Flowery letters

Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive. Oggi proponiamo la N del Century Gothic.

N-Century gothicN/Century Gothic

Century Gothic è un carattere sans-serif geometrico disegnato nel 1991
per la Monotype Imaging.
Si tratta di un carattere digitale che non è mai stato realizzato in fonderia
che prende ispirazione dal Sol Hess Twentieth Century, elaborato tra il 1937 e il 1947 per la Lanston Monotype Society come una versione del celebre Futura,
ma con una x-height (dimensione del corpo) più grande e lo spessore del tratto
più uniforme. Da uno studio dell’Università del Wisconsin-Green Bay, è emerso
che il Century Gothic utilizza molto meno inchiostro rispetto altri font similari sans-serif.
E’ stato dimostrato che il Century Gothic utilizza circa il 30% di inchiostro
in meno rispetto l’Arial.

Al fine di risparmiare denaro che sarebbe stato speso l’inchiostro della stampante
per altri tipi di carattere, l’università ha cambiato il proprio font di default per le e-mail
e la stampa da Arial a Century Gothic.

 

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Gabriele Via. Lo capisce anche un bambino

“Lo capisce anche un bambino”

 Le emozioni
cui cerchi ancora di dare un nome
sono questa poesia;
ritornata da un altrove;
e un ricordo di un pomeriggio tiepido;
il nome di quella vecchia zia.

Le cose che non tornano
e che non tornavano già allora
col loro farsi di fretta sulla porta
e salutare e scappare via.

E le paure
che per paura se ne stanno dietro
ad altre più sciocche paure
solo più lente a dileguarsi
ora che l’occhio bussa soltanto
senza entrare nella camera
di luce spenta di chi sei tu.

E lo capisce anche un bambino
che quello è il risultato.
Non poteva essere altro che quello.

Non ho mai voluto uscire dal mistero
per morire alle conte di cometa
di chi sta sotto a questo giro.

O vaneggiare tra false cornucopie
e schietti punteggi coi fagioli…
Ho sempre creduto, prima di ogni istruzione
che è la prima cosa che vedi…
…Quello è il risultato.

Dopo tutto il presente non è altro
che una forma rivelata di passato
che tu non conoscevi più, ancora.

Bisogna credere
per avere a che fare
seriamente
col tempo: lo capisce anche un bambino.

Tratto da “Una disordinata bellezza”

foto Gabo per libro

Gabriele Via è un poeta, filosofo, performer e fotografo. Ricerca l’essere, col fare: drammatico, pratico e poetico. Cammina: due volte dalla Francia a Capo Finisterre
lungo il cammino di Santiago. Studia filosofia, teologia, natura e umanità.
Cucina, suona, plasma l’argilla e apprende i nomi delle cose.

“Nella scrittura di Gabriele accade la magia.
Magia di non comprendere appieno le parole ma le parole com-prendono
il 
lettore e forniscono una sorta di chiave per l’interpretazione veloce.
Occorre velocità perché le sue parole gonfie di storie, teologia, poesia
quotidianità, sono troppo veloci e piene.
Parole direttive, audaci, esplosive, anzi implosive.
Nel suo narrare la vita con occhi fanciulli, c’è sempre una visione nuova
delle 
cose, una visione nuda, vera.”
Annamaria Picazio

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Le opere di Fulvio Leoncini – parte 3

009Ossarotte, II 2006_07 copy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fulvio Leoncini è nato a Empoli (Firenze) nel 1960. Pittore e incisore. Diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Cascina (Pisa) ha iniziato l’attività espositiva nel 1978. Nel 1998 riprende lo studio delle tecniche d’incisione e partecipa all’attività del Laboratorio d’incisione di Villa Pacchiani. Nel 2000 è tra i fondatori con Romano Masoni e Simonetta Melani della Compagnia dei Liberi Incisori e Varia Umanità a Santa Croce sull’Arno. Nel 2003 viene inserito nel progetto multimediale Terre del Rinascimento, curato da Silvia Bottinelli per il Museo Leonardiano di Vinci. Risiede e lavora a Santa Croce sull’Arno (Pisa).

012In Nomine Domini II 2008 copy

Si sono interessati e hanno scritto del suo lavoro:
Piero Gambassi, Nicola Nuti, Valerio Vallini, Nicola Micieli, Romano Masoni, Luciano Della Mea, Silvia Bottinelli, Antonella Serafini, Marco Giovenale, Antonio Bobò, Sandro Parmiggiani e Fabrizio Mugnaini.

011In Nomine Domini I 2007 copy

Non chiedetemi perché faccio questo lavoro, che poi, in fondo in fondo, lavoro non è; sono attratto dall’ombra e dal buio, mi piace accendere qualche lumino nel buio, ci ho provato e ci provo, tutto qui, niente di eccezionale.

Fulvio Leoncini

013In Nomine Domini III 2008  copy

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Se telefonando – Fulvio Panzeri

Di Fulvio Panzeri
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

A volte i libri possono essere degli appuntamenti mancati o delle istanze segnate
dal destino, alle quali non ci si può sottrarre, nonostante le nostre resistenze.
Dico questo ripensando al percorso che ha avuto, negli anni, l’ultimo libro che ho scritto, edito quest’anno da Longanesi, Vita di Testori. Testori per me è stato “il maestro”,
colui che mi ha indicato il segno reale della scrittura, ma anche la dimensione della verità per affrontare questa realtà. Tutto aveva come centro la terra, le radici, la fedeltà
a questo legame. Non era semplice per un ragazzo di vent’anni incontrare un’esperienza, così singolare e così forte, ma è stato naturale viverla fino in fondo.
E tutto solo attraverso una semplice telefonata per dire allo scrittore che un suo romanzo Passio Laetitiae et Felicitatis mi aveva completamente stravolto, per la tragicità
della storia, per quel linguaggio reinventato in cui ritrovavo le asperità,
ma anche certe espressioni di commossa pietà propri del dialetto
che parlavo in casa, con i miei.
Già alla fine degli anni Ottanta, ancora vivo Testori mi era stato chiesto di scrivere
un suo ritratto biografico, anche attraverso il ricorso ad ampie conversazioni.
Avevo iniziato quel lavoro, che non ricordo più per quali motivi
non ebbe una sua conclusione.
Quel libro da scrivere già mi inseguiva e forse io non mi sentivo all’altezza di restituire
un “ritratto” di colui che consideravo un maestro, nonostante i suoi continui incoraggiamenti. Sentivo, come opposte pulsioni, quella del desiderio
e quella della inadeguatezza.
Mi sarebbe piaciuto raccontare Testori, ma era come se qualcosa non volesse disgiungermi dal rapporto di figliolanza morale che a lui mi legava. Dopo la sua morte
mi è stato ancora chiesto di scrivere su Testori.
Ho ripreso in mano il progetto di quel primo abbozzo, ma ho deviato ancora, inconsapevolmente, raccontando per frammenti, un aspetto critico che mi ha
sempre affascinato in Testori, quello delle “topografie”. Ne è nata una divagazione
sul tema dei luoghi ricorrenti nell’opera testoriana, un modo per sottrarmi ancora
alla concretezza del ritratto.
Fino ad arrivare a questa ultima, decisiva tappa, che se non fosse stato per l’editore
e per la sua costanza nel richiedere il testo, sarebbe ancora lontana.
Prima di iniziare a scrivere, l’autunno scorso, una stesura abbastanza rapida e veloce, perché gli studi testoriani effettuati in questi anni mi permettevano una certa padronanza della materia, si è ripresentata l’opposizione tra desiderio di giungere finalmente al “ritratto” e necessità di ritrarsi dall’impegno, forse perché sapevo che mi mettevo in gioco totalmente, attraverso uno sguardo non più interno, ma finalmente esterno;
non più solamente fraternale come chi deve tutto al proprio padre; ma figliale di chi vuol rivelare la forza e la forma di un’esperienza.
Tutti i dubbi erano scusanti per giustificare la mia resistenza.
Che tipo di ritratto? Quale biografia?
Come rendere con un linguaggio lucido un uomo così viscerale e complesso?
Tutto si è risolto, nel momento in cui ho deciso di scrivere con la naturalità
che lui mi aveva fatto conoscere.
Raccontare Testori, a prescindere da un discorso critico sulla sua opera, mi è parso subito limitante: non rendeva giustizia alla forza morale, alla radicalità della persona,
alla presenza sempre provocatoria dello scrittore sulla scena letteraria e artistica italiana. Ho quindi scelto di raccontare l’uomo Testori, attraverso una biografia critica, che potesse restituire il senso della sua avventura umana, la sua straordinaria forza. Ho voluto
che ne uscisse un ritratto a tutto tondo, mettendo a confronto le istanze dell’uomo e l’opera letteraria, indagando le ragioni profonde delle sue scelte coraggiose e radicali.
Volevo che si sentisse la forza della sua scrittura.
Ho compiuto soprattutto un lavoro di ricerca analitico, andando a cercare tra materiali rari e spesso inediti, la testimonianza di Testori sugli episodi im-portanti della sua vita
e quelli in cui racconta la sua opera.
Mi interessava far sentire la sua presenza viva, at-traverso la voce della sua scrittura. Così è possibile avere, attraverso la biografia, anche un parallelo racconto
in prima persona dello scrittore.
Ho voluto essere soprattutto un accompagnatore per il lettore.

 

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Les Ponts Invisibles

L’installazione artistica vuole essere un messaggio e un augurio per superare le barriere intorno alle persone e costruire ponti immaginari sopra l’ignoranza e le incomprensioni.
La cornice espositiva è quella del Palais des Papes di Avignone in Francia.

L’opera è stata diretta da Gianfranco Iannuzzi e Massimiliano Siccardi,
con le musiche originali di Luca Longobardi e Gérard Thouret.

Gianfranco Iannuzzi è un artista multimediale.
Nativo di Venezia, ha studiato sociologia e fotografia. Utilizza l’immagine, il suono e la luce come supporti di comunicazione sensoriale per la creazione artistica.
Durante più di vent’anni ha realizzato numerosi spettacoli e installazioni nelle cave di pietra sotterranee della Provenza svolgendo un ruolo di direttore artistico
per Cathédrale d’Images. Nel 2011 ha ideato e diretto una nuova installazione tecnologica delle stesse cave investendo 7000 metri quadrati di superfice di proiezione con un centinaio di video-proiettori, un sistema sonoro spazializzato e un’illuminazione dinamica. La società Culturespaces gli ha affidato la realizzazione artistica
dei nuovi spettacoli per il sito ribattezzato per l’occasione Carrières de Lumières.
Nuovi progetti internazionali lo portano a investire altri spazi che accoglieranno
le prossime installazioni in particolare in Giappone dove è rappresentato
da Yoshihiro Arakane. Nella realizzazione dei suoi progetti collabora
con Renato Gatto e Massimiliano Siccardi.

Massimiliano Siccardi è un videoartista, fotografo, coreografo e regista teatrale.
Formatosi alla London School of Contemporary Dance di Londra,
nel 1990 si allontana temporaneamente dalla sua esperienza come danzatore per iniziare un percorso nel mondo della videoarte con collaborazioni internazionali.

Luca Longobardi è un pianista, compositore e libero pensatore.
Ha cominciato a suonare il pianoforte e a comporre da bambino e da allora difende
la libertà datagli dalla musica. Il pianoforte è stato il suo primo amore,
l’elettronica il suo amante. Nel suo mondo privato, le note sono più sincere delle parole.

 

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MAM’S, il museo diventa laboratorio per l’impresa creativa

Il museo ha il suo doppio. Nel prestigioso Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato,
in provincia di Ancona, prende vita la Galleria Civica d’Arte Contemporanea
Giovan Battista Salvi
, ovvero il MAM’S, Mondo Arte Marche Salvi.
Questo nuovo spazio museale nasce da una collezione di circa quattromila opere
che il Comune di Sassoferrato ha raccolto, grazie ad acquisti e donazioni,
durante le sessantatre edizioni della Rassegna d’Arte Internazionale
Premio Giovan Battista Salvi
. Il premio, nato nel 1951, è fra i più antichi istituiti in Italia
nel secondo dopoguerra e il più longevo delle Marche.

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Il progetto di allestimento è stato curato dallo studio Mjras di Urbino,
guidato dalla professoressa Silvia Cuppini, dall’architetto Roberto Bua
e dal grafico Joan Martos, con la collaborazione della dottoressa Arianna Bardelli.
Ogni parete è allestita come un’ipotetica mostra a tema e come le grandi quadrerie
del passato segue uno sviluppo espositivo in altezza. I pannelli di legno sono ante apribili
e al loro interno accolgono parte del deposito, che diventa fruibile: verticalità di opere disposte secondo un criterio cronologico, questa volta, e che ancora una volta ricoprono per intero lo spazio, fino al soffitto. Tutta la ricchezza di una collezione che usa la cerniera della doppia parete mobile per restituire uno spaccato della storia dell’arte internazionale e italiana dagli anni Cinquanta ad oggi.

Tanti e diversi sono gli artisti che mettono in luce il loro talento: da Tamburi a Fazzini,
da Giacomelli a Cagli, insieme a Valentini, Tulli, Mannucci, Trubbiani
e de Dominicis. Le loro firme compaiono accanto a quelle di Guttuso, Paladino, Merz, Scialoja, Rotella, Schifano, Vedova e anche Fautrier, Barcelò e Sutherland.

La galleria è stata inaugurata da Vittorio Sgarbi il 6 aprile scorso.
Essa dà spazio alla storia per trovare una nuova visione di futuro,
il nome infatti è un acronimo allusivo che ribadisce il legame tra arte e territorio.
Così si palesa l’intento di guardare alla cultura come fattore di sviluppo.
Inoltre, sarà istituito un comitato scientifico che avrà il compito di affiancare e consigliare l’amministrazione comunale di Sassoferrato nella programmazione delle molteplici attività che verranno svolte all’interno del museo. Del comitato faranno parte personalità di rilievo del mondo universitario e culturale nazionale. Il Mam’s diventerà così un punto di partenza, l’avvio di un percorso virtuoso per i talenti che emergono, raccogliendo la tradizione segnata dal Premio Salvi e, per far sì che questo accada, bisogna saper interpretare
nel tempo forme espressive e filosofie nuove, ponendo attenzione ai giovani.

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Le insegne all’ingresso della galleria richiamano le eccellenze del territorio:
gli scavi di Sentinum, la città romana, uno dei sette parchi archeologici delle Marche;
le miniere di zolfo di Cabernardi, l’Abbazia di Santa Croce e Palazzo Oliva;
Gentile da Fabriano, i Bronzi di Pergola; le Grotte di Frasassi
e l’Eremo di Fonte Avellana.

La forte incidenza innovativa degli autori del Novecento la si riscontra dalle loro parole all’interno della galleria, infatti citazioni e aforismi fanno da didascalie alle opere,
in modo da apparire come una guida per i giovani artisti di oggi.
Inoltre, ogni aula del Mam’s è pensata come uno spazio per ospitare laboratori, conferenze ed esperienze didattiche. Questa progettualità rende la galleria un luogo
di ricerca, un centro per la produzione di idee attraverso l’aggregazione di intelligenze
e professionalità secondo la logica del co-working. Infatti, l’idea di fondo
è quella di creare un museo-fucina, prevedendo la formazione di figure specializzate
per formare giovani imprenditori capaci di rendere il patrimonio artistico e ambientale attrattivo su vasta scala.

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Sassoferrato Cultura

Rassegna d’Arte Internazionale Premio Giovan Battista Salvi

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La nuova biblioteca digitale si chiama Fred

1890401_479474685512333_1433100559_o “Condividi i tuoi libri con la gente intorno a te, connettendoti con i tuoi pari e costruendo una super biblioteca collettiva.”
Questo è il motto e la mission di una nuova ed esilarante start up. Si tratta di Fred,
un social network di prossimità dove ognuno può caricare i propri libri per condividerli
e incontrare nuove persone. Il procedimento è semplice: basta comunicare a Fred
le generalità del libro che cercate o volete prestare geolocalizzandovi e il gioco è fatto, dovete solo incontrarvi con il possessore o richiedente, meglio se intorno a un tavolino
a sorseggiare un drink. Diventerete così gli artefici della costruzione di una delle più grandi biblioteche virtuali, che si sposta insieme a te.
Inoltre, avrete il merito di contribuire a un progetto non affatto semplice
e in realtà molto ambizioso.

812663_285469271579543_1330674345_oDopo appena due mesi, di vita sono più di duemila gli utenti registrati e oltre cinquemila
i libri condivisi in quarantasei Paesi.

“Slegare la lettura dal potere d’acquisto e accedere alla cultura indipendentemente
dal denaro a disposizione” sono i principi attorno ai quali si lega l’idea
di Giacomo Sbalchiero e Maria Cristina Merendino. E’ il 2001 e Giacomo compra l’eredità di un ricco padovano, all’anagrafe Tito Bracco, con un nome che dice tutto, perchè in dote lascerà circa 2500 volumi tra saggi di filosofia, politica e letteratura. Così Giacomo
ha subito realizzato di non riuscire a leggerli tutti e ha pensato alla più facile delle soluzioni: prestarli. Non riuscendo a trovare un metodo per catalogare tutti quei libri mette da parte
i suoi buoni propositi. Ma nel 2012 Sbalchiero vince un bando per uno spazio
di co-working e molla il lavoro, che lo vedeva come consulente commerciale
di uno studio di design con un contratto a tempo indeterminato. Finalmente nel 2014,
l’ex consulente associa creativamente le parole “free”“reading”, dando vita a Fred.
Il progetto si articola in tre parti: una sezione è dedicata agli utenti privati
che possono accedere alla piattaforma gratuitamente. Un’altra è invece diretta ai negozi che, pagando una quota annuale di 95 euro, possono diventare luoghi di ritrovo
per gli scambi, ottenendo una pagina online dedicata e curata diventando mappati
e consigliati. Il primo Fred Point è stato inaugurato a Padova e prossimamente verranno aperti a Milano, Riva del Garda, Roma e Shanghai. Inoltre, sono state avviate collaborazioni con grandi protagonisti del settore moda e lifestyle.
La terza parte riguarda il rinnovo delle biblioteche aziendali e punta sull’incontro
dei dipendenti anche al di fuori dell’orario di lavoro.

Fred si allinea a una deriva culturale contemporanea nata negli Stati Uniti sotto il nome di Book Crossing, ma nella pratica se ne discosta secondo un aspetto molto importante, infatti il progetto si apre volutamente alla dimensione social, in quanto lo scopo
della coppia ideatrice è quello di focalizzarsi sul concetto di aggregazione per diffondere l’interesse verso la lettura.
Così lo scambio di consigli su romanzi e manuali, che in rete si chiama Buzz,
può contribuire a un riconsolidamento dei rapporti personali nelle comunità cittadine, specie se questo avviene nelle frenetiche e “fredde” metropoli, come lo dimostrano
anche i nuovi fenomeni sociali del Collaborative Consumption e della Sharing Economy.

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Siete rimasti entusiasti di questa idea? Allora sentite questa.
Giacomo e Maria Cristina hanno intrapreso il primo Fred Roadshow: due bici, un carretto e 3.500 chilometri per cinquanta tappe che uniranno Roma a Dublino,
dove sono stati selezionati per The Summit Dublin 2014, l’evento dedicato alle startup innovative. Ma prima attraverseranno sette grandi città; cento i libri da regalare
durante il viaggio, infiniti quelli che potranno essere condivisi e le persone
che potranno così incontrarsi.

Scoprite Fred!

 

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Le lettere dell’alfabeto vestite con elementi floreali multicolori
espressione di un visual fresco e divertente per costruire emozionali esperienze visive. Oggi proponiamo la M dell’Hobo.

M-Hobo

M/Hobo

E’ stato progettato nel 1910 da Morris Fuller Benton, per l’American Type Founders. Questo insolito carattere ispirato al design dell’Art Nouveau non contiene linee rette
e discendenti. Il suo aspetto fa si che venga spesso utilizzato per esprimere con cordialità messaggi–­ come inviti, menu, segnaletica e packaging.

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Gabriele Via. Semplicemente

“Semplicemente”

Tra i rottami della modernità
adoperano sali misteriosi
i fiori all’alba livida del giorno
fino a che in cielo il sole strilli
la sua risposta per ogni chiama, qua.

E non sono le preghiere erbacee
dei fedeli, gli olocausti preziosi
dentro il tempio. Nessun procedimento.
Non il mormorio del gatto che dorme
sullo spigolo. O la pietà di un Dio.

Sono invece i primogeniti fiori,
soli: bene o male sono loro
a chiamare un nuovo tempo di luce;
e tutto il resto, fatto di ossigeno,
rivendica, attardato nel rumore
del corteo malconcio di questa vita:
e spaccia il suo proprio nome, allora,
contro ciascuno urta, sbatte, cozza,
soverchia e getta e non conosce
alcuna disciplina; ché il sangue
dura poco e presto bolle,
nel nome collettivo della vita:
un teatro muto di clorofille.

Ma tornando capaci di respiro,
ancora, si scopre la meraviglia:
l’interiore dimensione del cuore
in cui tutto trascolora tutto
e tutto si perdona e si corona
si trasforma e viene adoperato
allora, e nelle forme del fiore.

L’odore del pane esce dal forno:
ora tutto è più semplice qui attorno.
Si è fatta l’ora: e il risveglio
fresco e antico della città.

 

Tratto da “Una disordinata bellezza”

foto Gabo per libroGabriele Via è un poeta, filosofo, performer e fotografo. Ricerca l’essere, col fare: drammatico, pratico e poetico. Cammina: due volte dalla Francia a Capo Finisterre
lungo il cammino di Santiago. Studia filosofia, teologia, natura e umanità.
Cucina, suona, plasma l’argilla e apprende i nomi delle cose.

“Della poesia, intorno alla poesia, s’è scritto e si scrive tanto:
di come 
raggiungerla e tenerla, di come scioglierla fino a disperderla negli abissi
dell’indicibile, di come assisterla da servo fedele o da testimone accorto.
Potremmo anche distinguerla in centripeta e in centrifuga: la prima distillata
fino al pronunciamento delfico, al metro che assomma e conclude;
la seconda 
avida e slegata, onnivora e dispersa. Per quest’ultima gli inferni ubriachi
di 
Rimbaud fino alle cateratte aperte di Ginzberg. Per la prima le acque limpide
profonde di Penna, le regioni estese ma concluse di Auden. La prima fugge
verso 
se stessa in un’ eternità immobile, la seconda vorace e inestinguibile va per mari
ondosi e sconfinati. Di sicuro la scrittura poetica di Gabriele Via procede lesta
avida verso il tanto e il troppo, mentre accoglie disperde, mentre abbraccia
allontana. Certo ha urgenza e passione questo suo dire e dirsi: nutrito e turbato
dai più diversi umori, da sostanze gravi e leggere, vagante in un’età che cerca,
per seguitare, nuove misure al momento immisurabili.
Porremmo forse limiti al 
cammino della poesia?”
Elio Pecora

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Le opere di Fulvio Leoncini – parte 2

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Fulvio Leoncini è nato a Empoli (Firenze) nel 1960. Pittore e incisore. Diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Cascina (Pisa) ha iniziato l’attività espositiva nel 1978. Nel 1998 riprende lo studio delle tecniche d’incisione e partecipa all’attività del Laboratorio d’incisione di Villa Pacchiani. Nel 2000 è tra i fondatori con Romano Masoni e Simonetta Melani della Compagnia dei Liberi Incisori e Varia Umanità a Santa Croce sull’Arno. Nel 2003 viene inserito nel progetto multimediale Terre del Rinascimento, curato da Silvia Bottinelli per il Museo Leonardiano di Vinci. Risiede e lavora a Santa Croce sull’Arno (Pisa).

006Codice a S_barre 2005 copy

Si sono interessati e hanno scritto del suo lavoro:
Piero Gambassi, Nicola Nuti, Valerio Vallini, Nicola Micieli, Romano Masoni, Luciano Della Mea, Silvia Bottinelli, Antonella Serafini, Marco Giovenale, Antonio Bobò, Sandro Parmiggiani e Fabrizio Mugnaini.

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Non chiedetemi perché faccio questo lavoro, che poi, in fondo in fondo, lavoro non è; sono attratto dall’ombra e dal buio, mi piace accendere qualche lumino nel buio, ci ho provato e ci provo, tutto qui, niente di eccezionale.

Fulvio Leoncini

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