Aria come musica

nostro lunedì n.8 - elementi

brano di Guido Ghetti
tratto da nostro lunedì n.8 – elementi –  prima serie

Aria, come Musica, ci accorgiamo di lei quando è cattiva o quando non c’è. Il silenzio in musica, però, è musica ed inoltre è, paradossalmente, una parte importante dell’esperienza musicale: non solo senza il silenzio il suono non sarebbe individuabile, ma diventa un fondamentale strumento espressivo (pausa generale a battuta 90 della Sinfonia N. 41 Kv 551 “Jupiter”, W.A. Mozart).
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Penso quindi…suono

nostro lunedì n.7 – pensare

brano di Paolo Capodacqua, tratto da
nostro lunedì
n.7 – Pensare – prima serie

Tema: “Pensare la musica…”. Come se fosse facile …
Ci penso, lascio, riprovo. Il pensiero e la musica, due oggetti immateriali messi insieme, un’associazione che dà come risultato una sorta di astrattismo al quadrato. Lascio da parte tutta la letteratura in materia, sorvolo su Croce, Bergson, Langer, tutti gli autorevoli interventi sull’argomento e, più modestamente, parto dalla mia esperienza (due punti…). Io “penso musicale” con tutto il bagaglio culturale (inteso come “cultura musicale”) di una creatura umana del secolo ventunesimo, con alle spalle la monodia medievale, la polifonia fiamminga, il temperamento armonico, la a-tonalità, la dodecafonia, il rumorismo e… il silenzio di Cage. Il pensiero musicale, (e quindi il pensare musicale) è storicizzabile. Continua a leggere

Il privilegio di pensare

 

nostro lunedì n.6 - viaggi

brano di Pier Paolo Pasolini, tratto da
nostro lunedì
n.5 – Viaggi – prima serie

Ah, raccogliersi in sé e pensare!
Dirsi, ecco, ora penso – seduti
sul sedile, presso l’amico finestrino.
Posso pensare! Brucia gli occhi, il viso,
dalle marcite di Piazza Vittorio,
il mattino, e, misero, adesivo,
mortifica l’odore del carbone
l’avidità dei sensi: un dolore terribile
pesa nel cuore, così di nuovo vivo.
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Roma e non più Roma

città

nostro lunedì n.5 - città

brano di Andrea Cortellessa
tratto da nostro lunedì n. 5 – Città – Prima serie

Roma / è come / Amore /. (Ne è infatti un anagramma.) Dice di quest’ultimo lessema, Manganelli appunto in Amore, che il continuo pronunciarlo tende a smaterializzarne il referente. Come fosse un mantra. Ed è dunque parola per eccellenza, parola quintessenziata: Amore. Che cos’è / Amore /, se non quelle tre ipnotiche sillabe? quella nasale e quella liquida rotacizzata, quelle vocali fra loro così diverse, all’ingresso e in uscita – sempre pronte a coniugarsi, nei versi dei poeti, nelle più diverse, musicali sinalefi? Non diversamente mi si polverizza nella memoria, / Roma /, ogni volta che compilo uno stampato, alla voce residenza. Si fa puro suono, affrettata e sciatta ecolalìa, / Roma /, se rispondo a chi mi chiede di dove sei? Continua a leggere

Il mare del tempo

Scataglini

 

brano tratto da nostro lunedì n.4 – Scataglini – prima serie (2004)
a cura di Francesco Scarabicchi

Colloquio con Franco Scataglini
Gennaio 1990
Pomeriggio in una casa anconetana

Il senso del mare per te, nella sua temporalità, nell’esperienza, nella memoria.
Mi viene in mente un tema che feci da ragazzino (la terza, la quarta elementare): rammento che diedi, del mare, un’immagine profondamente triste perchè la associavo all’infanzia e al rapporto con le cose che non era ludico, bensì pensoso e giudicante. Allora, per esempio, mia madre mi portava alla Salute (una spiaggia di povera gente con, vicina, una costruzione che chiamavano “Lo Stabilimento”) e mi annodava in testa un fazzoletto perchè avevo un fastidiosissimo rapporto con il sole e, con il mare, inquietante. Qualche anno dopo, in Sicilia, mi sorprese vedere mio fratello entrare in acqua e nuotare: non lo aveva mai fatto. Rammento l’acqua limpida di Barcellona (si vedeva Milazzo, la punta lontana) e lui che nuotava come un piccolo dio. Invece io, con il mio senso angoscioso…sicuramente era con la mia corporalità  che non stavo bene. Per molto tempo il mare l’ho sentito come una gioia denegata; non mi era consentito quell’abbandono. Soprattutto durante l’estate. Più tardi, quando avrò una differente percezione del corpo, un’altra coscienza, le cose si modificheranno radicalmente. Mi fai pensare a quello che dice Michelstaedter del mare rilevando una contraddizione: non puoi guardarlo e, insieme, starci dentro. Continua a leggere

Professione lettore

 

libri

brano di Marco Monina e Antonio Rizzo, tratto da
nostro lunedì n.3 – Libri – prima serie

A volte ci diciamo che, se tutto il tempo che abbiamo passato a leggere dattiloscritti di narrativa mediocre o infima, ma qualche volta anche buona e, più raramente, molto buona, l’avessimo passato a leggere i classici, oggi, quasi quarantenni, forse non potremmo dominare la letteratura universale ma la tratteremmo con assai più confidenza di quanta non ne abbiamo. Leggere dattiloscritti, libri che (forse) saranno: questo facciamo noi che lavoriamo in editoria.
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Gente di teatro

forme
brano di Ezio Bartocci, tratto da
nostro lunedì n.2 – Forme – prima serie
l testo che qui si offre è uno scritto inedito di Ezio Bartocci nato, nel 1996, durante la stagione lirica del Teatro Pergolesi di Jesi. Gli sguardi che, nelle diverse “visite”, egli lancia al lavoro degli operai dietro le quinte si condensano in segni, inchiostri, tecniche miste, matite, pastelli e parole, come in una sorta di insolito taccuino o diario che si discosta dal suo stile consueto perché ogni “scena” è colta dal vivo, con la rapidità della mano che traccia forme o annota frasi assai diversamente dai suoi cicli di opere d’invenzione o da quelle pensate al tavolo dello studio.
La “presa diretta” è il comune denominatore di questi passaggi, la sintassi di un’esperienza particolarissima e rara che vibra dell’intensità del “momento” fissato sulla carta, una memoria venata di istanti colti prima di perdersi e segnati da quella particolare musica estemporanea che accompagna tanta parte dell’arte cosiddetta
d’occasione che invece nasconde e rivela le silenziose sapienze che definiscono uno stile e la sua vocazione ad esprimersi là dove la precarietà sembra assoluta
e invece è solo un’ulteriore opzione del cammino che contiene il privilegio ineffabile del viaggio. Continua a leggere

Un giorno ad Ancona

 

Poi ci siamo fermati nell´antico cimitero
ebraico, c´era il mare e la visiera
del suo berretto, nessuno in giro
dal faro al monte Cardeto, solo fichi,
prugne e stele a sei punte:
cercavamo ombra tra le palme
con quel destino da scansare
con le mani sotto la camicia
e una salute messa come si può.

Musica

scene
di Antonella Anedda, tratto da
nostro lunedì n.1 – Scene – prima serie

 

Non sono molte le cose che nomino in poesia:
stanno sotto il palato, attente, coscienti solo del caldo
ignare della lingua.
Se ascoltano, sentono il moto, l’onda di un’eco
che porta rosse lettere, destini, e un turbine di voci
smarrite – come sempre – in ciò che è cupo e cavo.

Dunque dico: alberi – anzi – platani
attirati dall’acqua e sostenuti ai bordi dalle pietre.
Questo sì è difficile:
cantarne piano il miracolo
quel peso nella luce, quell’ombra
che s’incrocia col tempo e divampa sull’odore del prato.

L’infanzia timida

infanzie

 

brano di Gilberto Severini, tratto da
nostro lunedì n.0 – Infanzie – prima serie

 

Osimo, piazza del Comune ventidue. Di tutti i recapiti è il solo indimenticabile. L’infanzia è cominciata e finita lì. La guerra passata da poco. Vedove. Orfani. Povertà dignitose. Malattie e lutti. La televisione (può sembrare incredibile) non c’era ancora, col suo continuo sottofondo di squittii e gridolini che ha autorizzato un popolo già molto portato ad alzare la voce ,ad alzarla molto di più. In casa solo una vecchia radio usata con parsimonia, per non disturbare i vicini e per risparmiare la luce elettrica. Le premesse per un’infanzia garbata ma cupa c’erano. Bisognerebbe però diffidare dei raccontatori d’infanzie infelici. Continua a leggere