Diego Fusaro al Festival del Pensiero Plurale

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Teatro Sperimentale Lirio Arena di Ancona
giovedì 25 marzo 2014
Festival del Pensiero Plurale 2014
Le Parole della Filosofia XVIII edizione
a cura di Giancarlo Galeazzi

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“Viviamo da vent’anni a questa parte un’epoca profondamente antieroica, nella misura in cui l’animo occidentale è posseduto da un groviglio di passioni tristi: disincantamento, cinismo, rassegnazione. Passioni che nulla hanno a che fare con il coraggio che è la virtù dell’agire appassionato, con il cuore, di chi rischia tutto in nome di un ideale nobile e buono. Oggi è il tempo della morte dell’ideale – Nietzsche diceva la morte di dio – e con esso anche il coraggio come via appassionata per realizzare l’ideale. La filosofia oggi dovrebbe avere fra i suoi compiti anche quello di far rinascere l’ideale e con esso il coraggio volto a realizzarlo.

Io penso che incontri come questi abbiano un ruolo decisivo per resistere alla barbarie che sta avanzando su tutta linea, in cui la cultura stessa è sotto assedio per via del fanatismo dell’economia che deve ridurre tutto a merce e a valore di scambio. La scuola è costantemente sotto l’attacco delle leggi della finanza e dell’economia che devono rimuovere ogni elemento culturale.
Questi incontri sono il vero modo di essere rivoluzionari oggi.”

Diego Fusaro intervistato da Maria Manganaro
Video di Davide Pazzaglia

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La prima edizione della biennale del disegno a Rimini

L’arte Del Disegno Dal Quattrocento Fino A Oggi
>12 Aprile – 8 Giugno Rimini
Promosso da Assessorato alla Cultura del Comune di Rimini,
Musei ComunaliAIEP

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Rimini città da sempre conosciuta per la sua vocazione turistico balneare del periodo estivo, quest’anno si presenta in primavera con una veste diversa, forse sconosciuta ai più, ma immediatamente riconoscibile come un tratto distintivo della sua natura. Si è inaugurata, infatti, sabato 12 aprile la prima Biennale del disegno di Rimini, che veste la città di nuova luce proiettandola come la nuova capitale del disegno. La biennale ci presenta un’indagine veramente approfondita e nuova che propone di trasmettere e comunicare l’importanza della disciplina più trasversale della storia dell’arte, il disegno appunto. Inoltre si pone senza preconcetti indagando tutti gli aspetti e i relativi campi di applicazione attraverso i secoli e riproponendo, almeno per due mesi, il primato del disegno di vasariana memoria.

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Se si pensa che Rimini durante il Rinascimento fu un centro importante per la diffusione dei nuovi dettami rinascimentali, possiamo senza dubbio fare partire la visita dal Tempio Malatestiano, il Duomo, immagine specchio cristiano/pagana del signore del tempo, Sigismondo Pandolfo Malatesta. A realizzarlo fu uno degli architetti più importanti del tempo Leona Battista Alberti, che lascerà qui una sua importantissima testimonianza, resa ancora più suggestiva dall’incompiutezza della struttura. L’interno della chiesa ci offre uno scrigno di tesori tra cui la sinopia di Piero della Francesca, come se la storia del disegno a Rimini partisse da Piero della Francesca passando per il disegnatore e grafico di moda Renè Gruau, fino al arrivare al regista Federico Fellini, originari entrambi di Rimini che con i loro straordinari schizzi e disegni legano i secoli e la storia di questa città.
La biennale, suddivisa in 23 mostre tutte a ingresso gratuito, ad eccezione di quelle a Castel Sismondo che ospita il progetto Sogni e avventure di Hugo Pratt, (vanta anche lui natali riminesi) saranno in programma fino all’8 giugno.
Molteplici sono gli aspetti che coinvolgono la pratica del disegno e qui sono bene evidenziati, partendo dall’uso del disegno come strumento preparatorio nella pittura antica, presenti infatti i disegni preparatori di Gian Battista Tiepolo, Taddeo Zuccari, Parmigianino, Barocci, Tintoretto per citarne solo alcuni, tutti provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe del Uffizi di Firenze. Poi artisti dell’arte contemporanea come Vedova, Fontana o i disegni astratti di Hermann Nitsch, l’elenco potrebbe continuare.
Tra tutto oltre mille le opere esposte, non mancano ovviamente gli schizzi di Federico Fellini e la cospicua produzione dell’opera del regista illustratore Gianluigi Toccafondo. Non possono esimersi i progetti architettonici di Coppedè definito il Gaudì italiano, al vertice del cosiddetto “gusto eclettico”. Veramente un elenco lunghissimo di artisti famosissimi del panorama internazionale.  Gli spazi destinati alla fruizione sono il Museo della Città, Castel Sismondo, Palazzo del Podestà, Palazzo Gambalunga, FAR (Fabbrica Arte Rimini), il Museo degli Sguardi, la Cineteca comunale, scuole ma anche gallerie private, librerie e studi.
Inoltre dal 16 al 25 maggio si terrà il Disegno/Forma Festival dieci giorni di incontri, workshop, performance, presentazione di libri e rassegne video e vedranno come ospite il critico Flavio Caroli che interverrà sul tema.
Presente anche una sezione che mette in luce l’importanza del disegno come strumento di lavoro nella gestione della ricerca archeologica, riflessione per nulla secondaria.

Da menzionare anche due mostre correlate alla Biennale nell’entroterra riminese.
La prima a Longiano dove ha sede la Fondazione Tito Balestra, custode della collezione dell’omonimo poeta, con una particolare vocazione per il disegno e l’incisione una selezione dal titolo: Quasi un secolo di «disegno» nelle collezioni della Fondazione Tito Balestra.
La seconda a Santarcangelo, dove sarà esposta la mostra di Marco Smacchia, grafico e illustratore del Festival di Santarcangelo dei Teatri dal 2009. Dal 16 al 25 maggio Le Rocche Malatestiane ospitano una mostra dedicata a questo artista attraverso una raccolta di disegni, “come si raccolgono le idee, le forze, le cartacce per terra, le vecchie lavatrici abbandonate nei boschi e i pomodori maturi, più sul-reale che surreale”.

a cura di Francesca Luslini

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Raffa food blogger . Creazioni pasquali con uova sode

Avete a disposizione uova fresche, o volete onorare la tradizione preparando qualcosa di diverso con le uova sode? Ecco allora qualche idea per creare qualcosa di allegro e simpatico da portare in tavola per le festività pasquali. E un’idea tira l’altra. Utilizzate forme e colori per dare spazio alla vostra fantasia. Io ho utilizzato le uova delle galline nane poco più grandi di quelle di quaglia.

Potete creare fiori tagliando semplicemente l’uovo sodo a metà, adagiarlo su un prato di verdure (ruolo o valeriana) e formare una corolla con pomodori ciliegini tagliati a metà.
A me piacciono anche semplicemente spaccate a metà e condite, come è tradizione di mia mamma con olio crudo e curry.

Per cucinare le uova sode occorrono 5-7 minuti a seconda della grandezza. Collocate le uova, dopo aver lavato il guscio, in un tegame e copritele con acqua fredda. Portate a ebollizione e calcolate da quel momento i 5 o 7 minuti al massimo. Non esagerate per non far comparire il verde, che anche se non è tossico non è esteticamente gradevole da vedere. Raffreddate immediatamente con acqua fredda le uova.
E per sgusciarle correttamente sbattetele delicatamente su una superficie solida in più punti per incrinare il guscio.

Il cestino, il pulcino e il diavoletto li ho imparati a preparare da Sonia Peronaci e sul link GialloZafferano potete ammirare le sue creazioni.

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Ingredienti:

– 4 uova sode grandi
– 1 pomodorino
– 2 cucchiai di tonno
– 2 cucchiaini di paprika dolce
– 1 cucchiaio di capperi
– 1 carota piccola
– 1 filo erba cipollina
– 1 peperone rosso piccolo per decorazioni
– insalata tipo lattughini e rucola per guarnire
– 4 cucchiai di maionese
– un rametto di timo
– un ciuffetto di prezzemolo
– succo di limone, sale
– uno stuzzicadenti

 

Preparazione

Per il cestino tagliate 1/3 dell’uovo, un po’ più della metà, per il diavoletto e il pulcino tagliate a metà ed estrete il rosso.
Passatelo nello spremiaglio per ottenere dei piccoli riccioli.

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Per il cestino: fate una crema con il tonno e un cucchiaio di maionese, riempite l’uovo, decorate intorno con le foglie di timo, guarnite con i riccioli di tuorlo e formate il manico con l’erba cipollina.

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Per il diavoletto: mescolate un cucchiaio di maionese con un cucchiaio di tuorlo e un cucchiaino di paprika. Dal peperone ricavate delle listarelle sottili per formare le corna e la coda. Riempite le uova e inserite le corna e la coda.

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Per il pulcino: mescolate un cucchiaio di tuorlo, uno di maionese e qualche cappero per riempire l’uovo. Formate poi la pallina per la testa con il tuorlo e un po’ di maionese e collocatela sopra l’uovo. Ritagliate le zampine e il becco dalle carote. Applicate due capperi per gli occhi, il becco, coprite la testa con una parte di albume e inseriteci un ciuffetto di prezzemolo.
Collocate le tre uova ripiene su un piatto da portata con le foglie di lattughino sotto e le zampette sotto al pulcino.

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Per il funghetto: lavare un pomodorino e tagliarlo a metà. Tagliare il fondo dell’uovo sodo in modo che stia in piedi con la parte più piccola in alto, infilare uno stuzzicadente spezzato a metà in una metà del pomodorino e poi posizionarlo infilandolo sopra l’uovo. Condire con il succo di limone e il sale la rucola, da mettere nel fondo del piatto, come se fosse l’erba di un prato. Collocare sopra i funghetti e decorare con la maionese.

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Le illustrazioni di Michele Rocchetti

Questa settimana presentiamo il lavoro di Michele Rocchetti, un giovanissimo illustratore marchigiano. Michele nasce a Senigallia nel 1986. Dopo aver conseguito il diploma in Grafica Multimediale presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata, frequenta il master Ars in Fabula in illustrazione per l’editoria. Dal 2011 lavora come grafico ed illustratore freelance nel campo dell’editoria per ragazzi e dell’advertising. Nel 2013 riceve la menzione speciale al Concorso Lìmen Arte e nel 2014 viene selezionato per la Mostra degli illustratori alla Fiera del Libro di Bologna.

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Michele si diverte a mostrarci la realtà attraverso il suo personale buco della serratura, con prospettive ogni volta differenti, ogni volta scomposte e ridefinite in modo originale.

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Il colore è alla base del suo universo popolato da manichini esagerati, bizzarri, dai quali l’osservatore non è più in grado di distogliere l’attenzione.

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Le rondini volano alte nel cielo libere – Graziella Magrini

Copia di rondini

La sposa

La limonata offerta dalla vergara era fresca e ben zuccherata. Diverse donne la attorniavano, tutte interessate a conoscerla, ad osservare il suo vestito, i suoi gesti. Nel grande camino ardeva il fuoco sotto un tegame su cui stava cuocendo la cena. Dei bambini che a malapena camminavano, giocavano in un angolo con un cane. L’animale sopportava le innocenti molestie. Poco distante una vecchia cardava la lana senza degnare di uno sguardo la nuova arrivata. La lana ai suoi piedi era sparpagliata su dei teli. Le mani ossute dalle lunghe dita allargavano i bioccoli con sveltezza, districando e snodando fino a rendere morbido e leggero ciò che prima era ruvido e fitto. In abito nero, i cappelli raccolti in una crocchia argentea, il viso smunto, sedeva su una sedia impagliata poco distante dal camino e dai bambini.

La limonata fu servita su dei bicchieri rigati con un piccolo basamento in vetro colorato giallo oro. Erano leggeri. Agnese posò le sue labbra sul bordo sottile. Immaginava che quello fosse stato un dono di matrimonio ricevuto da una delle donne che la attorniavano. Le contadine, vestite con gli abiti della festa, ricoprirono la giovane donna di ogni attenzione, le loro chiacchiere inizialmente ossequienti e poi, via via, sempre più libere e scherzose raccontavano di un matrimonio che sarebbe stato celebrato subito dopo Pasqua, dell’eccitazione della sposa lì presente e del suo corredo, fatto tra l’altro di lenzuola, tovaglie, camicie da notte, materassi, cuscini, il canterano, lo specchio ed un paio d’abiti in cotone per le feste. Tutto il corredo sarebbe stato trasportato il giorno prima del matrimonio, secondo la tradizione, in corteo con grande fasto dalle sue amiche e compagne fino alla casa del futuro marito. Ognuna di quelle giovani donne avrebbe portato sulla testa, in una specie di processione, una parte dei beni della sposa, i cassetti del canterano sarebbero stati trasportati uno alla volta, per far bella mostra di sé. Quel corredo, accuratamente sistemato, sarebbe stato esaminato ed invidiato dalle contadine più anziane. La futura sposa, tra risate timide, mostrò ad Agnese il lenzuolo che avrebbe utilizzato la prima notte di nozze: in fine cotone con ricami ad intaglio ed a punto pieno e scritto, piccole margherite bianche ondeggiavano tra foglie e vuoti incorniciati da sottili cordoncini. La giovane ostentò gli orecchini e la collana di perle, piccole ed irregolari, ma vere, regalatele dal fidanzato come d’usanza.

Dopo tanta festa un lieve imbarazzo scese nella stanza, poi fra sorrisi mal celati, la vergara portò una grande scatola bianca che Agnese aveva visto scaricare dalla carrozza. Era il dono per le nozze del padrone, il conte Edoardo Altieri: un abito da sposa in seta lilla. Agnese si domandò quando e chi avesse comprato quell’abito. Era evidente la gioia della futura sposa che appoggiava davanti al busto l’abito e con esso si girava attorno, felice facendo sollevare la gonna. Un abito di seta non lo aveva mai indossato. Il giorno delle nozze avrebbe, con disagio, anche infilato scarpe, calze e guanti bianchi. Agnese, davanti a tanta felicità, ricordava il timore e la tristezza dei giorni precedenti il suo matrimonio con uno sconosciuto. Un sorriso malinconico si dipinse sul bel volto.

Graziella-Magrini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Graziella Magrini, laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Macerata, scrittrice, poetessa, studiosa di storia contemporanea, segue con grande interesse la crescita del mondo femminile approfondendo tradizioni locali coniugate con le evoluzioni normative.
Nel 2005 è stata tra le vincitrici di un concorso letterario indetto dalla Provincia di Ancona e ha avuto come riconoscimento la pubblicazione della sua opera in un’antologia di poetesse dal titolo Versi di luna (casa editrice Il lavoro Editoriale).
‘Le rondini volano alte nel cielo libere’ pubblicato dalla casa editrice Italic – Pequod di Ancona, – novemnre 2011 – è il suo primo romanzo.
Il 4 maggio 2012 è stata premiata con la benemerenza civica del Comune di Ancona per aver portato con il suo libro lustro e notorietà alla città dorica.
Dal 2012 insieme con altre due scrittrici, Laura Moll e Nadia Diotallevi, ha fondato il gruppo denominato ‘Quello che donne non dicono’ che si prefigge di sensibilizzare le donne sulle problematiche femminili nella società odierna retaggio culturale del passato. A tale scopo la scrittrice, in conferenze solitamente organizzate da associazioni o enti pubblici, propone una panoramica sulle condizioni di vita delle donne, sia nobili che contadine, nelle Marche di inizio ‘800, paragonando il passato con il presente.

Le rondini volano alte nel cielo libereItalic Pequod
E’ l’alba del 23 febbraio 1832, quando il conte Edoardo Altieri ascolta incredulo sua moglie Agnese Brigante Colonna predire con esattezza l’imminente sbarco francese nella città di Ancona, un’azione decisa da complicati giochi di potere e perciò impossibile da prevedere. Una breve occupazione militare che basta a innescare la spirale della violenza fra i membri della Giovane Italia e i Sanfedisti, fedelissimi del Papa. Da questo momento, i disordini e i fatti di sangue si susseguono di pari passo con la proliferazione delle idee giacobine, che culmina con l’uccisione di un aristocratico reazionario e con la finale caccia all’uomo per l’identificazione dei colpevoli. Sullo sfondo dell’Italia sconvolta dai moti risorgimentali si svolge l’intrigante vicenda di Edoardo Altieri, esponente di spicco del partito papalino e di sua moglie, la bellissima e misteriosa contessa Agnese. L’irresistibile magnetismo della donna non è privo di accenti mistici e si fa allegoria dell’eterno ritorno della Storia nella figura di Agnese, lettrice curiosa ed attenta che ricompone, ai nostri giorni, i tasselli della vicenda passata.

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Una disciplina senza regole. L’arte di Daniele Bordoni

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Daniele Bordoni è nato a Jesi nelle Marche, ha frequentato l’Accademia di Belle arti di Bologna poi si è trasferito in Spagna ed ora vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro si sviluppa in diversi ambiti, soprattutto pittura, disegno e video.

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“Ho sempre avuto la necessità di vivere la pratica della pittura come una naturale estensione del mio vissuto quotidiano. Per me questo non significa agire come uno specchio, piuttosto direi come un filtro o un’antenna. Mi interessano il movimento e l’atto che determina la forma, la pittura in un certo senso ti obbliga ad una disciplina senza regole, si è rapiti da un costante atto di libertà vera ed immediata.”

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Sin dall’inizio del suo percorso artistico è stato influenzato da cinema e fotografia e il suo lavoro è guidato da un’attenta analisi delle strutte architettoniche e delle forme naturali.

“Nel mio studio ci sono fotografie di piante, radici, muschio ed immagini che prendo da libri di medicina o vecchi testi scientifici. Ideologia della Natura è il titolo della mia ultima mostra negli spazi di Corpo 6 Galerie di Berlino.”

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“Muse” piccolo viaggio di poche parole – Francesco Scarabicchi

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“Muse” piccolo viaggio di poche parole – parte 3 di 3

di Francesco Scarabicchi
tratto da nostro lunedì
n.1 scene – prima serie

La distribuzione del chiaroscuro sceglie i diversi rapporti di grandezza, i toni degli spazi, la consistenza dei vuoti, la non pesantezza dei pieni, anche se tutto si concentra al crocevia di una stabilità e di una solidità rare, quella del mattone faccia a vista che determina il senso delle gigantesche, austere dimensioni e le remote distanze in cui lo sguardo si annulla e scompare, rapito da un mistero difficile da decifrare, che forse consiste nella coscienza di riconoscere vero il luogo, il tempo, l’anno del mese, il giorno, i rumori, l’odore acre di ferro tagliato da una fresa, le scintille ardenti, la polvere dappertutto, i fischi, l’andirivieni, i dialetti della babele del cantiere, le bottiglie, il disordine. Uno vento strano e un’aria sconosciuta abitano quell’arca che termina a tetto, oltre il salone delle feste, sotto nuvole grandi e bianche, su altri coppi e terrazzi e antenne di un’Ancona che forse ancora non sa che è stato possibile arrivare fin lassù, increduli per decenni, tutti, senza illusione alcuna d’avere il bene tanto atteso, lo stesso che, già così, muta in altro l’anima del luogo, il suo destino d’isola ad oriente, porto e pietra bianca, dalla Cattedrale del Guasco alla Mole, lungo le vie che la fanno faticosa, ostica, tenera e dolce come il sesso salmastro di un’ostrica o di una cozza.

Argento, nero e oro dominano la scultura che Valeriano Trubbiani ha pensato, ideato e realizzato per il sipario tagliafuoco, le tonnellate di saracinesca metallica che sostituiscono l’antica tela dipinta da Giovanni Bonsignori (Traiano trionfante, a cavallo, dalle vittorie sui Daci come nel fregio a rilievo della colonna romana del Foro omonimo) andata in fiamme e cenere dopo le bombe inglesi del primo giorno di novembre 1943. Sulle doghe e i fasciami di nave di terribile grazia opaca – acciaio inox satinato e bullonato come la fiancata di un incrociatore – stanno le nicchie dei sette angeli telamoni, reggitori di tre putti con le ali e di quattro mascheroni (gorgone sui generis senza chiome di serpenti e senza sguardo impietrito, figlie sceniche d’un’altra teatrale macchina scultorea, sorta di ennesima favola barocca nel regno simbolico e visionario di un artista votato al fondo incandescente e buio d’ogni sua solitaria notte).

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Al centro, il vano del sole che poggia sull’arco dell’Imperatore con, sotto, la triremi e poi la combinazione figurale di sette cavalli e un cavallino dalle undici zampe quasi rampante sulla chiocciola d’onda (nera anch’essa). La regia plurale degli elementi che costituiscono il cuore del sipario è pura rappresentazione nell’atto perenne che precede l’altra scena coperta finchè lentamente il meccanismo di argani e contrappesi non lo chiama verso l’alto, a scomparsa, nel sonno delle pause. quest’opera si combina in una soluzione di forme che scelgono l’intensità non clamorosa dell’opaco specchio che inghiotte e restituisce, con perenne moto, la composita narrazione che si fa confine di epoche ed eventi, allegoria e memoria del tempo che non ha ritorno, sepolto eppure lucente frammento dell’umano che transita verso il “mai” che l’attende e lo cancella. Trubbiani ha offerto la sintesi che dimora all’interno d’ogni fibra del teatro, l’ossimoro che fa di questa città della scena la metafora dell’altra, l’Ancona storica e urbana, mercantile e politica, civile, aristocratica, plebea, colta, ignorante, elegante, rozza, sensibile e indifferente “ai suoi crimini e alle sue musiche”.

Lo scarto sta nel sogno di una architettura di armonie, nel suo definire, dal niente senza forme, il senso e la coniugazione dei contrasti, la virtù classica della tradizione e l’esigenza d’essere contemporanei del presente in un’epoca che predilige la cancellazione della misura e del gusto e ferisce a morte ogni omaggio alla bellezza che consegna un’idea meno precaria e brutale dell’esistere di ognuno che non si ripeterà. “Ci resta ancora da parlare di come si debba consegnare al pubblico ciò che si è costruito durante le prove. è necessario che la rappresentazione pubblica si impronti al gesto di consegnare una cosa finita. Allo spettatore si presenta ora quello che non si è respinto dopo averlo provato più volte; e le figurazioni ultimate debbono essere consegnate in piena coscienza, affinché in piena coscienza possano essere accolte.”

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FuoriSalone 2014 – Middle Earth. A journey inside Elica

fotografie di Fabio Barile e Francesco Neri
a cura di Alessandro Dandini de Sylva e Marcello Smarrelli
allestimento dello Studio stARTT
apertura mostra: dal 9 al 26 aprile 2014
Showroom Elica Zona Brera via Pontaccio 10, Milano 2014_FondazioneErmannoCasoli_FrancescoNeri_08_low-e1395674216724

Da martedì 8 a sabato 26 aprile 2014, in occasione del Fuorisalone 2014 a Milano, la Fondazione Ermanno Casoli e l’azienda Elica presentano la mostra Middle-Earth. A journey inside Elica, con fotografie di Fabio Barile e Francesco Neri, a cura di Alessandro Dandini de Sylva e Marcello Smarrelli, direttore artistico della Fondazione. L’allestimento sarà curato dallo studio di architettura e trasformazioni territoriali stARTT.

Il progetto è l’esito di un viaggio compiuto dai due giovani fotografi italiani in alcune sedi del Gruppo Elica nel mondo (Cina, Italia e Messico), con l’obiettivo di restituire la complessità di una realtà che va oltre la semplice definizione di “azienda”. Una realtà che è formata in primo luogo dalle persone che ci lavorano, tutte con una loro identità particolare e preziosa che, attraverso queste fotografie, viene indagata nelle pieghe più profonde e invisibili, restituendo un ritratto a tutto tondo, senza alcuna retorica. L’idea di affidare il proprio “ritratto” a due giovani artisti nasce proprio dalla volontà di Elica di sperimentare con la Fondazione Ermanno Casoli la possibilità di interpretare la propria immagine attraverso un punto di vista altro, esterno, capace di rompere convenzioni e schemi consolidati; uno sguardo pienamente in linea con le mission dell’azienda e della Fondazione, da sempre impegnate nella promozione di processi innovativi attraverso l’arte. “Abbiamo ancora una volta raccolto la sfida della Fondazione Ermanno Casoli – spiega il Presidente del Gruppo Elica, Francesco Casoli – che ci ha proposto di far entrare due giovani fotografi italiani all’interno di Elica. Ne è uscito fuori un ritratto autentico, nel quale riconosco la capacità dell’azienda di modificare il proprio assetto; un ritratto in progress che lascia intuire il modo in cui stiamo cambiando pelle”.

L’esposizione presenta oltre 30 scatti di Francesco Neri e Fabio Barile, due artisti che hanno eletto la fotografia come linguaggio espressivo privilegiato. Il primo ha studiato e raccolto i volti delle persone che lavorano negli stabilimenti di Elica a Querétaro (Messico), Shengzhou (Cina) e Fabriano (Italia), mentre il secondo si è invece concentrato sul paesaggio industriale delle sedi italiane dell’azienda a Fabriano e Mergo. Questi due lavori paralleli, nella loro integrazione, riescono a descrivere i diversi volti di Elica in tutte le sue sfaccettature: il radicamento locale e lo slancio internazionale, la forza della più alta tradizione del design italiano e l’apertura alle dinamiche e culture dei vari Paesi in cui opera, la tecnologia avanzata dei sistemi di produzione e l’attitudine alla ricerca tipica di un laboratorio industriale.

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Ricette di Campagna di Raffa

La passione irrefrenabile per il web e la cucina hanno portato Raffaella, visual designer e web designer, alla creazione del blog Ricette di campagna all’interno del famoso portale Giallo Zafferano.

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Raffaella, per gli amici Raffa, vive da sempre in campagna in un paesino a pochi chilometri da Ancona, nelle Marche. Ha un giardino dove coltiva le erbe aromatiche, un orto e un frutteto ben forniti. Cucinare la rilassa e la gratifica soprattutto quando riesce ad utilizzare ingredienti genuini e di stagione.

In Ricette di campagna  tutti i sapori e i colori del mangiare sano, secondo la tradizione marchigiana. Troverete gi sciughetti, i passatelli, il brodo di cappone, ricette sempre personalizzate sulla base dei consigli e dell’esperienza della mamma, ma anche ricette di piatti particolari coma la paella mista, i blinis agli asparagi selvatici, o i cestini di ciliegie e gelato alla cannella con stevia. Gli ingredienti indicati da Raffaella sono quasi sempre per tre persone, e le foto rendono ben chiara la preparazione.

2Da non perdere, le pagine Erbe & spezie e Curiosità e novità in cui sono raccolte foto e appunti su particolari erbe aromatiche come ad esempio la stevia, o erbe aromatiche spontanee come il dragoncello, l’elicrisio, l’erba cedrina. Troverete raccolte di ricette da scaricare, ricette di confetture di frutti dimenticati, quelli che usavano i nostri nonni, come la mela cotogna e il melograno, e ancora gli alchechengi ricoperti al cioccolato, il liquore di mirto, di azzeruole e tante altre curiosità!

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Infine, la categoria Home & Living raccoglie le spiegazioni per realizzare lavori in casa, decorazioni per la tavola, segnaposti, menù, lavori a maglia e a uncinetto.

Da quest’anno Raffa cura la sezione ricette marchigiane nel blog bilingue Original Marche tutto dedicato alla regione in cui vive.

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