle. Con la sua prosa comica e visionaria, Adrián N. Bravi racconta il quotidiano, trasformandolo in un’avventura fantastica, e viceversa.

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CINEMATICA IN MOVIMENTO

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27/28/29 settembre – Ancona
Mole Vanvitelliana

Cinematica è un festival di cinema, video, arte visiva e performativa intorno alla relazione IMMAGINE/MOVIMENTO nelle diverse sfaccettature. Trae ispirazione dal concetto di immagine-movimento descritto dal filosofo francese Gilles Deleuze nel libro “L’Image-mouvement”, un libro fondamentale per l’estetica cinematografica. Deleuze, commentando la filosofia di Henri Bergson, si allontana dal concetto di cinema inteso come una successione di fotogrammi, argomentando che il cinema ci fornisce subito una immagine-movimento. Da qui una serie di rimandi a corpo e corporeità in movimento che anche lo stesso Deleuze mette in campo citando l’interazione dell’immagine filmica con quella di grandi attori/danzatori come Charlie Chaplin e  Fred Astaire.  D’altra parte stiamo assistendo a una vertiginosa modificazione dei rapporti tra realtà mediatica e realtà corporea: arte e comunicazione hanno trovato negli ultimi venti anni di storia la loro definitiva collocazione comune sullo schermo, la loro reciproca riflessione e commistione hanno il corpo e il movimento come loro centro.

Nello stesso tempo la realtà virtuale getta il corpo in una dimensione non carnale eppure sensibile che modifica la percezione che abbiamo della nostra corporeità. Ci sembra allora importante creare un’occasione di riflessione, fruizione e approfondimento sul tema dell’immagine corporea in movimento, in questo momento storico che vede l’incontro/scontro tra realtà corporea e realtà mediatica in continua evoluzione. A questo scopo la manifestazione non sarà solo un’occasione di svago ma alternerà gli spettacoli con conferenze-dibattito, proiezioni video e cinematografiche, laboratori espressivi, nel tentativo di creare un polo privilegiato di riflessione annuale, che coinvolga più organizzazioni, sul tema corpo-immagine e immagine-movimento.

Ancona come location del Festival perché è una città per sua natura “in movimento”, una città di mare, quindi di passaggio e sempre mutevole. E’ inoltre una città da sempre molto interessata sia alla danza che al cinema e alle sperimentazioni video-sonore.

Simona Lisi 

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PROGRAMMA I EDIZIONE 2013

Venerdì 27

H 10.00/13.00 sala didattica – Cinematica Cartoon
laboratori per bambini delle scuole elementari  a cura di Scuola Comics Jesi
H 17.00 auditorium – Cinematica Incontri
L’immagine in movimento conferenza di apertura del Festival con:
prof. Bruno De Marino, Accademia Belle arti di Frosinone
Simona Lisi, direttrice artistica del Festival
dott.ssa Annalisa Piccirillo, Università L’Orientale di Napoli

aperitivo

a seguire e fino alle H 22.00  sale espositive e sala didattica

INAUGURAZIONE  mostra degli artisti:
Antonello Matarazzo (videoartista),
Fabrizio Carotti (fotografo),
Andrea Silicati (pittore)
e delle proiezioni no-stop di
Cinematica MutoCorpi ipercinetici. Buster Keaton a cura di Silvia Tarquini
Cinematica VideodanzaLo sguardo che circonda.
Maya Deren
 a cura di Annalisa Piccirillo
H 21.00 auditorium – Cinematica Musical
Fred Astaire & Ginger Rogers

proiezione di “Seguendo la flotta”

Sabato 28

H 10.00/13.00 la didattica – Cinematica Cartoon

laboratori per bambini delle scuole elementari a cura di Scuola Comics Jesi

H 16.00/24.00 sala espositiva e sala didattica
apertura sala espositive e delle proiezioni no-stop di

H 18. 00 Auditorium – Cinematica incontri
“La fascinazione del movimento tra fisica e filosofia”
un dialogo tra il prof Giancarlo Galeazzi (Società filosofica italiana) e il prof Franco Rustichelli (Università Politecnica delle Marche)

H 21.00 sala espositiva – Cinematica live performing
AIEP – Ariella Vidach e Claudio Prati in “BODHI.Solo”
conferenza – spettacolo sull’interazione corpo/sitemi virtuali

aperitivo

H 22.30 auditorium – Cinematica Musical – Fred Astaire & Ginger Rogers
proiezione di “Carioca”

In occasione della Notte Bianca:

apertura sale espositive fino alle ore 24 e a seguire
Porta Pia – Cinematica Visual
T:pot+Nertorama @Porta Pia Rock Party
in collaborazione con Underground eventi & Communicashown

Domenica 29

H 10.00/13.00 e 16.00/22.00  apertura sala mostre e proiezioni no-stop
H 18.30  auditorium – Cinematica Incontri
incontro con il regista Silvio Soldini
proiezione del documentario  in esclusiva regionale “Quattro giorni con Vivian”
a seguire incontro con il regista
moderano l’incontro:
Prof. Francesco Adornato, vicepresidente della Fondazione Marche Cinema Multimedia
Giuseppe Borrone, critico e storico di cinema
Silvia Tarquini, Cineteca Nazionale di Roma

aperitivo

H 21.00 auditorium – Cinematica Musical
Fred Astaire & Ginger Rogers
Proiezione “Cappello a cilindro”

chiusura Festival

Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito.
Per la durata della mostra esposizione dei libri di cinema di Artdigiland, Dublino
Per  la conferenza-spettacolo di sabato 28 
“BODHI.solo” di Ariella Vidach, biglietto di cortesia 3€. Posti limitati, prenotazione consigliata al n. 071.2072439 dal lunedì al venerdì
H 10.00 – 16.00 (il giorno di spettacolo biglietteria dalle ore 19:30)

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info@cinematicafestival.com
www.cinematicafestival.com
Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito.

Spettacolo Opus. Foto Orlando Sinibaldi 2

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SEZIONE ESPOSITIVA  del Festival Cinematica

La sezione espositiva del Festival vuole accendere un focus sul tema della corporeità nelle arti visive, a partire dalla più materica, la pittura fino alla più immateriale, la videoarte, passando per la fotografia. Come questi artisti si confrontano e si sono confrontati sul tema della corporeità in movimento, ognuno con i propri mezzi di espressione.

ANTONELLO MATARAZZO, pittore, regista e video artista.

Ha lavorato come costumista e aiuto regista al Teatro Bellini di Catania. Dal 1990 è impegnato nella ricerca nel campo delle arti visive. Il suo lavoro si colloca nella più recente tendenza (“Medialismo“) intesa come integrazione dei vari media (fotografia, pittura, video ecc.). Dal 2000, data del suo cortometraggio d’esordio,The Fable (18° Bellaria Film Festival) – prodotto da Fuori OrarioRaitre) – i suoi video sono stati accolti da numerosi festival cinematografici italiani ed internazionali (Mostra Cinematografica di Venezia, Festival Cinéma Méditerranéen Montpellier, Torino Film Festival, Festival du Film sur l’Art de Montréal, Festival des Cinémas Différents de Paris, InVideo, Festival del Cinema Locarno etc.) alcuni dei quali come la Mostra Int.le del Nuovo Cinema di Pesaro e il Festival Internacional de Cine di Mar del Plata hanno proposto sue retrospettive. Il nucleo della sua ricerca si fonda sull’equivocità tra immagine fissa e movimento, spesso conferendo micromovimenti alle immagini fotografiche attraverso tecniche di morphing e warping, ma il trait d’union tra pittura, video e video-installazioni è costituito dalla marcata inclinazione nell’esplorare aspetti introspettivi e antropologici dell’umano. Questa caratteristica del suo lavoro fa sì che in molte Università, tra le quali Brera, Roma 1, Chieti, Genova, Salerno, Pisa e Cambridge, le sue opere vengano mostrate in seminari e workshop a scopo didattico. Il lavoro di A. M. è stato presentato nelle edizioni 2009 e 2011 della Biennale Arte di Venezia. www.antonellomatarazzo.it

FABRIZIO CAROTTI, fotografo

Fabrizio Carotti, nato a Jesi (An) nel 1980, si laurea in Filosofia indirizzo Estetico all’università di Bologna.

Dopo un’accurata ricerca sulle possibilità espressive dei mezzi tecnologici, dal 2008 intraprende la carriera d’artista operando con successo nel campo della pittura digitale. Riscuote ampi consensi tra la critica, tanto da essere selezionato da Gianluca Marziani e Valerio Dehò tra i venti partecipanti al I° Premio di pittura Zingarelli Rocca delle Macìe (2010) e da rientrare tra i 30 finalisti under 35 del Premio Terna02 (2009), fino a prender parte alla 54° Biennale di Venezia Padiglione Italia a Urbino (2011). www.fabriziocarotti.it

ANDREA SILICATI, pittore

Andrea Silicati nasce a Jesi nel 1970 e si laurea nella sezione di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Macerata nel 1994. Lo studio di Silicati è a Jesi, città dove vive e lavora, ma la sua attività si è aperta nel territorio nazionale, dove l’artista ha tenuto mostre in gallerie private e spazi pubblici. La sua è un’espressione poliedrica che pur mirando ad un confronto nazionale ed extranazionale, mantiene un legame nel territorio, dove l’artista espone e cura progetti artistici. Negli ultimi anni la sua ricerca si è focalizzata in una pittura che narra il corpo nudo, fragile, ottenendo l’apprezzamento della critica e del pubblico, che lo ha visto finalista al premio Terna del 2010 e presente in gallerie a Senigallia, Firenze e Roma. In ultimo Silicati si riavvicina ad un fare performativo, già sperimentato, dipingendo dal vero le sue figure colorate, attingendo sicuramente alla sie passate esperienze con la danza contemporanea. www.andreasilicati.it

SEZIONE FILMICA del Festival CInematica

Lo sguardo che circonda. Maya Deren
a cura di Annalisa Piccirillo

Negli anni ‘40 del Novecento, Maya Deren (Kiev, 1917 – New York, 1961) ridefinisce le possibilità cinetiche del corpo sullo schermo. Coreografa, regista, etnografa e scrittrice, Deren è considerata dai critici e dagli storici contemporanei di cinema e danza, l’icona dell’avanguardia cinematografica americana. Il genio del suo sguardo filmico è oggi celebrato per la complessità della realtà poetica – il mondo – che ella ha saputo far ‘danzare’ nella tecnica filmica; come lei stessa ha affermato: “[…] in film I can make the world dance.” Nata in Ucraina come Eleanora Derenkovskaya, negli anni della rivoluzione russa emigra con la famiglia a New York, dove abbrevia il cognome in Deren. Negli Stati Uniti, studia giornalismo e scienze politiche alla Syracuse University, comincia a frequentare gli ambienti socialisti newyorkesi, e si avvicina alle idee femministe. L’interesse per la danza s’intensifica quando Deren collabora con la compagnia di Katherine Dunham, celebre coreografa e antropologa afro-americana, nota per i suoi studi etnografici sulle danze rituali haitiane. Deren resta profondamente affascinata dalle forme spirituali delle danze voodoo, osservate e praticate da Durham, al punto che, dopo un approdo mistico verso la mitologia Hindu, nel 1943 modifica il suo nome in Maya (‘acqua’ o ‘velo dell’illusione’). L’incontro, invece, con il regista e futuro marito Alexander Hammid, consolida lo studio di Deren delle tecniche cinematografiche e quindi la produzione di opere sperimentali attente, in particolar modo, alle dinamiche introspettive della soggettività femminile-femminista. Maya Deren si è sempre dichiarata grata agli insegnamenti ricevuti dai maestri della slapstick comedy, come Buster Keaton e Charlie Chaplin, in particolare investiga la loro produzione sulla resa cinematografica, e sul potenziale tecnico, del sonnambulismo e dello sdoppiamento. Nel 1943, Deren gira il suo primo film dalla narrativa ciclica e perturbante: Meshes of the Afternoon, in cui lei stessa recita con molteplici sdoppiamenti sullo schermo. Il lavoro suscita una notevole influenza e le permette di conoscere intellettuali come Anaïs Nin, John Cage, Gregory Bateson e Marcel Duchamp (con il quale collabora al lavoro artistico-coreografico Witch’s Cradle (1943). L’anno successivo, Deren prosegue la sperimentazione sulla vitalità onirica e realizza At Land (1944). A breve segue A Study in Choreography for Camera (1945), il primo documento di video-danza in cui si cattura la cinetica del corpo in slow motion e in continuità spazio-temporale. Nel 1946, con la partecipazione di Anaïs Nin e dei danzatori Rita Christiani e Frank Westbrook, Maya Deren crea Ritual in Transfigured Time (1946), confermando il suo interesse per il tema della ritualità; mentre in Meditation on Violence (1948) lo sguardo della regista si concentra sul movimento, al limite tra bellezza e violenza, del performer Chao Li Chi. Uno degli ultimi lavori, The Very Eye of Night (1958), girato in collaborazione con la Metropolitan Opera Ballet School, può oggi considerarsi un’avanguardistica intuizione della danza digitale contemporanea; qui i danzatori, come spettri bianchi, ondeggiano nell’immaterialità scenica di uno spazio virtuale, notturno e stellato. La visione delle opere sopra citate saranno offerte al pubblico del festival Cinematica, e brevemente introdotte da Annalisa Piccirillo.

Corpi ipercinetici. Buster Keaton
a cura di Silvia Tarquini

Il progetto Cinematica prevede una serie di monografie dedicate ai grandi performer del cinema muto, e sceglie di cominciare da Buster Keaton, uno degli autori – attori più affascinanti del periodo. Nome d’arte dell’ attore e regista cinematografico statunitense Joseph Francis Keaton (Pickway, Kansas 1895Hollywood 1966). Attore di musical, passò al cinema recitando dal 1917 a fianco di R. Arbucklee dal1920 in una serie di cortometraggi da lui stesso diretti, che ebbero un rapido successo. Dotato delle qualità del ballerino, dell’acrobata, del clown e del mimo, Keaton creò una personale forma di comicità fondata sul contrasto tra la maschera imperturbabile dell’attore e la convulsa, insensata mutevolezza del mondo che lo circonda. All’immobilità del volto, diventata presto sua nota caratteristica, Keaton unisce doti fisiche straordinarie. Alle prestazioni da acrobata deve il soprannome “Buster”, che in italiano potrebbe equivalere a “Rompicollo”. Quello che soprattutto vogliamo segnalare allo spettatore di Cinematica è la sensibilità di Keaton nel porre le proprie potenzialità di performer in rapporto alle caratteristiche del mezzo cinematografico: come quando, a vantaggio della macchina da presa, riesce a dare l’impressione, grazie alla precisione chirurgica del suo gesto, di essere lui a fermare, con la mano, un treno in arrivo alla stazione.

Dopo un lungo declino, dovuto all’avvento del cinema sonoro cui mal si adattava il suo tipo di comicità, K. è stato riscoperto e rivalutato a partire dagli anni Sessanta. Vanno ricordate le sue ultime apparizioni ad esempio in Film (1965) unica opera cinematografica del drammaturgo Samuel Beckett.

Fred Astaire & Ginger Rogers

Il musical americano è il luogo per eccellenza dove l’incontro tra l’immagine filmica e il movimento corporeo si sono incontrati in modi a volte stupefacenti. Abbiamo scelto di iniziare a tracciare una seppur parziale storia del musical attraverso quella che è considerata la coppia più famosa del cinema americano: Ginger Rogers e Fred Astaire, i due ballerini che alimentarono la leggenda del cinema degli anni Trenta dando vita a film di successo internazionale, acclamati dal pubblico di tutti i tempi. Provenienti entrambi dal vaudeville, furono ballerini, attori, cantanti e, talvolta, anche coreografi e, insieme, nei dieci film che li videro protagonisti, riuscirono a ridefinire il genere, rinnovandolo. Esecutori di una danza leggera, molto sofisticata, ironica e romantica nello stesso tempo, basata sull’abilità e sulla destrezza personali, ballarono spesso come solisti, facendo a meno del supporto del corpo di danza, cosa che, comunque, per l’epoca risultava abbastanza singolare. Ginger Rogers aveva debuttato nel 1933 in Gold Diggers of 1933, con la regia di Marvin Le Roy e le coreografie di Barkeley entrando, quindi, nella storia del musical dal portone principale; Fred Astaire, invece, dopo una lunga e brillante carriera in teatro insieme alla sorella Adele (I favolosi Astaire), era approdato al cinema in un film di scarso successo, La danza di Venere, e nel ’33 era stato scelto per affiancare la Rogers in un film di ambientazione esotica, Carioca, con la regia di Thornton Freeland.Fu questo l’inizio, del tutto casuale, della leggenda: i due, infatti, rivestivano entrambi ruoli secondari e lo spettacolo non fu, poi, il successo che la casa di produzione, la RKO (a cui sia la Rogers che Fred Astaire rimasero legati per anni) aveva sperato. Eppure, il mito nacque così, da una sequenza di ballo, eseguita fronte contro fronte, che doveva essere solo una parte di un numero più vasto teso a mostrare la “nuova danza carioca” e in cui era previsto che i due ballassero solo per pochi secondi: il destino passò attraverso quei passi, eseguiti in modo assolutamente naturale e con un affiatamento pressoché inspiegabile tra due che neppure si conoscevano; e il destino volle che insieme, Fred e Ginger, entrassero nella leggenda della storia di Hollywood a passo di danza, con la medesima grazia e leggerezza con la quale erano entrati nella storia del musical.

ARTISTI INVITATI

SILVIO SOLDINI, cinema

Regista e sceneggiatore cinematografico. Autore attivo dall’inizio degli anni Ottanta, Soldini ha saputo costruirsi una posizione di primo piano nel cinema italiano, elaborando uno stile tanto atipico quanto riconoscibile. La sua costante ricerca espressiva si è tradotta in un modo di fare cinema sostenuto da una briosa musicalità narrativa e caratterizzato da uno sguardo personale su luoghi insoliti del nostro Paese. Temi ricorrenti sono il viaggio come momento di riflessione e di scoperta, e il caso come motore di un processo di ‘spostamento’ e di cambiamento interiore dei personaggi. Attento a ogni elemento delle sue composizioni filmiche, S. ha sempre dedicato particolare cura alla direzione degli attori, stabilendo con alcuni di essi (Licia Maglietta, Giuseppe Battiston, Marina Massironi) un rapporto privilegiato che si rinnova in ogni film. Non secondaria è la sua ricerca sulla ‘luce’, operata insieme a Luca Bigazzi, e sui colori delle scene e dei costumi. Nel 2000 ha ottenuto un grande successo internazionale con Pane e tulipani, opera vincitrice di nove David di Donatello (tra cui: miglior film, miglior regia e, insieme a Doriana Leondeff, miglior sceneggiatura).

Quattro giorni con Vivian (2008) è un film-passeggiata girato da Silvio Soldini l’inverno 2007/2008 nei luoghi milanesi cari alla poetessa Vivian Lamarque. La donna lo riceve a casa sua, gli apre il proprio universo un po’ caotico e pieno di vita e insieme visitano i luoghi prediletti della scrittrice: un parco nei dintorni di Milano, la casa della sua infanzia. Nel corso di queste conversazioni e passeggiate, tra i due artisti nasce un’autentica complicità.

COMPAGNIA AIEP/ARIELLA VIDACH, danza

Creata in Svizzera nel 1988, l’Associazione culturale AiEP (acronimo di Avventure in Elicottero Prodotti) nasce dalla comunione di intenti di un gruppo di artisti di diversa provenienza, interessati a realizzare progetti di ricerca nell’ambito delle arti visive multimediali e a sviluppare un linguaggio espressivo che attinga dai più svariati campi artistici (danza, musica, video-arte, design).Nel 1996 Ariella Vidach e Claudio Prati, due dei fondatori di AiEP, creano a Milano un’altra associazione culturale, Ariella Vidach – AiEP, ampliando gli orizzonti geografici ed artistici per approfondire la ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie applicate alla danza contemporanea e alle arti performative.In oltre vent’anni di attività, il percorso artistico di AiEP ha esplorato l’utilizzo dei media interattivi in un crescendo di complessità: dall’utilizzo di proiezioni video in scena a sensori quasi invisibili indossati dagli interpreti, passando per la motion capture e la computer-grafica, la relazione tra corpo, coreografia e sistema interattivi si è andata assottigliando e le interferenze tra arte e tecnologia sono diventate sempre più raffinate e suggestive.     http://www.aiep.org

Spettacolo e conferenza Bodhi.solo  La performance  sviluppa una riflessione sul rapporto che si genera tra il mondo tecnologico e quello  legato alla sfera dei sensi. La performer  rileva e traduce le informazioni ricevute dal sistema interattivo rispondendo alle sollecitazioni in simbiosi o contrasto agendo da interfaccia umana proattiva. Due mondi  in apparente conflitto che si alimentano e si trasformano in un delicato equilibrio che scaturisce  dall’attenzione e dall’ascolto. Il titolo Bodhi indica “risveglio”, “illuminazione” e in questo caso  sottolinea il  saper vedere con altri/nuovi occhi, ampliando la percezione, per focalizzare e osservare meglio i  dettagli e per creare nuove geometrie “sensoriali”. .solo è utilizzato come in informatica per indicare l’estensione di un file e, in questo caso, vuole sottolineare l’aspetto individuale ed intimo dell’azione performativa. Nella conferenza –incontro che segue la performance, Claudio Prati (videoartista) e Ariella Vidach (coreografa) direttori artistici di AiEP, illustrano, con brevi dimostrazioni e l’ausilio di proiezioni video, le tappe e le tecnologie più significative della sperimentazione che da anni contraddistingue il loro lavoro: l’uso e lo sviluppo di strumenti interattivi applicati alla composizione coreografica.La conferenza presenta lo “stato dell’arte” nello sviluppo delle tecnologie interattive applicate alla danza ed alla performance, passando in rassegna, attraverso la visione di estratti video degli spettacoli più significativi, le produzioni e le varie linee di ricerca espresse in dieci anni di sperimentazione ”interattiva” dalla compagnia.La tecnologia, i rapporti uomo-macchina  e corpo-tecnologia  e  le forme e i contenuti degli spettacoli di danza interattiva, sono gli elementi su cui si svilupperanno gli interventi, com-pletati da riflessioni sulla mutazione percettiva e sensoriale introdotta dall’impiego dei nuovi media.  In modo dettagliato verranno analizzati i contenuti estetici delle performance più rappresentative, il funzionamento dei software utilizzati, le modalità di interazione delle coreografie, le inter-facce e i criteri di indagine e le problematiche legate all’uso dei media digitali.

STUDIOSI INVITATI  AL FESTIVAL

Giuseppe Borrone, laureato in Storia del Cinema, con una tesi su Stephen Frears e il nuovo cinema inglese, si è occupato dell’organizzazione e della direzione artistica di numerosi festival, tra i quali A Corto di Donne, rassegna internazionale di cortometraggi al femminile. Dal 1991 è responsabile artistico della rassegna di cinema d’autore della multisala La Perla di Napoli, presso la quale organizza periodicamente incontri con registi e anteprime di film. Collabora, in qualità di selezionatore, con il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, per conto del quale ha curato la vetrina del nuovo cinema documentario napoletano a Buenos Aires. Ha fatto parte della giuria di diversi festival cinematografici, tra cui il Napoli Film Festival e Corto Nero, festival del cortometraggio noir. All’attività cinematografica affianca quella di critico letterario, organizzando e promuovendo la presentazione di numerose iniziative editoriali.

Bruno Di Marino è storico dell’immagine in movimento, dal 1989 si occupa in particolare di sperimentazione audiovisiva. Attualmente insegna Teoria e Metodo dei Mass Media presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Tra i volumi da lui scritti o curati ricordiamo: Animania – 100 anni di esperimenti nel cinema d’animazione (Il Castoro, 1998); L’ultimo fotogramma. I finali del cinema (Editori Riuniti, 2001); Interferenze dello sguardo. La sperimentazione audiovisiva tra analogico e digitale (Bulzoni, 2002); Studio Azzurro – Tracce, sguardi e altri pensieri (Feltrinelli, 2007); Pose in movimento. Fotografia e cinema (Bollati Boringhieri, 2009); Film Oggetto Design – La messa in scena delle cose (PostmediaBooks, 2011); Hard Media – La pornografia nelle arti visive, nel cinema e nel web (Johan and Levi, 2013). I suoi saggi sono stati pubblicati in Francia, Belgio, Portogallo, Germania, Russia, Giappone, Cina e Ungheria.

Silvia Tarquini è dottore di ricerca, lavora in Cineteca Nazionale. Scrive di cinema, video, performance, arti visive. Ha curato i volumi L’inganno più dolce. Il cinema di Alberto Lattuada, Centro Sperimentale di Cinematografia, 2009; La luce come pensiero, Editoria & Spettacolo, 2010; Fabrizio Crisafulli. Un teatro dell’essere, Editoria & Spettacolo, 2010. Autrice di numerosi saggi in volume (tra cui scritti su Wim Wenders, Cesare Zavattini, Valerio Zurlini, Toni Servillo). Ha collaborato con riviste quali «Bianco & Nero», «Arte e critica», «La Furia Umana». È fondatrice e direttrice editoriale del progetto Artdigiland.

Annalisa Piccirillo è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Dottorato di ricerca in “Studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono” con una tesi dal titolo Coreografie disseminate: ‘corpi-archivio’ della danza femminile,Ha presentato alcuni risultati della sua ricerca a convegni internazionali (ATACD 2009 – Barcellona; Goldsmiths College PhD Conference 2011 – Londra; ISEA 2011 – Istanbul; TaPRA Conference 2013 – York).Nel 2011 è stata visiting researcher presso la “School of Theatre Studies, Performance and Cultural Policy Studies” della University of Warwick (Coventry, UK), dove ha approfondito lo studio sulle tecniche/poetiche della coreografia moderna e contemporanea in relazione ai flussi migratori e diasporici postcoloniali, e ha indagato sulla cinetica dell’anti-gravità come strategia compositiva nelle opere di video-danza e danza digitale. Il suo lavoro di ricerca si muove prevalentemente nell’intersezione tra filosofia e analisi coreografica, prediligendo gli studi di genere e della differance. Ha pubblicato saggi su giornali on line e riviste accademiche come Anglistica Journal; Estetica, studi e ricerche e ha tradotto il saggio di Avanthi Meduri per l’antologia curata da Marina Nordera e Susanne Franco  (Ricordanze. Memoria in movimento e coreografie della storia, Torino, Utet Università, 2010).

Franco Rustichelli è nato a Monteroberto (Ancona) nel XX secolo dell’Era Cristiana, ordinario di Fisica presso l’Università Politecnica delle Marche, ed è autore di oltre 250 pubblicazioni in Scienza dei Materiali, Biomateriali, Biofisica, Cellule Staminali. Negli ultimi anni presenta relazioni su invito a Congressi Internazionali sulle Nanoscienze e sulle Cellule Staminali. È l’ideatore ed il coordinatore di un progetto finanziato dall’Unione Europea dal titolo Immersioni nei mondi della Scienza Mediante l’Arte, coinvolgente partner di 15 nazioni europee. Ha effettuato delle performance in diverse gallerie in Italia e all’estero. In particolare nella Galleria “L’Attico”di Roma, invitato da Maurizio Calvesi e Gino De Dominicis, e alla galleria “Schema” di Firenze, invitato da Achille Bonito Oliva. Dal 2006 a tutt’oggi ha presentato in varie sedi una performance dal titolo “Dalla Relatività di Einstein a una formulazione matematica dell’Immortalità Dinamica”.

Giancarlo Galeazzi Docente ordinario di Filosofia teoretica all’Istituto superiore di scienze religiose “Lumen gentium” collegato alla Pontificia Università Lateranense, e docente invitato di Filosofia morale all’Istituto teologico marchigiano aggregato alla stessa Università. E’ presidente onorario della Società filosofica italiana di Ancona, di cui è stato fondatore; direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose e della Scuola di alta formazione politica di Ancona. E’ curatore delle rassegne filosofiche “Le parole della filosofia” e “Le ragioni della parola” per il Comune di Ancona, “L’ora felice” per il Comune di Falconara e “A confronto su…” per il Comune di Camerata Picena. E’ socio fondatore dell’Institut international “Jacques Maritain”. E’ membro del comitato direttivo della rivista “Notes et documents pur une recherche personnaliste” e del comitato redazionale della rivista “Prospettiva persona”. E’ autore tra l’altro dei volumi: Personalismo (Bibliografica, Milano) e Jacques Maritain un filosofo per il nostro tempo (Massino, Milano).

ORGANIZZATORI

L’Associazione culturale Ventottozerosei è nata nel giugno del 2010, opera tra Ancona e Napoli. Ad oggi l’attività che sta portando avanti l’associazione è quella di progettazione di eventi artistici con forte componente ambientale, di divulgazione culturale e sensibilizzazione a tematiche sociali tra cui la creazione del Festival “A piedi nudi nel parco” a Napoli (giunto al terzo anno, in collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni culturali e il Comune di Napoli) e il Festival “Cinematica” nella città di Ancona. Distribuisce e produce inoltre gli spettacoli e le produzioni audio/video di Simona Lisi .

SIMONA LISI

Attrice, danzatrice, autrice. Post Laurea in Contemporary Dance alla LCDS di Londra, laureata in Filosofia, allieva del prof. Giorgio Agamben. Interprete per la danza contemporanea, il cinema e il teatro ha lavorato con registi come Mario Martone, Marco Bellocchio, Paolo Sorentino, Pippo Del Bono, Cristina Comencini, Fabrizio Crisafulli (con cui condivide da anni il lavoro di Teatro dei Luoghi) e per i coreografi Micha Van Hoecke, Adriana Borriello, Giovanna Summo, Chiara Reggiani, Simone Sandroni. Affianca il lavoro di interprete con quello di una ricerca artistica personale che la porta a creare spettacoli, a ideare percorsi pedagogici, a progettare rassegne d’arte e teatro contemporaneo. Ricercatrice indipendente di Estetica della danza e della corporeità, suoi interventi sono pubblicati in  “In cerca di danza”AAVV, Costa&Nolan  “Place. Body, light” ed Ardigiland, nella rivista online Limina Teatri. http://simonalisi.idra.it

organizzazione Associazione Ventottozerosei in collaborazione con Amat

Poliarte
Scuola di Comics Jesi
Società Filosofica di Ancona

direzione artistica Simona Lisi
consulenza alla direzione artistica Giuseppe Borrone
ufficio stampa e comunicazione Adriana Maldandrino
marketing e fund raising Alessandro Zitti
ospitalità Annalisa Cardinali
collaboratori Paola Marasca, Francesca Zenobi
comunicazione grafica Lirici Greci

Enti sostenitori

Regione Marche
Comune di Ancona
Fondazione Marche Cinema e Multimedia

Sponsor

Banca dell’Adriatico
Sarni Oro
EPM srl

vini gentilmente offerti dalla case vinicole

FAILONI – Staffolo
0731-779641
www.failoni.it

MONTE TORTO – Osimo
0731-205764
www.montetorto.it

ROMAGNOLI – Morro d’Alba
0731-63332
www.cantinaromagnoli.it

si ringrazia per  la gentile collaborazione

B&B Le stelle del Conero – Ancona
071-2811594
www.stelledelconero.it

Mangio Ergo Sum-Ancona
3924235308
www.mangioergosum.it

 

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M. La Graphic Novel #2

 

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M. nasce da una corposa costola de “Il cuore nei polpacci”, serie narrativa uscita a puntate sul sito di Ultima Sigaretta. Quando Danilo Santinelli ha preso l’iniziativa di chiamare il suo vecchio amico Paolo Marasca per proporre un’avventura assieme, il tessuto sfibrato de Il cuore nei polpacci è parso il migliore sul quale lavorare: trasformarlo, condirlo, torcerlo, plasmarlo e farlo come nuovo grazie al segno artistico e in piena libertà è stata la

Ne è venuto fuori un essere autonomo, M, con alcune storie da raccontare sul filo dell’immaginazione e della follia.

M. è un ospite. Della casa per disagiati mentali, ma anche del mondo, che legge e vede attraverso uno sguardo unico e commosso, e grazie alle instancabili gambe che lo portano ad andare. Le sue parole sono raccolte e cresciute da Silvia, educatrice della casa tanto sensibile quanto in bilico tra il curare e l’essere curata.

Paolo Marasca è nato ad Ancona nel 1967. Laureatosi in Lettere Moderne con indirizzo Storico Artistico presso la Statale di Milano, è tornato ad Ancona dove ha fondato il circolo Thermos, luogo di incontro, musica, arte, cultura e spettacolo dal 1995 al 2003. In seguito si è occupato della Biblioteca Amatori in Palazzo Benincasa. E’ autore di un romanzo (La qualità della vita, Italic, 2010) e di un secondo in uscita, di sceneggiature cinematografiche per il regista Alessandro Lentati, e collabora con i siti letterari Ultima Sigaretta e Argo. Da poche settimane è Assessore alla Cultura, al Turismo e alle Politiche Giovanili di Ancona.

Danilo Santinelli è nato a Jesi nel 1968. Laureatosi al DAMS (specializzazione in Arti Visive) presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna
Libero professionista: advertising, grafica discografica, illustrazione editoriale, pittura. Docente di Illustrazione, Percezione Visiva e Arte Contemporanea presso la Scuola Internazionale Comics di Jesi. È stato docente di Cinema, Fotografia e Televisione presso la Facoltà di Economia di Macerata.
In ambito editoriale ha pubblicato per: Il Manifesto, Diario della Settimana, Gruppo Hachette Rusconi, Cleup Editore, Helbling Languages Editore, Edizioni Pequod, Tre Sei Scuola Editore, Vanni Editore, Gruppo Editoriale Marche, Bonanno Editore.

 

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Mapi Guerrini

“Fotografa con tutto ciò che fa click…ma predilige la sua Nikon d800 e, quando ha tempo, l’Hasselblad analogica”

Le foto vanno guardate ascoltando Sakamoto “Hearthbeat”

luce

pioggia

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Mapi Guerrini nasce ad Ascoli Piceno, una bellissima città dove non metterà radici, restandoci solo pochi giorni.

Grazie al continuo peregrinare in numerose città,
conoscerà realtà diverse che le insegneranno l’amicizia, l’adattamento, la molteciplità e l’incontro con la gente e l’abilità nel traslocare.

Tornata ad Ancona, dove la sua famiglia ha le origini e le strade portano nomi familiari, si laurea in ingegneria ed inizia ad incrociare il mondo, con se stessa e la compagnia di una macchina fotografica, ricevuta in regalo dal padre, e che, strada facendo, le diventa indispensabile per la cattura di un “oltre ciò che si vede”

Attraversa l’analogico con il grande format, la polaroid, la camera oscura,
e inevitabilmente affascinata dai sistemi binari, approda alla fotografia digitale e alla sua immediatezza immagignifica.

Per lei la fotografia diventa un complemento insostituibile e inossidabile, è completamento, “non passa un giorno che non scatti una foto” (come ha già detto Avedon) ed essendo alla ricerca di un linguaggio che si esprima là dove le parole sembrano non bastare, non si stanca di fotografare cieli, strisce pedonali, ritagli di realtà, avanzi di frigorifero…lasciando però gli umani sempre fuori dalle proprie visioni.

mp.guerrini@tin.it

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Uno sguardo lontano

Estratto da nostro lunedì
numero 2 – nuova serie

Paolo Volponi e Urbino

Colloquio con Paolo Volponi luglio 1974 – febbraio 1976

Nella pubblicazione del «Premio Marzotto» del 1963-1964 è apparso un tuo scritto in cui, fra l’altro, si legge: «La poesia era sempre uguale, diceva sempre la stessa cosa: la necessità di sfogare un’ansia di conoscenza e di rapporto con tutto, con la vita da vivere in un mondo diverso per non cedere alla tentazione regressiva, all’indulgenza urbinate». Quindi ci riferiamo al periodo «urbinate».
Ora, a me interessa sapere chi era il Paolo Volponi di Urbino, un Volponi per noi sconosciuto, in un certo senso, se non letto attraverso le poesie de Il ramarro, la tua prima raccolta apparsa nel ‘48.

Il Volponi di Urbino si ferma a quella raccolta, poiché sono andato via nel ‘50. Avevo già ventisei anni. E la matrice poetica, «urbinate», come tu dici, è questa: Urbino, la campagna che c’è intorno, la scuola, i gruppi, le letture che si potevano fare in quel periodo. Direi una piccolissima città, senza rapporti né influenze, senza grandi scambi. Il Magistero sorgeva allora; allora cominciava in Urbino un certo allargamento delle sue relazioni e anche dei suoi contatti culturali. Fino a quel momento era un piccolo centro solitario, un borgo alla Leopardi.

All’atto dell’uscita di Corporale certa critica ha messo le mani avanti, le ha mosse in un’acqua un tantino torbida, rifacendosi alle poesie, dicendo che, forse,
il miglior Volponi è quello lirico, dolce, il Volponi che guarda la vita attraverso filtri quasi ammorbidenti.

Perché, da un lato, si è tentato di consegnare al tuo romanzo un ruolo gregario, dipendente dal «fatto poetico»? Perché anteporre le poesie alla tua narrativa?

Non è certo la miglior critica e nemmeno quella più diffusa. Se qualcuno insiste su quei motivi, per rintracciare un ceppo poetico, una ispirazione, anche una qualità della lingua, può anche avere ragione, ma solo per un inizio. Secondo me il discorso «le poesie sono belle» è un discorso provinciale, allusivo e riduttivo, sul quale non sono per niente d’accordo. Che la mia poetica sia stata tutta espressa attraverso le poesie, che le poesie abbiano praticamente esaurito le mie possibilità e che i romanzi rimangano quasi come degli esercizi che prolunghino le poesie e, magari, anche artificiosamente, non sono d’accordo. Direi che questa è una visione molto ristretta del mio lavoro. È una visione provinciale, ripeto, tipica di coloro i quali arrivano alle mie poesie e non vanno al di là per mancanza di sufficienti strumenti culturali; non si rendono conto dei problemi e dei temi che ho trattato nella narrativa, per esempio; è gente, questa, che nonha nessuna coscienza del fatto storico e politico, è gente che non ha nessuna coscienza di quella che è l’economia del paese, di quelli che sono i rapporti di produzione, di quel che ne deriva, quindi, in termini di società, in termini di trasformazione sociale e culturale. I miei libri sono del tutto autonomi rispetto alle mie poesie, anche se, evidentemente, sono miei e conservano, perciò, caratteristiche mie, originali, native, anche se sempre c’è una certa fedeltà a un ben determinato ceppo linguistico, a una certa interpretazione poetica del paesaggio, cioè sempre un’anima contadina per cui è una particolare visione dellestagioni, delle ore, del tempo come personaggio, eccetera. Però, ripeto, le poesie, grazie se sono belle, ma, secondo me, sono meno belle dei romanzi. Perché? Perché i miei romanzi toccano dei problemi larghi.
Le poesie sono un fatto ancora piuttosto intimistico, di maturazione personale, mentre i romanzi sono un risultato piuttosto certo, largo: hanno contribuito a sciogliere alcuni nodi di tutta la cultura del paese; almeno li hanno indicati.

Probabilmente questa visione restrittiva, quasi acritica, è da attribuirsi al fatto che i tuoi romanzi non sono facilmente penetrabili come, al contrario,
è stato per le raccolte poetiche.

Probabilmente perché, Scarabicchi, l’invidia è tanta; i piccoli poeti sono troppi, qui nelle Marche cosi come in giro per l’Italia e fanno sempre discorsi piccoli e provinciali. La novità, i cambiamenti propongono sempre, anche per chi osserva e legge, altrettanta disponibilità a innovare, cambiare e lottare; mentre la gente si accontenta più facilmente delle etichette, del modello ripetuto, del ron-ron; in fondo si sa che cosa ci si deve aspettare, come vanno svolte le cose. Ciascuno assume quasi una sua veste professionale, un suo distintivo, una sua cifra. Invece, secondo me, tutto questo non regge. Mi reputo uno scrittore abbastanza sperimentalista, anche se non ho dei propositi avanguardistici e non mi butto su un libro come su un esperimento da laboratorio.

Una fondamentale carenza di strumenti critici, dunque. Una forma di inerzia e pigrizia mentale, un ristrettissimo campo di indagine all’interno del quale certa critica si muove come in una morta gora. È cosi?

Certo. Dico solo questo: se uno vuol rifarsi ai miei libri può prendere le critiche di Pasolini, di Piovene, di Asor Rosa, di Franco Fortini, di Moravia, di Barilli, di Calvino, di Ferretti, di Ferrata, eccetera. Se si ha volontà, si possono leggere anche saggi su di me scritti in francese, in tedesco e anche in altre lingue. Bisogna adottare gli strumenti piu larghi anche se piu difficili senza rifarsi a dei condizionamenti «locali».

I richiami alle poesie fatti recensendo Corporale stanno a significare che anche in questo tuo ultimo romanzo (molto piu complesso, impegnativo, stilisticamente diverso da Memoriale e da La macchina mondiale) vi è una originaria matrice, un’ossatura lirica (soprattutto, a mio avviso, nella terza parte del libro) evidentissima. Ma c’è anche di piu: Gerolamo Aspri, il protagonista, è incastonato e costruito nel corpo degli anni Sessanta, figlio del suo tempo; c’è storia, insomma, una storia violenta; c’è una lunga rabbia generazionale, ci sono conflitti. La liricità si amalgama, si combina e reagisce all’epoca, all’anti-liricità, allo sfasciume verbale ed esistenziale. Eppoi c’è Overath, il compagno tedesco di Aspri, il controcanto, una sorta di «coscienza esterna» o «voce comandante», in alcuni casi.

Asor Rosa ha detto che è un romanzo storico le date ‘63-’67 sono reali, non certo dei termini casuali. Senza dubbio Overath è un personaggio importante. È una figura che ha molta influenza sul protagonista che si rifà spesso a lui per chiarire i propri problemi ideologici. Aspri non ha una vera cultura, anche in termini ideologici. Tutto quel che sa lo sa un po’ cosi, d’accatto, per sentito dire, per i suoi legami con questo amico tedesco, per la sua milizia piu o meno reale e convinta all’interno del PCI, per le letture che non risultano nemmeno chiare, ma che appaiono disordinate cosi come possono essere state fatte in quegli anni senza avere una certa guida e una fermezza culturale già stabilita. Overath è il personaggio colto, colui che sa giudicare certe situazioni, anche se egli stesso è ambiguo e sfuggente. Ad Aspri interessa, di Overath, anche questa sua ambiguità, questa disponibilità a superare costantemente qualsiasi situazione, ma anche ad approfittarne. Aspri è tendenzialmente poco pulito, poco onesto anche conse stesso. È negativo fino in fondo, pieno di fervori piu o meno reali, senza tempra morale, confuso, con questo velleitarismo ideologico col quale misura tutto e tutti, ma che non risolve mai niente, in termini concreti, nemmeno dei suoi problemi e delle sue ansie. È costantemente travalicato; recita continuamente e continuamente esce da se stesso.

È, in un certo senso, un uomo in rivolta.

È un uomo confuso con una rivolta confusa. È un uomo agitato, immaturo, velleitario, come ti ho detto, che si mette di fronte a grossi problemi, ma che non ha una visione chiara di questi grossi problemi. Spinella, su «Rinascita», recensendo Corporale, ha ben centrato Aspri, anche se poi, secondo me, non ha altrettanto centrato bene il romanzo: la sua qualità e i suoi rapporti con la letteratura contemporanea. Overath, per tornare ad Overath che a te interessa, e a ragione, è, lo ripeto, una presenza del libro molto importante, ma nemmeno lui è da vedere tutto raziocinante e positivo come punto fermo dell’ideologia, perché lui stesso scivola, si presta, è debole: debole per ragioni diverse da quelle del protagonista il quale è debole sempre dappertutto, mentre lui diventa debole per dolcezza, per accondiscendenza, per amicizia, per amore.

Corporale, mi sembra, è un romanzo amoroso, in senso lato, un intreccio di rapporti sensuali, un avvicendamento di stati d’animo che coinvolgono il lettore, lo portano dai margini al centro, nell’occhio del ciclone, attraverso il filtro della sostanza, attraverso la materia continuamente rimossa, cosi come accade ad Aspri nei suoi rapporti con Overath, con gli altri, con la donna.

È un libro pieno di sensualità. La lingua stessa è sensuale, assorbente, tutta fluida e calda rispetto a ogni cosa. Come ha detto bene Piovene, questo personaggio è lì che aspetta di congiungersi con tutti e tutto. C’è questa «amorosità»; ma secondo me, essa è una delle caratteristiche di un personaggio di quel genere, che non ha una struttura psicologica ordinata, nella quale anche il sesso ha una determinata parte e funzione. Questo ribollire, continuamente, tanto nel corpo come nelle idee, è uno degli elementi di base di Aspri.

Corporale ha avuto una lunga gestazione. Non è pensabile che tu vi abbia lavorato continuativamente. Come hai trattato questa materia? come l’hai portata da un’informità originaria alla forma finita?

Ci ho lavorato parecchi anni, certo, e non continuativamente. L’ho cominciato nel ‘65, alla fine del ‘66 avevo già seicento cartelle, molte delle quali venivano dalla dettatura. Queste cartelle le ho rilette e non andavano bene: erano inerti, la narrazione era piuttosto banale cosi come la descrizione degli avvenimenti. Bisognava riscriverle. Nel frattempo ho avuto un incarico all’Olivetti che m’ha dato impegni ancora più pesanti e allora non ho potuto rimettermi immediatamente a rielaborare questo libro. Non l’ho abbandonato, questo è già molto, però i primi due anni (‘66-’67) l’ho praticamente trascurato; poi nell’estate del ‘67 l’ho ricominciato a scrivere, cosi come nelle successive estati del ‘68 e ‘69. E l’ho scritto nella forma e nell’ordine in cui è pubblicato, una, due, tre, quattro parti. Il lavoro piu grosso l’ho fatto dopo queste ferie passate con il manoscritto, fra la fine del ‘71 e l’inizio del ‘72, eppoi, di nuovo, per due mesi, nell’estate del‘73. Però non l’ho mai abbandonato; mentre lavoravo e viaggiavo avevo sempre presenti i problemi del libro, prendevo appunti, mi veniva sempre in mente il punto in cui ero, una situazione, una contaminazione oppure la ripresa di qualche motivo già scritto; e questo spiega anche come la narrazione (specie della prima e della terza parte) sia a strati; c’è una narrazione che si svolge in un tempo reale che descrive quel che càpita in quel momento sulla quale, però, si inseriscono una serie di associazioni, di ricordi, di ipotesi, per cui, costantemente, la pagina si alza e allarga, riprendendo tutti quei motivi; anche i tempi si sovrappongono con, in mezzo, stati d’ansia, di speranza, di memoria che divaricano il discorso, magari lo ammatassano, lo aggrovigliano, però, secondo me, lo rendono piu spesso, piu coerente fino a costruire l’ansiosa corporalità di Aspri. Corporale l’ho finito nell’estate del ‘73. Nelle vacanze natalizie dello stesso anno ho corretto le bozze.

Corporale ha riscosso un coro di consensi (come hai già detto, da Pasolini a Moravia, da Fortini a Pampaloni, da Asor Rosa a Spinella, dalla Morante a Piovene) ed è strutturalmente diverso dai due precedenti. Asor Rosa ha scritto che Aspri è «un intellettuale borghese» e che il libro é «un romanzo popolato di doppi e ciascuno di questi doppi ha una funzione rifrangente nei confronti del suo alter ego»; Pasolini ha detto addirittura che in Corporale vi è la fusione di due romanzi, uno «comico realistico creaturale che scorre sotto quello che ho chiamato romanzo superiore»; Corrado Stajano ha definito, con intelligenza, Gerolamo Aspri come un «braccato». Dalle reazioni della critica e del pubblico, insomma, si è capito che da anni un romanzo non muoveva un vespaio di giudizi così accesi, non suscitava dibattiti, polemiche, scontri, eccetera. Si è anche tentato di vedere in Aspri un Volponi in controluce, un Volponi sotto lente deformante. Con questo romanzo hai scomposto un certo tipo di uomo affinché lo si potesse conoscere sulla scorta di reperti sociologici, storici, politici e tipicamente esistenziali di cui siamo in possesso. E non a caso si è parlato di Aspri-Ulisse (Pampaloni), non a caso si è tentata l’identificazione con il «viaggiatore» omerico. Ma al di là delle metafore e delle considerazioni piu o meno pertinenti e soggettive, resta quest’opera di resistenza che ci ha spinti nelle «zone» di una certa società italiana dalla quale siamo apparentemente usciti, come da certe nebbie, come da certe oscure selve di questa nostra «commedia umana» sempre replicata. Aspri ne ha fatto le spese un po’ per tutti, tra delirio e inferno ideologico. Moravia, se non sbaglio, ha scritto che Aspri è «un pazzo» Ma è davvero così devastato e devastante questo tuo protagonista?

Aspri lo si può analizzare come si vuole, caro Scarabicchi, si può dire di lui tutto, ma non che sia semplicemente un pazzo. L’ho già detto altrove, è un personaggio irregolare e proprio in virtù di questa sua «irregolarità» si prende il lusso di criticare e discutere tutto: i rapporti di produzione, la cultura, l’ideologia, il sesso. Il mio personaggio ha capito che il potere non ha mutato pelle e che dovunque (nell’industria, nella politica, nella vita) i registridella storia sono gli stessi di sempre.

Corporale, nel suo complesso, anticipa qualcosa di tuo che verrà o, piuttosto, chiude un ciclo, una sorta di trilogia?

Sto scrivendo e ho aperte tante poesie; ho iniziato un nuovo romanzo che dovrebbe uscire nella primavera prossima. Se Corporale, in particolare, anticipa… no, non direi. Sono piu propenso a credere che chiuda, invece, il discorso dei primi due romanzi. Il romanzo che ho in mente adesso è piu disteso, narrativamente in terza persona, con strutture piu chiare. Anche questo è un libro con alcuni problemi di fondo che mi sembrano veri nel corpo della società come della psicologia italiana.

Passando ad altro. Il Volponi che sta «fuori», il Volponi che ha lasciato le Marche come vede la nostra cultura regionale, molto provinciale per certi aspetti, inghiottita da una gola di tradizioni di chiusura? Abbiamo degli scrittori che sono rimasti nel grigio delle loro ambizioni frustrate, nelle strette maglie di una cultura piccolo-borghese, bloccata, senza aperture.

Non facciamo riferimenti. I marchigiani poi sono sospettosi, invidiosi. Io li amo per le loro qualità e per i loro molti difetti. Basta pensare a Luigi Bartolini, grande marchigiano, grande maestro e grande amico mio. Marchigiano vero, dico, con il quale c’è da fare i conti, al quale bisogna riferirsi e che costituisce, secondo me, un punto fermo della nostra cultura.

Per togliere dal chiuso, dai nascondigli ciò che qui nasce, cresce e si sviluppa, per sciogliere i lacci che ci legano, cosa credi si possa fare? (L’interrogativo si allarga, si capisce, anche alle altre province, alle altre regioni).

Intanto non direi che si debba parlare di un problema per e degli scrittori marchigiani. Per uscire dal provincialismo cominciamo, per prima cosa, a non pensare che ci sia una categoria degli «scrittori marchigiani». La cultura marchigiana è ricca, importante, seria perché ricco, importante, serio, onesto, lavoratore è il popolo marchigiano. Sono tanti i marchigiani in giro per l’Italia che servono al paese. Guardando a quelli anche le Marche che cosa devono capire? Devono capire che il problema, oggi, è di essere, anche nel più piccolo paese delle Marche, non provinciali assumendo una coscienza critica rispetto alla propria posizione generale di tutto il Paese. Se, insomma, in qualche modo, chi vive nelle Marche, non aspetta soltanto modelli inventati e costruiti altrove, ma si dibatte, appunto, con una propria forza, con delle proprie idee. Mi pare che i marchigiani in questo siano interessanti, veri, reali. Hanno dato figure di primo piano, da Leopardi a Licini, a Bartolini, personaggi stravaganti, coraggiosi, innovatori (di’ che anche Moravia è mezzo marchigiano), e molti altri che meriterebbero d’essere ricordati, da Bigiaretti a Ciarrocchi, a Giuliani, a Fazzini, a Pomodoro. Il problema della cultura nelle Marche: non so cosa dire. L’importante è che la società marchigiana non resti bloccata all’interno della dimensione rurale e della Cassa di Risparmio, che è una tipica istituzione marchigiana. Cioè, il problema è di attuare un’economia innovativa, di avere il coraggio di pianificare la regione, di mettere in moto tutte le forze, con nuove iniziative. Di dare un senso attivo alle università, di potenziare l’economia, puntando su fattori ad alta tecnologia; eccetera. Ora è chiaro che se i rapporti di produzione, che determinano per tanti motivi la cultura, restano ancora quelli che sono, al livello della piccola fornace o della piccola fabbrica di fisarmoniche e soprattutto ancora della piccola azienda rurale o del piccolo artigianato, a fianco rimane una cultura con una dimensione ridotta e che non è certo in grado di affrontare i grossi temi posti dalla tecnologia, dalla rottura·e dal logoramento di ogni termine sociale, dalla esplosione demografica, dall’inurbamento.
Ma se ci si muove anche qui, come ti ho già detto, sul piano della invenzione (non c’è bisogno della grande industria), sul piano dell’iniziativa, secondo me è possibile trovare tanti motivi per un potenziamento, senza restare fermi, chiusi. Non bisogna solo, smaniare nella paura d’essere provinciali. Già la paura è il segno che, in qualche modo, uno lo è.

Un punto di forza, come tu dici, potrebbe essere quello di affrontare la cultura in senso anticonformistico, cercando di rifiutare tutte le varie sollecitazioni locali che generano solo il recupero di reliquie minime (lo dimostra il fatto che l’unico punto fermo resta, sempre, Leopardi).

Esattamente. È necessario affrontare la cultura, innovare; non ci si salva certo mutuando a Macerata o ad Ancona la vita di Roma o i modelli di Roma o di altrove.Per certi aspetti Roma è molto più provinciale che non Ancona o qualche gruppo marchigiano che, invece, è attivo e ricco di fermenti.

Già il fatto che tu sia qui a parlare con me di questi problemi denota chiaramente che un qualcosa di «diverso» e non provinciale esiste, non ti pare? Quello che conta, ad esempio, non è tanto il mettere in piedi, perché si fa altrove, rivistine, giornaletti e altro del genere; una regione cosi non può reggere questo perché non ha l’economia sufficiente, perché non è un polo di attrazione. È molto più valido agire come l’editore d’arte Brenno Bucciarelli. È un editore che sa scegliere gli incisori, i poeti, gli scrittori, li mette insieme, stampa in modo perfetto e ne vengono fuori delle cose che possono circolare certamente anche a Parigi. Questo perché Bucciarelli punta su un certo tipo di qualità.

Ecco il punto. Voi che siete «fuori», che una volta rappresentavate la «periferia», come tu dici, avete indiscutibilmente, ciascuno a suo modo, anticipato, innovato, costruito e, soprattutto, inventato dei modi nuovi e diversi che sono poi diventati codici. Nello Ajello nel suo libro Lo scrittore e il potere edito da Laterza a un certo punto, nel capitolo «Elegia degli anni Cinquanta», parla di Volponi come del «sacerdote dell’alienazione». Senza dubbio hai previsto qualche cosa che sarebbe giunto di lì a poco, nel quadro di quella narrativa industriale di cui si è tanto discusso e scritto. Questo sta a significare che, dunque, gli apporti, icontributi della provincia spesso sono determinanti.

Le Marche sono una regione tributaria; sono un piccolo territorio senza grossi centri e grosse risorse; ma hanno, di contro, una grandissima umanità, una forte e fertile fantasia, un fondo di follia interessante che la porta a essere una regione che inventa, secondo me, e che mette in giro particolari tipi d’intellettuali e di uomini di azione. Io non sento importanti, pero, certi impegni di fedeltà o quasi di identità con un muro o con una collina.
Uno è costruito anche con quel muro, con quella collina, ma poi dopo si muove,
può andare a Buenos Aires e avere ancora delle reazioni che gli sono dettate da quel certo tipo di costruzione, di matrice, ma nello stesso tempo ha la possibilità di muoversi, di ampliare il proprio spazio psicologico e storico.

In relazione appunto a questo ampliamento del proprio spazio psicologico e storico che dovrebbe essere tipico di ogni scrittore e guardando ben dentro le pieghe della nostra letteratura dal ‘68 a oggi pare che la capacità di creare, intervenire, partecipare ideologicamente, storicamente, socialmente sia mancata. Le prove dimostrano un indebolimento, una volontà di astensione; i romanzi ultimi denotano quasi una forma di diserzione civile, un arrampicarsi sugli specchi per non affogare. Parecchi scrittori si son lasciati prendere la mano dal successo, dai quattrini, dai giochi dell’industria culturale, e via dicendo. Tutta la carica generata dalla Resistenza e dal «subito dopo» è andata perduta. Probabilmente tutto questo è anche da attribuire a una situazione politica disgregata e disgregante, al poco potere circolato, alla ricerca di più rapidi mezzi per accaparrarsi il posto giusto, a tutta una ridda di fattori che hanno reso dubbia, ambigua e fragile la posizione di certi scrittori integrati, fiacchi.

Non vorrei essere cattivo, e devo anche fare una premessa: non ho letto tutto quello che dal ‘68 a oggi si è scritto. Molti sì, altri li ho appena sfogliati. Ripeto, non vorrei essere cattivo, sto per conto mio, nella mia posizione, non pretendo di fare lo scrittore professionalmente, non faccio parte dei gruppi della cosiddetta società letteraria, non credo nemmeno che questa società esista o abbia motivo per esistere. Possono esistere delle iniziative, dei gruppi di cultura, ma allora ci vuole un’ideologia comune, un impegno appositamente considerato, delle responsabilità. Non questa faccenda di essere insieme quattro-cinquecento scrittori per poi dire: ecco la società letteraria italiana! Una società che è poi tutta fatta di invidie, di trabocchetti, di mondanità, di colpi bassi. Non è che questa produca molto. Io ho avuto la fortuna di incontrare, all’interno di questa presunta società, tanti personaggi che mi hanno aiutato molto, a cominciare da Bartolini, eppoi Pier Paolo Pasolini, Moravia, l’Elsa Morante, Leonetti, Franco Fortini, Ferretti. Ho avuto degli scambi con loro, seriamente. Mi hanno dato la coscienza dei miei mezzi, mi hanno detto in che modo potevano essere portati avanti, migliorati, ampliati, corretti. Non sono quindi dietro a tutto quel che esce nella nostra letteratura, né credo che sia molto importante e che ogni anno ci siano venticinque capolavori come ci fanno credere le varie voci dell’industria culturale. Mi pare, anzi, che il ‘68 non abbia prodotto niente; avrebbe dovuto, ma non ha prodotto niente. Credo che i fermenti più interessanti sono venuti, casomai, tra il ‘56 e il ‘65 e che dopo, forse per la massiccia presenza dell’industria culturale, questi fermenti siano andati spegnendosi e che sia ripresa, con molto vigore, la confezione di tanti romanzetti come profumi o come dolci, confezione bell’e buona cui si sono prestati anche ottimi scrittori che, evidentemente, per necessità, per guadagnare dei soldi, hanno sfornato un libro ogni due anni, costruendolo con un certo taglio, con una certa mano, di una certa misura, escludendosi da quel che la letteratura deve avere, cioè lo spirito sperimentale, il coraggio dell’impegno, non solo in termini politici, ma proprio in termini professionali.

In relazione a quanto si è detto, allora, che cosa questi nostri ultimi dieci anni hanno perduto nei confronti di quel periodo cui ci siamo riferiti (1955-1965)?

C’era forse maggiore convinzione nella forza originale e nel significato della letteratura anche se tale convinzione poteva essere frutto di ingenuità, di ambizione artistica, di un certo sentimento ideal novecentesco.Ma c’era anche la speranza, almeno in alcuni, che un libro potesse davvero servire a investire e anche a modificare la cosiddetta realtà. In molti almeno in quelli ai quali sono stato e mi sentivo più vicino, c’era una forte ansia di ricerca e di novità, la stessa che ha consentito tutti i risultati più interessanti di avanzata rispetto al Novecento, di scoperta di tante culture autonome e originali non ancora assorbite e anche l’accostamento a principi storicistici, alla lezione di Gramsci, al confronto con i problemi del Paese. Non credo che oggi sia meglio di ieri, come non credo al contrario; sono convinto che anche la neoavanguardia sia stata un fatto sostanzialmente positivo soprattutto per arricchire la letteratura di tanti motivi e di tante tecniche aprendola a contaminarsi con tutti i fatti della cultura e della vita sociale del momento.
Nel frattempo ha aumentato il suo potere l’industria culturale imponendo una serie di prodotti e di consumi molte volte fastidiosi: il libro per l’estate, i mezzi di discussione e di ricerca assunti come fini, graduatorie, meriti e premi sbagliati, ecc. Tutto il potere in generale nel Paese ha cominciato più sfacciatamente a godere e a succhiare i propri vantaggi, a muoversi con la frenesia, l’arroganza, l’incoscienza di chi non ha più un rapporto attivo con la realtà. Un grande clima di decadenza morale e anche culturale che è culminato con la crisi che oggi sconvolge il nostro Paese; crisi che il potere considera soltanto economica o politica, cioè limitata a meccanismo e che invece è storica.

E la crisi del vecchio stato italiano e anche del potere che lo ha determinato: essa è dovuta proprio alle insufficienze culturali di entrambi ma anche alla grande spinta popolare di libertà. Si è perduta quella tensione che la nostra società aveva avuto dalla Resistenza, dal grande scrollone antifascista e dall’avvento della Repubblica.

Sono rifluite una serie di condizioni di conservazione; non è circolato potere: l’intellettuale, ancora una volta, è rimasto staccato dalla realtà del Paese, non è entrato come programmatore, come politico, ma è rimasto ancora in un gioco

distinto, sopra, come se la cultura potesse vivere sopra il resto della società, con un legame fantomatico con la Tradizione da una parte e con l’Avvenire dall’altra.

Un legame del genere è accademico e finisce per essere del tutto improduttivo.

Cioè, all’interno del sistema culturale manca la ricerca del «non dato». Mi pare che la letteratura abbia coscienza di questi problemi e stia cercando di affrontarli o almeno di denunciarli. La letteratura non è certo alla fine, se si mette a ricercare all’interno di questa crisi, se non la sfugge attraverso l’evasione e l’indulgenza, la memoria o il puro laboratorio accademico. (luglio 1974)

ll sipario ducale, il tuo ultimo romanzo, contiene un esplicito e diretto attacco a quella che è l’attuale struttura socio-politica dell’Italia, un’Italia che risulta, ormai, tragicamente frantumata, priva di una guida, incapace di risolvere i problemi capitali che la riguardano, incapace di sciogliere i nodi che la legano e la paralizzano. I fatti di Piazza Fontana, a Milano, nel ‘69, muovono la macchina del romanzo. Le bombe della Banca dell’Agricoltura hanno apertamente dimostrato l’inconsistenza di uno Stato (il nostro) che non è più capace di controllare niente e nessuno: hanno evidenziato la sua totale impossibilità ad agire, reagire e prevenire.

Secondo me, con i fatti di Piazza Fontana e con lo svolgimento della loro vicenda si è capito che il nostro Stato praticamente non esiste, è debole, fiacco, non ha la capacità di risolvere i problemi sociali, a nessun livello né, tanto meno, quelli riguardanti la struttura economica o della pubblica amministrazione o della giustizia; come non ha nessuna forza e nessuna idea per modificare la vecchia macchina burocratica che è fonte di tante dispersioni e inefficienze. Il libro, Il sipario ducale, in fondo accenna a questo stato di carenza, per lo meno esprime il dolore che questo stato di debolezza suscita in quelli che hanno un minimo di carità di patria, di interesse collettivo, sociale. Il libro comincia, appunto, con l’episodio delle bombe a Milano e si svolge visto dalla provincia, da Urbino, attraverso i rapporti tra la realtà di Urbino e il resto della realtà italiana.

Il testo, cosi come tu dici, non è soltanto una «storia urbinate» che investe il professor Gaspare Subissoni, anarchico, antifascista, antiunitario e la sua compagna, la Vivés Guardajal, la catalana.

Esatto. Il libro è un punto di osservazione che consente anche di valutare i problemi della società italiana. Urbino è colta in alcuni personaggi (a parte il clima della città appena delineato) fuori tempo, fuori da questa situazione di mezzo acculturamento, di mezza partecipazione, di mezza democrazia nella quale la città, come tante altre città del Paese, vive e si sviluppa. Sono personaggi al margine.Uno è l’ultimo di una schiatta (l’Oddino) antirisorgimentale per ragioni di casta, di aristocrazia, di fideismo, eccetera. Un altro invece, è un anarchico anch’esso fuori dalla Storia che sembra aver esaurito la sua capacità di giudizio e di partecipazione con l’intervento nella guerra di Spagna. Queste sono due posizioni lontane ein arretrato che consentono, però, di intervenire sulle attuali vicende del Paese. In fondo proprio perché il Paese non ha costruito una cultura successiva a questi sfasamenti. È come se non ci fosse stata la cultura di questi ultimi trent’anni di democrazia.

La continuità che «non si avverte» allora, è nell’Italia o in Subissoni e Oddino?

È nella mancanza di una cultura autonoma cioè l’unità d’Italia è vista criticamente, come un fatto militare, autoritario, d’espansione coloniale, eccetera, che non ha servito le aspirazioni popolari che sostenevano una parte del Risorgimento e che non ha certo prodotto l’unità in senso culturale ripeto, anzi ha disperso, minacciato, rattristato, chiuso in schemi molto sommari tutte le culture. Ecco il problema, per esempio, del rapporto tra la cultura unitaria e le grandi posizioni della letteratura preesistenti, fino a quelle di Manzoni e di Leopardi. Come la cultura unitaria, accademica, burocratica, umanistica ha dato anche interpretazioni sbagliate di questi personaggi i quali, evidentemente, pensavano ad un’Italia costruita diversamente, a un’Italia d’un sogno federale, di unità delle vecchie culture e non alla costituzione di un regno organizzato secondo un esempio già vecchio che era quello di uno stato europeo di impianto napoleonico. A questo punto (ecco il problema) vanno ripresi i motivi veri, autentici della cultura italiana della pre-unità, motivi che sono sempre rimasti latenti e che oggi vengono fuori anche attraverso queste istanze, attraverso la lotta popolare che c’è ed è anch’essa vera e autentica.

Ma il problema è anche un grosso interrogativo a cui tutta la cultura italiana deve rispondere, non ti pare?

Lo stato unitario si è rotto, è fallito: cosa viene fuori dopo? Questa è la novità, l’interrogativo – come tu dici – al quale deve dare una risposta la cultura italiana. Quale ipotesi di stato, quale forza unitaria, quale nuova cultura possono essere costruiti nel nostro Paese? Naturalmente sulla base più larga possibile, con le partecipazioni popolari che fino ad ora sono state escluse, secondo alcuni «punti» e interventi che già ci sono stati (per esempio, la Resistenza, la Repubblica, le lotte che sono avvenute, a livello sindacale e giovanile, dopo il ‘65). Il libro dice esattamente anche queste cose, ma le vede attraverso dei personaggi che sono fuori scena, ormai; però da un personaggio fuori scena come Subissoni scaturisce la necessità di una ricerca attiva in termini critici, culturali, che dia la possibilità di costituire un tessuto unitario credibile, largo, che sia davvero la base della Repubblica. Per questo il libro critica certi aspetti conformistici e, nello stesso tempo, autoritari, cioè critica l’unìtà attraverso la sua espressione di oggi, la televisione, un certo tipo di benessere, questa mezza storia che corre, appiattisce e uniforma tutto, in sostanza. La spinta di Subissoni è nuova, per ritrovare veramente una possibilità reale di attacco nei confronti di questa società bisogna andare dietro, precorrere, cioè riprendere i motivi che l’hanno preceduta, abbandonare il suo spazio, mettersi all’esterno, in posizione distinta e anche contraria. E quindi riprendere i discorsi di un anarchico che, fatto il salto, vanno a suscitare degli interessi nei settori marginali, ma più autentici della nostra cultura.

Nel Sipario ducale c’è un personaggio centrale molto importante e tutto da studiare: Vivés, la parte attiva di Subissoni, più ideologicamente ferma e decisa.

Sono d’accordo quando dici «più ideologicamente ferma». In fondo Subissoni è debole ideologicamente, più vulnerabile, chiuso in una certa stagione, l’anarchia umanitaristica.

Figlio anche di una cultura borghese e selettiva.

Appunto. È l’intellettuale illuminista che non ha più fiducia nei prodotti dell’illuminismo, cioè le riforme e la rivoluzione. È fuori storia perché è stata costruita una cosa diversa che lui non ha più la possibilità di controllare e criticare, mentre la donna, siccome ha continuato a studiare, non si è chiusa soltanto nello sdegno, nell’orgoglio, nella regressione, ma è nella possibilità di fare ancora un’analisi piuttosto precisa della realtà, soffre di quel che succede, capisce che non ha più, fino in fondo, il rapporto con la verità storica, con le masse popolari, con il sindacato, capisce che si sta creando un altro mostruoso inganno scenico a carico dei soliti colpevoli (cioè gli irregolari, gli anarchici, eccetera), un altro misfatto che è chiaramente organizzato o, comunque, strumentalizzato dal potere, capisce questo e muore. Dopo questa morte anche Subissoni intuisce qualcosa, cioè che deve continuare ideologicamente là dove lei ha interrotto, riallacciare i rapporti e per questo va a Milano, sul finale del romanzo, con un’altra giovane ragazza che quasi segna la continuazione di Vivés o la possibilità della continuazione dell’idea di Vivés, va a Milano per capire, per vedere, per partecipare, per lottare. Esce dal sipario ducale. Cioè: l’Italia si può rompere ricreando delle vecchie signorie, ricreando dei posti attorno a un centro di potere, a delle vecchie storie, a delle nostalgie. Chiuderla, romperla in senso regressivo, nel mito di un mondo più bello, rurale, eccetera. O la si può rompere per rifarla veramente sulla base di una unità culturale e popolare che non ha niente a che spartire con l’autorità e con la struttura economica attuali, con l’organizzazione dello stato di oggi e via dicendo. Questa è la lezione.
Subissoni lasciando Urbino rompe questo sipario ducale verso il quale regrediva nel sogno confuso di ricostituire il vecchio ducato.

Come in un certo senso regrediva Aspri in Corporale?

Non direi. Aspri è sempre in un’altra posizione di lotta, è sempre vibrante. Caso mai abbandona, percorre un altro sogno. Aspri in fondo vuol dire una cosa che soltanto oggi la psichiatria democratica o antipsichiatria scopre, e cioè: per essere liberi bisogna avere un uso diverso del proprio corpo, anche fisico, un dominio dei propri istinti che noi abbiamo perduto affidandolo alla norma della società. Bisogna caricare la libertà di desideri e di possibilità di rinnovare tanti rapporti, compresi quelli dell’amore. Usare il corpo contro la regressione che è stabilita da un certo tipo di società; regressione e blocco anche nei rapporti civili. In fondo, Aspri capisce anche se confusamente e si animalizza e lotta, alla fine, come può lottare un animale, cioè al di là della logica e anche dell’ideologia.

In ciò che dici è il senso del titolo che volevi dare al romanzo che poi hai chiamato Corporale.

Certo. Liberare l’animale vuole dire questo. È poi il discorso portato avanti, in termini di cultura, da tanti giovani psichiatri, da tanti psicanalisti, da sociologi.
La grande liberazione non avviene soltanto attraverso l’acquisizione dei poteri da parte degli oppressi, ma avviene se l’acquisizione dei poteri da parte degli oppressi è accompagnata da una operazione totale di rinnovamento, senza che l’uomo debba, per questo, rinunciare ai suoi desideri, alla sua fantasia, alla possibilità di essere costantemente libero e di creare ogni giorno, secondo quello che è l’unico motivo per cui è su questa terra come Grande Sapiente Animale, come Grande Costruttore.

Tornando al romanzo. Per quello che riguarda la tecnica di scrittura, la lingua che hai adottato per questo libro, c’è da dire che essa è ben differente da quella di Corporale (calda, assorbente, in continua rimozione). Nel Sipario ducale si percepisce l’intenzione di creare un linguaggio molto più accessibile e piano, linguaggio facilitato, secondo me, anche dall’adozione di una sorta di tecnica teatrale che rende più aperta e libera la lettura, una tecnica che procede per immagini, che favorisce una visualizzazione oggettiva del testo. Anche l’uso della terza persona concorre a facilitare comprensione e lettura. Anche nella seconda e nella quarta parte di Corporale avevi usato la terza persona.

Senza dubbio. È giusto quello che dici. Narrando in terza persona acquisisco un controllo della materia, anche perché mi propongo un pubblico dall’altra parte nell’oggettività. Tecnica teatrale, scenica, rappresentativa: è vero, ma non solo questo, anche adesione morale a quello che faccio. In fondo, non c’è poi molta differenza tra il mio linguaggio parlato e quello scritto. Mia è anche quella visionarietà, rilevata da molti critici, probabilmente perché quella visionarietà è uno degli strumenti della mia stessa personalità, ma anche della mia cultura. E poi c’è da dire che io partecipo, vivo e agisco più in modo orale che scritto. Aderisco alla realtà in maniera diretta, verbale, oratoria. Prendi La macchina mondiale: è un romanzo tutto dettato, qua e là riscritto dopo la dettatura. Per forza, allora, che lo stile che si riscontra nei miei libri è uno stile libero, umorale, a volte passionario, mimetico, così come sono io.

Sarebbe sbagliato affermare che il tuo linguaggio è quello di Gerolamo Aspri?

Non è che sarebbe sbagliato, ma non è esatto al cento per cento. Aggiungi che il linguaggio che possiedo e di cui mi servo per scrivere non l’ho mai passato in laboratorio, cioè non è mai stato analizzato da me criticamente, attraverso esami, studi, sperimentazioni o controlli. È tutto dato.

(febbraio 1976)

Intervista a cura di Francesco Scarabicchi.

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DOLCI IN FOTO e non solo …

Impressioni, ricordi e ricette di Maria Guadalupi.COPERTINArid

Questa raccolta di ricette e fotografie di dolci non ha la pretesa di presentarsi come l’ennesimo ricettario, ma è semplicemente un ringraziamento e una testimonianza di affetto per le tante persone, parenti, amici, conoscenti che mi hanno coccolato con le loro dolci prelibatezze e hanno soddisfatto la mia voglia di cose buone nella ricerca di sapori antichi e nuovi. Sono sempre stata, sin dall’infanzia, golosa di dolci, in questa debolezza accontentata dalla nonna Nora che era, amante della buona cucina che culminava nella preparazione dei dolci tradizionali. Biscotti, bocconotti, “cacchitieddi zuccherati e mustazzueli” erano le sue specialità di cui non era possibile avere le ricette, perchè le dosi erano approssimative e cambiavano in relazione agli ingredienti di cui era in possesso con risultati comunque quasi sempre più che soddisfacenti. Neppure dalla mamma ho avuto grandi aiuti, perchè la cucina, in casa nostra, era l’unico e geloso regno della nonna, da cui la mamma era felicemente estromessa.
Nel tempo altre persone si sono succedute alla mia nonna nella preparazione di dolci.
Ed allora ho chiesto le loro ricette, ho fotografato i loro dolci, perchè desideravo emulare la loro capacità e bravura e colmare quei vuoti lasciati dalla nonna pasticcionae dalla mamma “manualmente impedita” come la definiamo io e mia sorella con affettuosa ironia scherzando sulle sue scarse attitudini manuali.

Mi piace aprire con il dolce della mamma. Come lei suole dire “necessità fa virtù”, ed ha imparato a prepararsi una ciambella per rendere più piacevole la colazione, che in casa nostra è un rito, e spesso per lei anche la cena con una fumante tazza di latte.

La ciambella della mamma

La ciambella della mamma
Ingredienti: 4 uova, 300 g di farina, 200 g di zucchero, 100 g di burro, la scorza di un limone grattugiata, 1 bustina di lievito sciolto in un poco di latte.
Preparazione: Monta le uova con lo zucchero, aggiungi il burro morbido e la farina poco alla volta. Alla fine aggiungi il lievito. Versa il composto in uno stampo imburrato e infarinato. Cuoci in forno preriscaldato a 190° per circa 35 minuti.

Maria Guadalupi è nata nel 1962 a Brindisi dove tuttora risiede. Nel 1981 ha conseguito la maturità al Liceo Classico “B.Marzolla” di Brindisi e nel 1987 si è laureata in Matematica presso l’Università degli Studi di Lecce. Borsista C.N.R. dal 1989 al 1991 si è dedicata a studi di dendroclimatologia collaborando alla stesura di varie pubblicazioni scientifiche. Dal 1992 è docente di Matematica presso l’I.T.T. “G.Giorgi” di Brindisi. E’ membro dell’Associazione Soroptimist International d’Italia, organizzazione internazionale di donne per le donne che opera per la promozione dei diritti umani, l’accettazione delle diversità, lo sviluppo e la pace. Discendente da famiglia con tradizioni agricole eredita la passione per il vino, perfetto connubio di gioia di vivere, gusto e piacere di stare in compagnia. Diplomata Sommelier e amante della cultura e delle tradizioni legate all’enogastronomia con l’aiuto delle persone a lei più vicine, di amici e conoscenti ha raccolto ricette con foto di dolci: torte e biscotti,creme, dolci al cucchiaio e alla frutta racchiuse in un  libro dal titolo “Dolci in foto e non solo…Impressioni, ricordi e ricette”.

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DOLCI IN FOTO e non solo…

Impressioni, ricordi e ricette di Maria Guadalupi.

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Questa raccolta di ricette e fotografie di dolci non ha la pretesa di presentarsi come l’ennesimo ricettario, ma è semplicemente un ringraziamento e una testimonianza di affetto per le tante persone, parenti, amici, conoscenti che mi hanno coccolato con le loro dolci prelibatezze e hanno soddisfatto la mia voglia di cose buone nella ricerca di sapori antichi e nuovi. Sono sempre stata, sin dall’infanzia, golosa di dolci, in questa debolezza accontentata dalla nonna Nora che era, amante della buona cucina che culminava nella preparazione dei dolci tradizionali. Biscotti, bocconotti, “cacchitieddi zuccherati e mustazzueli” erano le sue specialità di cui non era possibile avere le ricette, perchè le dosi erano approssimative e cambiavano in relazione agli ingredienti di cui era in possesso con risultati comunque quasi sempre più che soddisfacenti.
Neppure dalla mamma ho avuto grandi aiuti, perchè la cucina, in casa nostra, era l’unico e geloso regno della nonna, da cui la mamma era felicemente estromessa.

Nel tempo altre persone si sono succedute alla mia nonna nella preparazione di dolci. Ed allora ho chiesto le loro ricette, ho fotografato i loro dolci, perchè desideravo emulare la loro capacità e bravura e colmare quei vuoti lasciati dalla nonna pasticcionae dalla mamma “manualmente impedita” come la definiamo io e mia sorella con affettuosa ironia scherzando sulle sue scarse attitudini manuali.

Mia sorella Leri, molto impegnata nel lavoro, che svolge con passione e successo, nei ritagli di tempo prepara in un battibaleno per i suoi bimbi il salame di ciccolato.

Il salame di cioccolato di Leri

Il salame di cioccolato di Leririd

Ingredienti per 10-12 persone: 250 g di biscotti secchi, 180 g di zucchero a velo, 200 g di burro morbido, 150 g di cioccolato fondente, 3 tuorli.
Preparazione: Sminuzza il cioccolato e fallo cuocere a bagnomaria. Lavora il burro a crema e unisci lo zucchero setacciato e continua a montare finchè il composto è soffice e spumoso. Unisci il cioccolato fuso raffreddato, quindi i tuorli, uno alla volta, unendo il successivo quando il precedente è ben amalgamato. Incorpora anche i biscotti frantumati e versa il composto su un largo foglio di carta forno.
Avvolgilo dandogli la forma di un salame e mettilo a rassodare in frigorifero.

Maria Guadalupi è nata nel 1962 a Brindisi dove tuttora risiede. Nel 1981 ha conseguito la maturità al Liceo Classico “B.Marzolla” di Brindisi e nel 1987 si è laureata in Matematica presso l’Università degli Studi di Lecce. Borsista C.N.R. dal 1989 al 1991 si è dedicata a studi di dendroclimatologia collaborando alla stesura di varie pubblicazioni scientifiche. Dal 1992 è docente di Matematica presso l’I.T.T. “G.Giorgi” di Brindisi. E’ membro dell’Associazione Soroptimist International d’Italia, organizzazione internazionale di donne per le donne che opera per la promozione dei diritti umani, l’accettazione delle diversità, lo sviluppo e la pace. Discendente da famiglia con tradizioni agricole eredita la passione per il vino, perfetto connubio di gioia di vivere, gusto e piacere di stare in compagnia. Diplomata Sommelier e amante della cultura e delle tradizioni legate all’enogastronomia con l’aiuto delle persone a lei più vicine, di amici e conoscenti ha raccolto ricette con foto di dolci: torte e biscotti,creme, dolci al cucchiaio e alla frutta racchiuse in un  libro dal titolo “Dolci in foto e non solo…Impressioni, ricordi e ricette”.

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