Si chiuse la porta e con un battito d’ali lei se ne andò.
Improvvisamente una folata di vento fece crollare il suo castello di foto ricordo, cercò le più belle, ma ormai sparse a terra, era impossibile distinguerle.
Lentamente si distese sul letto e come d’incanto, riuscì a vedere, illuminate da un raggio di sole, le minuscole particelle di polvere che ci avvolgono, ogni giorno senza accorgercene.
Pensò subito di volerle racchiudere tutte, come un oggetto prezioso, in una scatola e poi magari guardarle e contarle, ma sapeva che sarebbe stato inutile e ne aveva abbastanza di fare cose senza senso.
Quotidianamente si sentiva in trappola:- fai quello, fai questo, non fare quello, non fare questo!-.
Una caterva di perché e come ripiegati in cassetti chiusi a chiave. Non si sforzava nemmeno più di rispondere ai continui interrogativi che torturavano la sua anima.
Spegne la luce. Seduto sul divano accende una sigaretta. Si perde immerso tra i cerchietti di fumo, fissa le tele sul muro.
Assorto nei suoi pensieri sente le urla al piano di sopra, la caduta di piatti in mille pezzi, tutto ciò non fa altro che bombardare la sua mente già abbastanza scossa.
Le parole sono bloccate in gola, e quello che aveva fatto non riusciva a spiegarlo, la ragione avev smesso di accompagnarlo durante il cammino, l’irrazionalità l’aveva preso per mano, l’unica vi di uscita era lasciarsi andare ed era così che aveva fatto.
Sommerso dal rimorso, affogava a poco a poco nel suo bicchiere di rum, rinchiuso nel suo grigio appartamento.
Non poteva chiedere aiuto, sarebbe stato troppo umiliante far stropicciare il suo sogno, far calpestare i suoi ideali da gente mediocre che non ne avrebbe capito il senso.
Ad un tratto la porta si aprì e il profumo del perdono lo inebriò come un caldo abbraccio facendo svanire, per sempre, quel rantolo di sofferenza che si era impadronito di lui.
Diletta Bonifazi
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