Poesia dello sguardo

“Sono rinato molte volte, dal fondo
di stelle rovinate, ricostruendo il filo
delle eternità che popolai con le mie mani” […]
Pablo Neruda

Opere fotografiche a cura di Roberto Recanatesi

Tema: Ritratti

Roberto Recanatesi è nato e vive ad Ancona. Laureato in giurisprudenza, fotografa ininterrottamente dal 1987 ed espone dal 1995.
La sua produzione, costantemente apprezzata per la sicurezza espressiva, il rigore visivo, la raffinatezza stilistica, sovente in chiave poetica e nostalgica, abbraccia svariati settori (a partire dall’amata paesaggistica degli inizi) e, da iniziali quanto molto apprezzate predilezioni coloristiche, si è ormai tramutata in un deciso e pregnante bianco/nero, specialmente in merito a figure ambientate di suggestivo e spesso potente spessore.
Ricercatore instancabile e solitario, restio alle disquisizioni tecniche e a tutto quanto possa in qualche modo coinvolgerlo nel consueto “giro” ovvero nei luoghi comuni della fotografia, persegue un personalissimo e tenace ritmo interiore, sulla base di remote e mai sopite emozioni legate soprattutto al suo amore per le arti figurative e lo spettacolo in particolare.
Usa da sempre di una Yashica manuale, con due obiettivi originali da 28 e 50 mm, e di scarsissima attrezzatura aggiuntiva (una Canon per le doppie esposizioni), non ama (almeno per adesso) il mondo digitale e si dichiara un “pigro” e forse un’ ”estraneo” alla fotografia, argomento di cui infatti, almeno per certi lati, non ama troppo discutere. L’essenziale per lui è che gli siano restituiti in immagini lontani sogni e desideri.
La musica, il teatro, il cinema, la pittura, la letteratura sono le componenti decisive e costanti della sua personalità ed, in generale, fotografare per lui significa riunire in una superiore armonia tutto quanto l’ha profondamente coinvolto sin da bambino.
Numerosi gli spazi di prestigio che l’hanno accolto: dalla Mole Vanvitelliana all’Arco Amoroso di Ancona, dagli Antichi Forni di Macerata alla Sala Laurana di Pesaro, al Palazzo dei Priori di Fermo, alla Rocca Paolina di Perugia, alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, alla Sala dei Mercatori di Ascoli Piceno, al Palazzo del Turismo di Riccione, alla Galleria Giovenzana di Milano, ecc.
Sue opere sono in possesso di collezioni pubbliche e private. Hanno scritto di lui Armando Ginesi, Silvia Cuppini, Sergio Anselmi, Giancarlo Galeazzi,  Lucilla Niccolini, ecc.
Ormai decisamente votato all’onirico e al visionario, le sue opere sono state, tra l’altro, molto apprezzate alle ultime due edizioni della prestigiosa Rassegna Salvi di Sassoferrato.

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Prose scelte 1993

Dino Garrone
(1904-1931)

Tra la città e il porto c’è il macello. È una costruzione grande, compatta, pitturata in rosso cupo col sangue degli animali uccisi. Dietro le inferriate delle finestre si vedono file di corna come dietro i luminelli di un carro bestiame.
Sul muro di cinta una plebaglia dai capelli lanosi e dalle braccia tatuate, ha tracciato col catrame teste da morto, pupazzi che vorrebbero essere donne nude, mostruosi simboli carnali, commentati da frasi piene di una sediziosità così scurrile che persino gli errori ortografici hanno là dentro qualcosa di degradante, e sono come le pustole delle parole.
Quando arrivano i drappelli di bestiame, l’improvviso odore del mare li inebria; scalpitano, abboccano l’aria, stirano le zampe, scoprono le gengive rosa, e muggono di felicità insieme alle sirene dei piroscafi. Passano il cancello cantando, con il candore dei martiri che entravano nel Colosseo incontro ai leoni.
Sotto il porticato si aprono le celle delle esecuzioni: camere strette, senza porte e pareti glutinose che cedono al tatto.
Dal soffitto si abbassa la doppia carrucola col mazzo di funi penzolante; in terra, poco più in là del mezzo, c’è l’anellone, fissato accanto al foro circolare di un pozzetto; raffi e bastoni uncinati, somiglianti a scandagli marini, si accatastano agli angoli, scalmieri portano mazzapicchi di ogni dimensione, le righe incavate degli scolatoi corrono tutto in giro, l’aria, carica di un sudore fetido e molle, s’attacca al tessuto dei vestiti.

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LE PAROLE DELLA FILOSOFIA

Festival del pensiero 2013 – XVII Edizione
dedicata a: Linguaggi e Comportamenti
Ideazione e coordinamento di Giancarlo Galeazzi

“La filosofia non è un tempio, ma un cantiere” (Georges Canguilhem)

 “Linguaggi” e “comportamenti”: a questo binomio è dedicata la XVII edizione de Le parole della filosofia, più precisamente ad alcune forme di linguaggio gli Incontri con i filosofi al Teatro Sperimentale di sera, e ad alcune forme di comportamento la Scuola di filosofia alla Facoltà di Economia di pomeriggio. Nell’uno e nell’altro caso si tratta di significative modalità della comunicazione, la quale viene messa a tema nella convinzione che essa stia attraversando una evidente crisi a causa della inflazione mediatica o della sua strumentalizzazione interessata. Quella che è stata chiamata “la manomissione delle parole” o, più in generale, la loro “manipolazione” inquina la comunicazione: sia dei linguaggi che dei comportamenti, provocando inaccettabili “capovolgimenti”.
Restituire alle parole la loro autenticità e ripristinare il valore della parola costituiscono degli imperativi ineludibili, rispondendo ai quali si può contribuire a ridare alla comunicazione il suo pieno significato di “apertura all’altro” e di “stile di vita” in chiave linguistica e comportamentale. A tal fine si dedicherà attenzione: alla conversazione e alla testimonianza, di cui si occuperà Nicla Vassallo; alla sincerità e al suo correlato la menzogna di cui ha scritto Andrea Tagliapietra; alla persuasione e al suo rapporto con la violenza su cui rifletterà Silvano Petrosino, e al valore della parola non meno che del silenzio: ne parlerà Carlo Sini: i tre filosofi sono noti esponenti delle tre università milanesi: la “Statale” Sini, la “San Raffaello” Tagliapietra e la “Cattolica” Petrosino, mentre la Vassallo è docente dell’ateneo genovese. Proprio questa pensatrice ha recentemente pubblicato un libro di Conversazioni su questioni disputate oggi, ed è il migliore elogio della comunicazione fare comunicazione attraverso delle conversazioni, che sono sollecitanti esercitazioni di pensiero. Anche gli altri tre pensatori si sono interessati di problematiche attuali di filosofia della comunicazione, cui hanno dedicato importanti studi. Dal canto suo, Giancarlo Galeazzi a scuola di filosofia presenterà alcuni comportamenti fondati su una comunicazione performativa, quali l’empatia, la fiducia, la benevolenza e la comunione. Sono tutti studiosi tanto qualificati quanto capaci di parlare a un vasto e diversificato pubblico, com’è quello che affolla gli appuntamenti filosofici che, da diciassette anni consecutivi, si svolgono ad Ancona per iniziativa del Comune dorico in collaborazione con la locale Società Filosofica Italiana e su progettazione del prof. Giancarlo Galeazzi, e che sono finalizzati ad offrire alla città un servizio culturale a valenza civile: tale è l’uso pubblico della filosofia; un fattore, questo, che incrementa il tasso di democrazia della società.
E, con i tempi che corrono, non è da sottovalutare, bensì da incrementare.

INCONTRI CON I FILOSOFI

nel Teatro Sperimentale “Lirio Arena”
Via Redipuglia 57 , Ancona
da Febbraio a Maggio 2013

LINGUAGGI > INCONTRARE L’ALTRO

Conversazione
NICLA VASSALLO

Università degli studi di Genova
Lunedì 18 marzo 2013 ore 21.00

Sincerità e menzogna
ANDREA TAGLIAPIETRA

Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
Lunedì 29 aprile 2013 ore 21.00

Persuasione
SILVANO PETROSINO

Università Cattolica di Milano
Lunedì 20 maggio 2013 ore 21.00

Parola e silenzio
CARLO SINI

Università degli studi di Milano
Lunedì 10 giugno 2013 ore 21.00

 ***

A SCUOLA DI FILOSOFIA

con Giancarlo Galeazzi

Aula b1 presso
La Facoltà di Economia e Commercio
Piazzale Martelli 8,  Ancona
Gentilmente concessa
dall’Università Politecnica delle Marche

COMPORTAMENTI > STILI DI VITA

Empatia
Mercoledì 13 marzo 2013 ore 17.00

Fiducia
Mercoledì 10 aprile 2013 ore 17.00

Benevolenza
Mercoledì 15 maggio 2013 ore 17.00

Comunione
Mercoledì 5 giugno 2013 ore 17.00

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Speaking to the deaf

Scenari internazionali per la band metal-core di Ancona.
Una settimana di concerti dal 12 marzo,
tra le tappe anche  Mosca e San Pietroburgo. 

Tournée in Ucraina e in Russia per gli Speaking to the deaf, la giovane band metal-core di Ancona che si affaccia agli scenari schiusi con la recente pubblicazione del loro primo album: “This equipment must be hearted”, un mondo sonoro che è “equilibrio, potenza, sperimentazione”, all’attenzione degli addetti ai lavori per gli spunti di sperimentazione che offre. Il disco, con lancio in Europa, ha ben impressionato (un viaggio che spazia dal melodic death metal all’alternative, dal metal-core al funky senza dimenticare il rock d’oltremanica) e adesso la promettente band (Tommaso Bianchelli voce/chitarra, Giacomo Scortichini chitarra, Lorenzo Mezzalana basso, Michele Vitali batteria) raccoglie i frutti di un impegno capace di coniugare talento e passione. Prima tappa della tournée il 12 marzo a Sumy in Ucraina, e poi una settimana di concerti che in Russia toccheranno anche le città di Mosca e San Pietroburgo.

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Antonio Piribiri- inediti 2013

ESILIO

Uscire piuttosto
dalla parola cicatrice e fregio alla felicità del sembiante.
O teso
nei punti più bui il salto traverso, il volume del volo –

Così
moltiplicarsi d’ali il polso chiede alla pelle più spazio.
Se anche
una parola in meno è d’avanzo –

Antonio Pibiri è nato nel 1968 a Sassari e risiede ad Alghero. Coltiva l’interesse per la Scrittura Creativa e Musicologia, formandosi da autodidatta. Ha presentato in librerie suoi inediti nel 2004, interpretati dall’attrice teatrale Fiammetta Mura,e su autorevoli siti internet (La poesia e lo Spirito, Oboesommerso, ecc.). Presenta nel collettivo Viadellebelledonne un lavoro per il teatro: La rinuncia e la fiaccola. Suoi testi sono apparsi più volte sull’aperiodico di poesia Il foglio Clandestino, di Gilberto Gavioli. Pubblica nel 97 presso Magnum Editore di Sassari la sua prima raccolta Di Quinta in Quinta.
Nel2010 “Il mondo che rimane” presso la collana Festival di Valentino Ronchi(Lampi di stampa), silloge che ha ricevuto il Premio Speciale della Critica, al “Premio Letterario Internazionale Città di Sassari” edizione 2011, e la Menzione d’Onore al Premio Lorenzo Montano, per l’edito, edizione 2011.

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Il gioco e il mistero

“Sono rinato molte volte, dal fondo
di stelle rovinate, ricostruendo il filo
delle eternità che popolai con le mie mani” […]
Pablo Neruda

Opere fotografiche a cura di Roberto Recanatesi

Tema: Sembianze su pietra

Roberto Recanatesi è nato e vive ad Ancona. Laureato in giurisprudenza, fotografa ininterrottamente dal 1987 ed espone dal 1995.
La sua produzione, costantemente apprezzata per la sicurezza espressiva, il rigore visivo, la raffinatezza stilistica, sovente in chiave poetica e nostalgica, abbraccia svariati settori (a partire dall’amata paesaggistica degli inizi) e, da iniziali quanto molto apprezzate predilezioni coloristiche, si è ormai tramutata in un deciso e pregnante bianco/nero, specialmente in merito a figure ambientate di suggestivo e spesso potente spessore.
Ricercatore instancabile e solitario, restio alle disquisizioni tecniche e a tutto quanto possa in qualche modo coinvolgerlo nel consueto “giro” ovvero nei luoghi comuni della fotografia, persegue un personalissimo e tenace ritmo interiore, sulla base di remote e mai sopite emozioni legate soprattutto al suo amore per le arti figurative e lo spettacolo in particolare.
Usa da sempre di una Yashica manuale, con due obiettivi originali da 28 e 50 mm, e di scarsissima attrezzatura aggiuntiva (una Canon per le doppie esposizioni), non ama (almeno per adesso) il mondo digitale e si dichiara un “pigro” e forse un’ ”estraneo” alla fotografia, argomento di cui infatti, almeno per certi lati, non ama troppo discutere. L’essenziale per lui è che gli siano restituiti in immagini lontani sogni e desideri.
La musica, il teatro, il cinema, la pittura, la letteratura sono le componenti decisive e costanti della sua personalità ed, in generale, fotografare per lui significa riunire in una superiore armonia tutto quanto l’ha profondamente coinvolto sin da bambino.
Numerosi gli spazi di prestigio che l’hanno accolto: dalla Mole Vanvitelliana all’Arco Amoroso di Ancona, dagli Antichi Forni di Macerata alla Sala Laurana di Pesaro, al Palazzo dei Priori di Fermo, alla Rocca Paolina di Perugia, alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, alla Sala dei Mercatori di Ascoli Piceno, al Palazzo del Turismo di Riccione, alla Galleria Giovenzana di Milano, ecc.
Sue opere sono in possesso di collezioni pubbliche e private. Hanno scritto di lui Armando Ginesi, Silvia Cuppini, Sergio Anselmi, Giancarlo Galeazzi,  Lucilla Niccolini, ecc.
Ormai decisamente votato all’onirico e al visionario, le sue opere sono state, tra l’altro, molto apprezzate alle ultime due edizioni della prestigiosa Rassegna Salvi di Sassoferrato.

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Tutta Frusaglia 1999

Fabio Tombari
(1899-1989)

Nacque l’anno delle palombe, a marzo, il giorno della fiera di San Longino, quando partorì la signorina Lea, che non s’è mai saputo chi è stato. Giù nella valle la bianca cittadina ronzava come un vespaio e il sole non c’era.
L’avevano nascosto quei di Santa Maria. Fu così: la sera avanti c’era stata la cena delle palombe, poi la danza sul campo sportivo. Nove ettolitri di moscatello gli era costata quella cenetta al vecchio Lorens. La Giunta Comunale al completo s’era bevuta da sola la metà del raccolto del Poggio.
Il brigadiere e la signorina Concetta li portarono via col camion che poi, come sapete, andò a finire nel fiume, e il sor Terenzio lo trovarono due giorni dopo dalla fattoressa, sotto il letto, che stava cercando il cappello. Soltanto lui, il nostro amato sindaco, era rimasto in sé, perché sapeva contenersi.
“Puoi bere fino a sessanta bicchieri al giorno” gli aveva consigliato il Conte “è un numero giusto; ma non eccedere mai. Come t’accorgi che cominci a veder doppio, férmati.
Conoscevo un campanaro che per aver abusato del vino non arrivò ad ottant’anni e morì.” “Di che male morì, signor dottore?”  “Non ricordo bene la diagnosi: ricordo soltanto che il giorno avanti gli era cascata addosso la campana.”
A Santa Maria, infatti, ancora se lo ricordano e nel loro cimitero c’è una lapide che dice così:
QUI GIACE IL DEFUNTO
CICCIONE BIBULO
SONATORE DI CAMPANA
ACCOPPATO E CONTUSO DAL SUO STESSO STRUMENTO
IL DÍ DI PENTECOSTE ET AMOREVOLMENTE
ASSISTITO DAL NOSTRO MEDICO CONDOTTO
CHE NE ABBREVIÒ LE SOFFERENZE.

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