Lo sguardo di Massimo

La creatività nel quotidiano di Massimo Dolcini
Fotografie ceramiche disegni

a cura di Ludovico Pratesi
Pesaro, Centro Arti Visive Pescheria
18 luglio – 4 ottobre 2015

LO SGUARDO DI MASSIMO invito

Sabato 18 luglio alle ore 18.30 si inaugura presso il Centro Arti Visive Pescheria, Lo sguardo di Massimo, una mostra dedicata alla figura di Massimo Dolcini (1945-2005), curata da Ludovico Pratesi, che intende analizzare i diversi aspetti della personalità di Dolcini, grafico tra i principali innovatori della comunicazione sociale e culturale italiana, nota come “grafica di pubblica utilità”, tra gli anni Settanta e Ottanta. La mostra è promossa dal Comune di Pesaro/Assessorato alla Bellezza e Sistema Museo, in collaborazione con i Comuni di Urbania, Urbino, Fano, l’Accademia di Belle Arti di Urbino e l’Istituto Tecnico Commerciale “Donato Bramante” di Pesaro.

Grafico, comunicatore, designer ma anche pittore, collezionista, ceramista, insegnante, viaggiatore, cuoco e appassionato di cucina: per la prima volta la personalità complessa e labirintica di Dolcini viene presentata a 360 gradi, mettendo in luce aspetti sconosciuti o poco noti, attraverso una mostra suddivisa in due parti all’interno degli spazi della Pescheria, che alterna momenti spettacolari e di impatto visivo con situazioni più intime e riflessive. Più di trecento opere tra fotografie dipinti, acquarelli, ceramiche e manifesti documentano il Dolcini privato e più segreto. La mostra comincia nel Loggiato, dove l’allestimento si articola in tre moduli geometrici (che riprendono i segni grafici caratteristici di Dolcini) con una struttura a croce, che intendono rievocare la “x”, logo degli studi professionali del grafico mantenuto nel corso del tempo. Ogni modulo è dedicato ad un aspetto della personalità di Dolcini, per ricostruire il suo sguardo rivolto al mondo e al suo tempo. Frammenti di vita pubblica e privata, accompagnati da una timeline a parete che ricostruisce i momenti salienti della vita di Dolcini, con riferimenti al suo lavoro, alle sue passioni, alle forme della sua creatività nel quotidiano.

Lo spazio della vita
Il percorso espositivo si apre con un dipinto legato all’attività di pittore, praticata nella sua prima giovinezza e poi abbandonata. Un’immagine surreale e fantastica mai esposta al pubblico, che indica già la qualità del suo sguardo, originale e caleidoscopico fin dall’adolescenza. Una passione che ritorna in età adulta attraverso una serie di acquarelli esposti in mostra. Il primo modulo, dedicato alla fotografia ‘d’autore’, riunisce una serie di immagini personali inedite legate alla vita quotidiana e professionale di Dolcini: ritratti e autoritratti, paesaggi e luoghi, amici e allievi colti con un occhio soggettivo e originale. Il secondo propone documenti fotografici – ugualmente inediti – realizzati per finalità legate alla sua attività comunicazione che tuttavia offrono uno sguardo partecipe e talvolta amabilmente ironico sui personaggi, le iniziative, la vita pubblica della comunità pesarese degli anni ’70.

 Il reportage sulla Persia ritrovato
Di grande interesse e di alta qualità fotografica è la serie di stampe a colori da diapositive 6×6 scattate in un viaggio della metà degli anni ’70 con il grafico Michele Provinciali. Si era trattato di un lavoro commissionato a Dolcini dallo stesso Provinciali con la finalità di ricavarne un volume a cura di Provinciali e Spotorno editori, a seguito del precedente volume – Iran. L’alba della civiltà – uscito per gli stessi tipi nel  1972. Il soggetto della ricerca erano i bazar e gli spazi di vendita  delle varie tiopologie di artigianato ancora praticate in Iran.
Il volume non fu realizzato, ma resta questo splendido patrimonio di immagini inedite di cui si offre nella mostra una nutrita selezione.  

Tra i due moduli, un elemento circolare riguarda invece la dimensione del Dolcini collezionista di ceramica popolare e ceramista lui stesso: due aspetti che testimoniano il suo interesse per l’oggetto d’uso artigianale e la sua possibile contiguità con il design, documentati da una selezione di ceramiche della sua raccolta privata ed una campionatura di quelle da lui realizzate.

Lo spazio del lavoro
Alle pareti della chiesa del Suffragio si dispiega una selezione della produzione grafica di Massimo Dolcini: un corpus di manifesti murali – circa 70 – che documentano la sua attività per i committenti più diversi – istituzioni, enti, imprese attivi nella città, oltre al Comune di Pesaro, per il quale ha lavorato a partire dagli anni Settanta. Lo spazio del Suffragio ospiterà incontri, tavole rotonde e attività pubbliche legate alla figura di Massimo Dolcini, per l’intera durata della mostra (toglierei l’intera frase, la info è ripetuta sotto nelle “attività collaterali).

Il giornale della mostra
Un giornale di mostra conterrà testi e immagini che approfondiranno la figura e l’opera di Dolcini. La pubblicazione sarà offerta gratuitamente ai visitatori.

Le attività collaterali
È previsto un programma di attività collaterali, sia all’interno della mostra che nella città di Pesaro, per l’intera durata dell’evento, dedicate ai diversi aspetti della personalità di Massimo Dolcini.

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La mostra è realizzata con materiali prestati da privati e la collaborazione di CDPG Aiap – Centro di Documentazione sul Progetto Grafico, di AIAP-Associazione italiana design della comunicazione visiva, dell’Accademia di Belle Arti di Urbino e dell’Istituto Tecnico Commerciale “Donato Bramant”e di Pesaro.

Note biografiche
Massimo Dolcini era nato a Pesaro il 3 luglio 1945. Ha iniziato la professione di grafico nel 1969, anno in cui si è diplomato al Corso Superiore di Arte Grafica di Urbino, dove è stato allievo di Albe Steiner e di Michele Provinciali. Due maestri che hanno saputo insegnargli il meglio delle loro esperienze e della loro visione del mondo. Dal 1969 al 1984 ha insegnato a periodi alterni nella città urbinate, Fotografia e Grafica presso l’ISIA (1969-74) e Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti (1974-84). Nel 1971 ha avviato con il Comune di Pesaro un rapporto di consulenza che ha costituito, per quel periodo, un caso unico in ambito internazionale di progettazione dell’immagine di una amministrazione locale. Sin dagli inizi il lavoro di Dolcini e dello studio Fuorischema si è infatti caratterizzato per la specializzazione nella grafica di pubblica utilità (la denominazione è di Albe Steiner), fornendo prestazioni ad enti locali, partiti politici, organizzazioni sociali e culturali. Nel 1981 Fuorischema, affiancato per un breve periodo da M&M, ha iniziato ad acquisire come clienti aziende private, con consulenze d’immagine di natura complessa. L’operatività di Dolcini e dei suoi collaboratori si è aperta ad un campo professionale più allargato e a nuovi strumenti, mutuati dalle agenzie di comunicazione, iniziando un percorso che ha portato, nel 1992, alla nascita di Dolcini associati srl. Dolcini e le sue strutture hanno partecipato a numerose e prestigiose mostre di grafica in Italia e nel mondo e i loro lavori nel campo della comunicazione pubblica e d’impresa sono presenti in raccolte museali, cataloghi e riviste specializzate, nazionali ed internazionali.

LO SGUARDO DI MASSIMO
La creatività nel quotidiano di Massimo Dolcini / Fotografie ceramiche disegni
Centro Arti Visive Pescheria, corso XI settembre 184, Pesaro
18 luglio – 4 ottobre 2015
Inaugurazione sabato 18 luglio h 18.30 > Ingresso libero con card Pesaro Cult
h 17.30 – 22.30, chiuso lunedì / 1- 31 agosto > h 17.30 – 22.30, tutti i giorni
Ingresso libero con card Pesaro Cult
INFO T 0721 387541 pesaro@sistemamuseo.it
www.pesarocultura.it / www.pesaromusei.it
UFFICIO STAMPA Alessandra Zanchi M 328 2128748
info@presszanchi.com / press.zanchi@gmail.com / www.presszanchi.com

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XV

la luna attinge dalla voce
dei comignoli
la vita che stenta
dentro le gabbie:
quello che l’azzurro
raccoglie…è l’alito
della convivenza
impasticcata
per obbedire al sonno …
a volte il silenzio
è imcomprensibile
come un genocidio
che offre i corpi
alle scintille
di un inferno
tra magma e preistoria…

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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XIV

un’altra lite
lascia una cicatrice
sui canti incerti
delle sirene.
Fulminea l’autoambulanza
invade la stagione
dei deliri. Foglie, lattine
la pelle di Lara
sulla terra pronta
a ricevere sillabe
dell’adulterio
-scrivimi quello che vuoi
dice al mostro…mentre lui
per amarla preferisce
il suo sangue all’inchiostro…
poi l’orrore si narra da sé
con parole che fluiscono
come un elettroshock
Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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RAREFATTA

pinocchio.

Silenziosa e scossa riempio tremando le scatole dell’essere.

Ipocrita rimango inerme facendo rotolare il gomitolo della vita.

Grandi mani mi attaccano dall’alto, sto correndo evitando il contatto.

Ripulisco di nuovo le pareti del cuore, confusa come se avessi una scacchiera, incapace di fare la prima mossa, imbrigliata nelle segrete della scelta, stordita dagli schiaffi della convenzione, indecisa sul pensiero da catturare.

Ritaglio e modello la parola che mi soffoca, tendo la mano verso la luce che intravedo.

Soffio a fatica nel cristallo dell’anima.

Infilo perline nei raggi del coraggio.

Ancora una volta le nuvole i guardiani del sole.

Diletta Bonifazi
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Immagine di Alberto Giardina
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XIII

il silenzio è perfetto
dopo aver ascoltato
la strategia
di un massacro,
ti lascia
coagulare la paura
in una enorme ferita.
Dall’altra parte
del muro
la voce impotente
delle sirene
narra la voglia
di credere a un Dio
armato…
Tutti siamo vittime
e germoglio
nei secondi in cui
l’asfalto sferra
la sua pugnalata
d’astinenza…
“con una croce
d’oro al collo
avanzano col desiderio
di possedere
le tue fragilità:
sono carnefici
analfabeti incantati
dal male che subiranno
consegnando alla morte
il testamento degli
innocenti…”

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati”

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(John Martin)

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XII

nessuno pensa che Cecilia
possa davvero innamorarsi
di un ex tossico come me…
Dal buio a volte irrompe
con una vestaglia bianca
per cercare un secondo
del mio respiro…forse
le basta per non soffocare
nel suo solito
pensiero di suicida
Una come lei
se ha una certezza
è quella di essere primordiale
come Eva bandita dal paradiso
per aver tradito.
Inseguire a tutti i costi
l’amore immortale
è stata una caccia al dolore
Nessuno pensa
che con la sua bellezza
possa ancora ammansire
le belve dell’inquietudine
mentre il suo sguardo
cerca nel mio
la complicità di una favola.

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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XI

sprofonda la pioggia
sui passi dei torturatori.
I camici bianchi…a volte
si macchiano di demenza
sono il piccolo schermo
di una Italia che non vede…
ma colui che sanguina
ha la voce di una ferita
imprecisa come gli occhi
di chi pugnala
la psiche dei tramonti,
la calma ipnotica
dei lampioni…

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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IX

l’urlo supera
il confine spinato
evade da ogni
camicia di forza
avvolta in un lezzo
di bestemmie
incredibilmente
mette in ordine
l’identità
delle lacrime:
qui non è futuro
che spaventa
ma la dignità di un fiore
che cresce
nella giungla del piscio…
“fatti forza dice tra sé
ogni giorno il custode…
chissà perché la follia
è una carezza di Dio”.

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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VIII

La chiesetta accenna
un do di campane
però non è domenica
quindi è solo
un altro funerale…
qui si muore e si vive
con un tempo indifferente…
solo qualche lacrima
per un improvviso
mutamento cosmico
arriva dal cielo…
Passano una mano sull’oblio
i pochi amici rimasti
finalmente è libero
il demone…libero
di giocare con l’immenso
e di scegliere
una camicia più comoda
un po’ più alata
come quella di un angelo.

Fernando Lena
da “La quiete dei respiri fondati

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L’INTENZIONE

galateo fumo 3

Si chiuse la porta e con un battito d’ali lei se ne andò.
Improvvisamente una folata di vento fece crollare il suo castello di foto ricordo, cercò le più belle, ma ormai sparse a terra, era impossibile distinguerle.
Lentamente si distese sul letto e come d’incanto, riuscì a vedere, illuminate da un raggio di sole, le minuscole particelle di polvere che ci avvolgono, ogni giorno senza accorgercene.
Pensò subito di volerle racchiudere tutte, come un oggetto prezioso, in una scatola e poi magari guardarle e contarle, ma sapeva che sarebbe stato inutile e ne aveva abbastanza di fare cose senza senso.
Quotidianamente si sentiva in trappola:- fai quello, fai questo, non fare quello, non fare questo!-.
Una caterva di perché e come ripiegati in cassetti chiusi a chiave. Non si sforzava nemmeno più di rispondere ai continui interrogativi che torturavano la sua anima.
Spegne la luce. Seduto sul divano accende una sigaretta. Si perde immerso tra i cerchietti di fumo, fissa le tele sul muro.
Assorto nei suoi pensieri sente le urla al piano di sopra, la caduta di piatti in mille pezzi, tutto ciò non fa altro che bombardare la sua mente già abbastanza scossa.
Le parole sono bloccate in gola, e quello che aveva fatto non riusciva a spiegarlo, la ragione avev smesso di accompagnarlo durante il cammino, l’irrazionalità l’aveva preso per mano, l’unica vi di uscita era lasciarsi andare ed era così che aveva fatto.
Sommerso dal rimorso, affogava a poco a poco nel suo bicchiere di rum, rinchiuso nel suo grigio appartamento.
Non poteva chiedere aiuto, sarebbe stato troppo umiliante far stropicciare il suo sogno, far calpestare i suoi ideali da gente mediocre che non ne avrebbe capito il senso.
Ad un tratto la porta si aprì e il profumo del perdono lo inebriò come un caldo abbraccio facendo svanire, per sempre, quel rantolo di sofferenza che si era impadronito di lui.
Diletta Bonifazi

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